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Fagiani, lepri, cacciatori, bracconieri e guardie

di - venerdì 10 aprile 2015 ore 13:30

Mezzo secolo fa i fagiani e le lepri erano a portata di mano. Ovviamente armata, le famose doppiette che ancora esistono ma che per sparare "tanto" devono essere portate lontano dalle città. Magari in Tunisia o Ungheria, oppure nelle aziende faunistiche della caccia a pagamento. 

Mezzo secolo fa e poco più, i fagiani frequentavano invece il viale Italia, la strada maestra di fuori del ponte che però ancora non era stata costruita. E Giulio Morelli, cacciatore d'una vita oltreché imprenditore degli ombrelli, classe 1940 e cacciatore (con nonni e zii) fin da bambino, ha fatto a tempo a vedere e puntare quei fagiani - verrebbe da dire a un tiro di schioppo dal ponte napoleonico - con gli occhi e poi anche con la doppietta. Ora Giulio Morelli racconta tutto in un libro in presentazione domenica alle 17 al bagno Amalia dei laghi Braccini, i laghi dove mille volte ha trascorso tramonti albe, mattinate e pomeriggi caldi o piovosi, fino a quelli trascorsi in mezzo al ghiaccio dei tre specchi d'acqua, a cacciare gli uccelli migratori, "da passo". 

Il libro si chiama Cacciatori e bracconieri in Valdera dove quella "e"messa fra le due parole dovrebbe servire a separare nettamente le due presenti opposte categorie che invece sono, e soprattutto erano un tempo, e Giulio lo sa bene e lo scrive, molto contigue. Anzi, integrate. 

Ecco dunque le tattiche per imbrogliare, e magari farci la pace dopo decenni, i guardiacaccia delle nobili tenute intorno alla città. Quella dei Torrigiani Malaspina di Montecastello, degli Azzoni alla Rotta e via e via fino alla immensa tenuta dei principi Corsi a Spedaletto. Là dove la Valdera muore per lasciare il posto alla Maremma Toscana. Ed ecco le fughe e gli appostamenti intorno alle riserve, e così via. Ma un fagiano era facile trovarlo anche alle Curigliane, dove ora palpita la più recente zona industriale di Pontedera e dove passa lo Scolmatore mentre prima c'era l'aeroporto, sull'argine dell'Arno verso la Navetta, e così via. 

Il libro ricorda anche tanti nomi dei cacciatori pontederesi degli anni '50-60-70 che si ritrovano al bar da Marino, sul piazzone, nei locali dove ora c'è la banca che fa angolo con via del teatro, ed è al tempo stesso un libro di struggente memoria dei bei tempi che furono (per i cacciatori, ovviamente) e di storia di quei tempi. Libri di caccia li hanno scritti grandi nobili a cominciare dall'imperatore Federico II di Svezia, chiamato addirittura detto "stupor mundi" e autore di un trattato sulla falconeria, fino a marchese Eugenio Niccolini di Ponsacco. Anche Giulio Morelli, nativo della Rotta, dove cominciò per trasmissione familiare la sua passione per la caccia, e pontaderese da una vita, ha scritto un bel libro (Tagete edizioni-Bandecchi & Vivaldi, 10 euro) corredato anche di immagine, sue e di altri cacciatori, cani e ambienti agresti. 

Un libro da non perdere soprattutto per chi ama o ha amato la caccia, magari soltanto perché da bambino si rendeva conto della magia che stava intorno alle levate all'alba di nonni e babbi.


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