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Sport lunedì 16 novembre 2020 ore 16:40

Le Cucine Ferretti sono nella storia del ciclismo

I fratelli Petterrson (Foto: Courtesy Jacques Burremans)
I fratelli Petterrson (Foto: Courtesy Jacques Burremans)

Fdi ha chiesto di celebrare i cinquant'anni della vittoria del Giro d'Italia. Il racconto dei successi della maglia bianca-celeste-blu nata in Valdera



CAPANNOLI — i quattro fratelli Ferretti. Renzo, Piero, Erasmo, e Gianpaolo

I quattro fratelli Ferretti. Renzo, Piero, Erasmo, e Gianpaolo conGosta Pettersson

Eccoli qua i quattro fratelli Ferretti. Renzo, Piero, Erasmo, e Gianpaolo. Posano insieme a Gosta Pettersson in maglia rosa al Giro d’Italia del 1971. Nella foto manca il compianto Alfredo Martini, che dall’ammiraglia guidata dal fido Signor Piero dirigeva sapientemente lo svedese sulle strade d’Europa.

La Ferretti è stata una squadra di ciclismo su strada attiva tra il 1969 ed il 1972. Alfredo Martini amava ricordare che quando nel 1969 i Ferretti gli chiesero di allestire una formazione ciclistica lui lasciò volentieri il negozio di abbigliamento sartoriale dove si era rintanato per tornare nel mondo del ciclismo, mondo che non abbandonerà più neppure dopo l’esperienza con la squadra di Capannoli, passando prima in Sammontana e poi a guidare la nazionale italiana, vincendo sei titoli mondiali, sette argenti e sette bronzi.

Per quel primo anno Alfredo martini non aveva budget e pensò di reclutare pistard e talenti incompresi. La maglia bianca-azzurra-blu della Ferretti nella stagione 1969 è indossata da diciannove corridori tra cui il belga Albert Van Vlierberghe, discreto velocista che consente alla Ferretti di vincere già nel primo anno di attività una tappa al Giro d’Italia, la quinta da Montecatini Terme a Follonica.

Tra gli italiani si accasano a Capannoli Beghetto, Rossaglia, Ronchetto, Rota ed altri.

Nel 1970 la squadra si rinforza con il promettente empolese Wilmo Francioni e con i quattro fratelli Gosta, Erik, Sture e Tomas Pettersson, che Alfredo Martini va a pescare in Svezia.

I fratelli Faglum li chiamano in Svezia, dal nome del loro villaggio di origine. I quattro Pettersson, biondi e segaligni, filano alla grande nelle cronometro a squadre, tanto da vincere tre titoli mondiali e un argento olimpico.

Il più anziano dei quattro fratelli si chiama Gosta ed ha 30 anni. Alla Ferretti lo svedese si trova bene e vince subito la Coppa Sabatini. Vince poi il Giro di Romandia davanti a Boifava e Zoetemelk, arriva sesto al Giro d’Italia, terzo al Tour de France. Il Trofeo Baracchi lo vince in coppia con il fratello Tomas, il più giovane dei Faglum, corridore talentuoso ma interessato un po' troppo anche al buon cibo ed alle belle donne.

I giornali si occupano di Gosta. “Sorprendente, ma ha trent’anni”, “un talento sprecato”, “questo sarà il suo unico grande anno”

Nel 1971 i fratelli Ferretti allestiscono una squadra molto competitiva ed a Capannoli arriva anche lo scalatore Italo Zilioli. Alla vigilia del Giro d’Italia il GS Ferretti ha già vinto 14 gare. Sette le ha portate a casa Zilioli tra cui la Tirreno-Adriatico ed il Trofeo Laigueglia, quattro il fedele Van Vlierberghe, tre i Petterson.

Le vendite della cucina componibile PK71 vanno a gonfie vele e Piero Ferretti rilascia una intervista dalla quale si capisce che la vittoria al Giro d’Italia del 1971 non è un sogno ma un obiettivo: “Ci sembra di poter dire che Zilioli ha trovato nella Ferretti un ambiente, una organizzazione che gli permettono di esprimere tranquillamente i suoi mezzi. Gosta non è ancora un professionista scaltro ma è migliorato e migliorerà. Non dimentichiamo che appena un anno e pochi mesi fa era ancora dilettante. Non ci pare di essere immodesti se facciamo un pensierino alla vittoria finale. Preciso: è un Giro alla portata di Zilioli e Gosta”.

Assente Eddy Merckx, i favoriti del Giro del 1971 sono Felice Gimondi e Gianni Motta della Salvarani, che però vanno presto fuori classifica. Alla quinta tappa Claudio Michelotto della Scic prende la Maglia Rosa e la indossa ancora alla vigilia della tappa che arriva sulla cima del Grossglockner. Gosta Pettersson non è lontano dalla Maglia Rosa e la notte precedente si reca in auto con Alfredo Martini a fare un sopralluogo del percorso. Il giorno dopo lo svedese affronta la salita risoluto, ha imparato quali sono i tratti determinanti e Michelotto alla fine arriva staccato, pur mantenendo la Maglia Rosa. Gosta ora è terzo in classifica, a 2 minuti e 2 secondi da Michelotto.

Il giorno dopo lo svedese della Ferretti affronta il tappone dolomitico consapevole dei propri mezzi, diretto splendidamente da Alfredo Martini. 

Gosta Pettersson in maglia Cucine Ferretti affronta il tappone dolomitico

Sul Pordoi si porta davanti a tutti in progressione e non si ferma più. Michelotto della Scic crolla, la Salvarani non c’è più. Il vecchio Gosta Pettersson indossa così la Maglia Rosa e vince la sfida del Giro d’Italia, il Giro della guerra tra le cucine componibili, avversarie sui mercati e sulle strade della Corsa Rosa.

Gosta Pettersson in maglia rosa

Gosta Pettersson in maglia rosa

Oggi quella Maglia Rosa di lana pesante, che quando piove pesa una tonnellata si trova al Museo del Ciclismo sul Monte Ghisallo, donata a suo tempo da Alfredo Martini.

La squadra torna a Capannoli ed i Ferretti organizzano una bella festa. Si dice fosse presente anche Nils Liedholm, quell’anno in forza al Varese, prima di approdare alla Fiorentina nella stagione successiva.

Nel 1972 le biciclette azzurre Zapier del meccanico pontederese Piero Zaccagnini, marcate con i colori sociali ed il logo dell’azienda Ferretti, continuano a percorrere le strade delle corse internazionali con buoni risultati. In squadra arriva Gianni Motta, che vince una tappa del Giro d’Italia.

Gianni Motta

Gianni Motta

Wilmo Francioni ne vince addirittura due. Gosta Pettersson vince una tappa ma poi non si ripete in classifica generale ed arriva sesto. Stavolta Merckx c’è e vince. Si narra che un gregario della Ferretti, la sera precedente alla tappa Cosenza-Catanzaro esce in compagnia del Cannibale e, per cercare di indebolirlo, lo sfida a bere la maggior quantità di whiskey possibile. Il belga non si tira indietro ed il giorno dopo sorprende tutti coloro al corrente della scappatella, pronti ad attaccarlo. Merckx infatti appare fresco come una rosa, segue Gosta Pettersson in fuga e arriva secondo, perdendo in volata per un soffio.

Altri successi si aggiungono all’importante palmares della Ferretti. Il solito Van Vlierberghe vince alcune corse in Belgio, i talenti Costantino Conti e Mauro Simonetti si affacciano al grande ciclismo.

A fine stagione i Ferretti lasciano le corse.

Quattro anni di attività, circa ottanta successi, un ambiente da tutti descritto come cordiale e sereno, l’ideale per formarsi e crescere ciclisticamente.

Piero Ferretti è sempre stato vicino alla squadra, ha gioito e sofferto insieme ad Alfredo Martini sull’ammiraglia. Un patron moderno e per certi aspetti visionario “Al pubblico bisogna offrire qualcosa di nuovo, per esempio un finale che permette alla folla di vivere da vicino imprese e drammi dei protagonisti”.

In una delle ultime interviste dichiara “Sono stati quattro anni dai quali abbiamo ricavato grosse soddisfazioni che hanno avuto riflessi a livello di prestigio aziendale e soprattutto di simpatia nei nostri riguardi. Ma non è un addio; è un arrivederci a presto. Con tutta probabilità torneremo alle corse nel 75…”

Il 1975 è passato da molto tempo ed i Ferretti non sono più tornati nel ciclismo professionistico.

Quella maglia bianca-celeste-blu però resta nella storia del ciclismo come un esempio da seguire, un esempio vincente.

Marco Burchi
© Riproduzione riservata


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