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Politica venerdì 28 giugno 2013 ore 15:15

Unioni al posto delle Province, la Regione dice no



Bugli: “La riforma si fa dall’alto, primo passo il Senato delle autonomie locali” Pontedera - Non è una vera fumata nera, ma poco ci manca. Se qualcuno pensava che Vittorio Bugli, assessore regionale al rapporto con gli enti, sarebbe venuto a Pontedera per offrire alle Unioni dei Comuni le funzioni delle Province, si era sbagliato. La logica del “fatta la legge trovato l’inganno” per sostituire un ente all’altro, non è quella che vuole adottare la Regione Toscana. Su questo Bugli non ha dubbi, e ne ha ancora meno sul fatto che la riforma dello Stato si fa dall’alto e non dal basso. Il programma è iniziare da una riforma che parta dal vertice, dallo Stato e dalla sua organizzazione interna e solo dopo analizzare la situazione delle varie realtà locali. Quindi la linea enunciata da Bugli, intervenuto stamattina a Pontedera in un dibattito sulla realtà delle Unioni dei Comuni in Toscana, è chiara. La posizione dell’assessore regionale è apparsa decisamente controcorrente rispetto alle richieste dei vari amministratori locali, che auspicavano a una ripartenza dal basso, in cui alcune funzioni fondamentali oggi di competenza provinciale, passassero direttamente alle Unioni una volta che le Province fossero state eliminate. Soprattutto in realtà come la Valdera l’ipotesi della delega provinciale all’Unione dei Comuni era stata vagliata negli ultimi giorni, a Volterra durante la riunione dei 14 sindaci, dove il presidente Millozzi non ha fatto mistero della sua idea: l’Unione per molti aspetti potrebbe andare a sostituire la Provincia quando questa sarà chiusa. Indipendentemente dalle circostanze o dalle singole situazioni, la posizione di Bugli è però apparsa chiara: “Progettare adesso rischia di essere inutile – ha spiegato l’assessore regionale - meglio rafforzare gli ambiti che già abbiamo. Se le Province verranno eliminate è giusto che le deleghe tornino tutte alla Regione, non siamo certo nella condizione di pensare di sostituire degli organi intermedi con altri organi intermedi, questo sarebbe assurdo”. Insomma, ascoltando le parole dell’assessore regionale sembra che il passaggio delle deleghe alle Unioni non sia un’ipotesi totalmente scartata, ma poco ci manca. Quello che è certo è che da parte di Bugli c’è la volontà di rafforzare gli ambiti locali che già esistono. Poi con quelle realtà territoriali, indipendentemente che siano organizzate in Unioni o in ampi Comuni, creare un sistema virtuoso per amministrare insieme alcune funzioni, in un rapporto tra Regione e territori o tra aree vaste e territori. “E’ chiaro – ha continuato l’assessore – che su alcune questioni, come l’acqua, i rifiuti o il trasporto pubblico locale, la Regione deve avere un ruolo non solo legislativo. Ci sono però altre funzioni che per essere svolte al meglio richiedono una presenza sul territorio. Più che di deleghe, qui si parla di pratiche quotidiane di gestione. L’importante – chiarisce Bugli – è infatti che una strada o una scuola venga fatta e non chi ne ha la delega. Insieme, Comuni e Regione, devono trovare il sistema migliore perché questo avvenga”. Per chiudere il quadro tracciato dall’assessore della giunta di Enrico Rossi e capire come si dovrebbero posizionare le varie realtà, bisogna tenere conto dell’ultimo passaggio, ovvero la nascita di un Senato dove trovino rappresentanza le realtà locali. “La madre di tutte le riforme – ha dichiarato Bugli – è la sostituzione di una delle due camere con un Senato delle autonomie locali. Da qui si prenderanno tutte le altre decisioni”. Insomma, la sfida è ardua, riuscire laddove qualcuno, proprio della sinistra, ha già fallito con il tentativo di riforma del titolo V. L’idea di Bugli non è troppo lontana da quella che buona parte del Pd sta già propugnando a Roma, ovvero la nascita di un Senato delle Regioni.

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