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Attualità mercoledì 02 marzo 2016 ore 16:41

Granata a rischio? Pensiamo di no

L'annuncio della società sulla disponibilità a vendere quote non signfica la fine di un periodo molto positivo



. — Il Pontedera è davvero in vendita? La nuova società nata sei anni fa dal fallimento di quella precedente e al terzo anno di un campionato nazionale, record assoluto, è arrivata al capolinea? I due interrogativi sono al centro dell'attenzione fra i tifosi e sportivi, ma anche Tuttopontedera se ne vuole e deve occupare perché il calcio contribuisce a fare l'immagine di una città. 

Detto questo, crediamo che al secondo interrogativo si possa rispondere abbastanza tranquillamente di no perché dalle parole stesse del comunicato emesso dal consiglio direttivo traspare che non siamo davvero alla famosa frase "porterò le chiavi in comune" attuata soltanto un paio di volte negli ultimi settant'anni di storia granata. Se l'annuncio della disponibilità a vendere, magari, una parte delle quote con l'ingresso dunque di nuovi soci, appare come una normale operazione già attuata anche negli anni scorsi, la cessazione dell'attività in mancanza di acquirenti ci sembra, e speriamo, remota. 

Nell'Italia del pallone il Pontedera si è fra l'altro meritata una grande stima generale negli ultimi anni, stima non cancellata neanche dall'attuale periodo di risultati negativi, il più lungo di tutta la recente storia ma forse anche di quella passata, con quattro sconfitte consecutive e un pareggio, pur intervallato dalla grande prestazione 'televisiva' di Ferrara. E se ora la classifica non fa più sognare gli spareggi per la B, i rischi di retrocedere sono oggettivamente bassi, anche se bisognerà tornare quanto prima a far qualche altro punto. Certo era meglio che a questa situazione non si aggiungesse l'annuncio della disponibilità a vendere, ma nel quadro del calcio italiano di questo livello ci sono situazioni societarie molto peggiori. Almeno per ora.

Una frase del comunicato societario ha accennato anche al fatto che "il 30% delle quote societarie sono controllate dal comune che si dichiarato disposto a venderle". Ebbene, va subito detto che i comuni non possono possedere neanche un'azione delle società di calcio né di qualsiasi altro sport, mentre è vero che le quote azionarie lasciate in eredita "alla città" da Lami sono state affidate a un legale. 

Se poi qualcuno, come succede spesso in questi casi, invece di sostenere la società in un momento difficile si diverte soprattutto a fare i conti in tasca a quello o a quell'altro, giochino vecchio come il calcio, ebbene, sbaglia.


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