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Politica mercoledì 27 maggio 2020 ore 10:14

"Servono più scuole o scuole più grandi"

Dario Carmassi, sindaco di Bientina

Il sindaco Carmassi condivide alcuni spunti di riflessione sulla scuola del futuro. Ed esige che si lavori da subito ai cantieri



BIENTINA — Si intitola "Di cosa parliamo quando parliamo di scuola" l'intervento-riflessione che il sindaco Dario Carmassi ha voluto condividere con i propri cittadini. Carmassi si schiera dalla parte di chi pretende una didattica in presenza e prova a spiegare cosa significa. 

Di seguito l'intervento del primo cittadino.

"Di cosa parliamo quando parliamo di scuola.

Non sto dicendo di educazione, pedagogia, istruzione. Intendo proprio di aule, atri e refettori. Spigoli consumati e pavimenti che fischiano sotto alle suole di gomma.

Faccio un passo indietro: finalmente si sta facendo strada una rivendicazione sacrosanta, cioè che la vera didattica è solo in presenza. La didattica a distanza è come la cattività, come un bonsai, come il teatro delle ombre. Allude, sostituisce, illude. Ma non può essere definitiva. I motivi sono argomentati bene da molte e molti. E, ne sono sicuro, quegli stessi motivi sono sentiti intimamente da tutti (o quasi).

Però alla base delle lezioni in presenza sta il luogo di questa presenza. L'edilizia scolastica, tallone d'Achille del nostro paese. Che dovrebbe essere accogliente, sicura e non sovraffollata - non da ora, da sempre.

Dovrebbe.

Costruire una scuola costa. Prima di tutto costa risorse economiche. Va edificata secondo normative scrupolose. Va progettata "a crescenza", con ambienti dimensionati non solo per l'oggi, ma anche per il domani demografico: classi in più, che verranno forse riempite, laboratori, officine (le fablab, per dirne una), mense e palestre. E poi aule magne, perché la democrazia si impara anche a scuola. Giardini veri, fruibili. Servizi e impianti energetici all'avanguardia. Milioni di euro. Ben spesi e sui quali non dovremmo lesinare.

Poi costa tempo. Di progettazione, di gara, di ricorsi, di imprevisti. Tempo necessario, ma anche tempo sprecato da un sistema burocratico che, pensandosi eterno, non dà valore agli anni che trascorrono.

Infine costa tanto quanto può costare scegliere. O si fa una scuola, o si compra un aereo militare ad esempio. Il punto di equilibrio tra le due opzioni esiste, e - di nuovo - costa impegno trovarlo.

Allora oggi, nel dire che i bambini e i ragazzi devono poter tornare a fare lezione in classe, che lo schermo non potrà mai restituire l'ineffabile slancio di un insegnante motivato, né la complessità dei confronti o degli scontri con i compagni, ecco nel dire questo si deve anche dire che servono più scuole. O scuole più grandi.

Servono aule nelle quali stare a distanza gli uni dagli altri sino a che necessario e - quando il virus non ci sarà più - nelle quali poter immaginare modi diversi, non solo frontali, per apprendere.

Occorre un dinamismo che gli enti locali non hanno, vuoi per la burocrazia, vuoi per consumata abitudine. La possibilità di immaginare spazi, luoghi, soluzioni. E poi renderli concrete possibilità.

Mancano gli investimenti - che è la parola esatta con cui avrei dovuto chiamare i "costi" di cui sopra. Miliardi di euro, ma non solo per il calcestruzzo e l'acciaio. Anche per gli ingegneri, per i tecnici, per gli esperti di pedagogia che vanno (è imperativo) coinvolti nel disegno delle nuove scuole. Sono investimenti pubblici. Devono esserlo.

Last but not least, è indispensabile pagare le tasse. Perché questo, tutto questo, avviene solo se le risorse finanziarie ci sono.

A settembre riusciremo in una minima parte di questi intenti? Dubito fortemente. Ma non dobbiamo per forza ripiegare rassegnati verso formule "metà e metà".

Certo, usando il realismo sarà probabilmente quello il modo della riapertura. Eppure dal mio Stato, ma anche da me stesso, esigo che si lavori da subito ai cantieri (metaforici prima, reali a breve) per scuole nuove o rinnovate. Grandi. Moderne.

Scuole a misura di studente. E non per il Coronavirus. Perché è esattamente in scuole migliori che può migliorare la nostra società".


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