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Interviste giovedì 02 gennaio 2014 ore 20:23

I 40 anni del Teatro Era raccontati da Roberto Bacci

Roberto Bacci, il direttore artistico del Teatro Era
Roberto Bacci, il direttore artistico del Teatro Era

Il regista, oggi direttore artistico arrivò a Pontedera nel 1971. Da anni è a capo di uno dei teatri sperimentali più finanziati d'Italia



PONTEDERA — Nato da un gruppo amatoriale, inizialmente accolto con sospetto e diffidenza da parte della politica e della cultura più reazionaria della città, il Teatro Era nel 2014 arriva al traguardo dei 40 anni di attività. Una storia lunga quattro decenni fatta di teatro, di sperimentalismo, successi e di sfide vissute con coerenza e coraggio. Una storia in gran parte scritta dall'attuale direttore artistico del teatro, il regista Roberto Bacci, che dalle origini ha legato il suo nome all'esperienza teatrale di Pontedera, rimanendo sempre coerente con quella che era la sua idea di cultura e teatro, mantenendo sempre l'attività del teatro lontana dalle logiche commerciali per non tradire quella vocazione di produzione culturale che da sempre è l'obiettivo del Teatro Era.

Quaranta anni di attività per un teatro sono un traguardo importante. Cosa ricorda di quando cominciò questa avventura a Pontedera?

“Arrivai a Pontedera tra il 1971 e il 1972 chiamato qui da Giorgio Angiolini, un giovane avvocato e da Dario Marconcini, un industriale. Insieme avevano creato un piccolo teatro amatoriale e mi fu chiesto di fare il regista della piccola compagnia. A quel tempo lavoravo come assistente all'università di Pisa. Come prima cosa proponemmo al sindaco, in quegli anni era Monni, di fare un'associazione insieme al Comune e nacque il centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale. Ricordo che il primo finanziamento arrivò dalla Regione Toscana. Da lì iniziammo a invitare giovani gruppi teatrali che volessero crescere insieme a noi e cominciammo a fare molta attività per la città. La nostra sede era nella vecchia biblioteca comunale. Eravamo osteggiati dalla Democrazia Cristiana che ci definiva 'straccioni sui trampoli' e invece trovavamo sempre sostegno dal vicesindaco Renzo Remorini. Facevamo spettacoli rivolti alla città, ma invitavamo anche altre compagnie con i loro spettacoli muovendoci a cavallo dei vari generi teatrali e sperimentando. Insomma, in quegli anni si gettarono le basi per quelli che poi sarebbero stati i temi che abbiamo portato avanti fino a ora, passando per varie esperienze”.

Attualmente gli spettacoli che dirige sono dislocati in tutto il mondo dalla Romani al Brasile e anche in Italia è molto attivo con spettacoli che vanno in scena nelle principali città. Inoltre ha diretto vari festival e manifestazioni di alto profilo, ma attualmente come si può definire l'attività che sta portando avanti al Teatro Era, quali sono gli obiettivi per il futuro?

“Il Teatro Era si muove su tre prospettive, che ci vengono richieste dalla regione Toscana e dal ministero della Cultura. La prima è quella all'estero che ci permette di portare in giro per il mondo le nostre produzioni che riscuotono molto successo anche se non nascono con vocazione commerciale. Altro filone della nostra attività è quello con i giovani gruppi teatrali e poi l'attività nella città di Pontedera, dove sviluppiamo progetti teatrali legati alla città. Nel 2013 abbiamo prodotto uno spettacolo sul quartiere della stazione e nel 2014 svilupperemo un progetto nel quartiere Fuori dal Ponte 'extra pontem'. Accanto a tutte queste attività poi vi sono una serie di iniziative collaterali come quella di formazione, i progetti speciali, ad esempio la pubblicazione di libri sulla cultura teatrale o la traduzione della opere di Jerzy Grotowski, oppure l'attività di formazione. Ogni mese svolgiamo quattro incontri con attori, drammaturghi, registi di cinema e teatro: nel 2014 sarà a Pontedera Walter Siti e poi avremo, ad aprile, uno spettacolo di Daniel Pennac. Inoltre recentemente abbiamo inaugurato un nuovo modo di comunicare la nostra attività: invece di fare un cartellone come gli altri teatri, ogni mese comunicheremo gli appuntamenti in Italia e a Pontedera. Ma d'altronde noi nasciamo come teatro di élite aperto alla realtà locale e quindi abbiamo anche un'intensa attività di formazione e divulgazione con gli studenti universitari e con alcuni gruppi amatoriali”.

Quindi attualmente come si può sintetizzare il rapporto tra la città di Pontedera e il suo teatro, viste le peculiarità della vostra attività?

“Pontedera è una realtà molto vivace, più di quanto non lo sia Pisa. Nonostante le dimensioni ridotte, culturalmente Pontedera è straordinariamente attiva e devo dire che le amministrazioni comunali sono state sempre molto attente in passato come oggi nonostante la crisi economica. Il Teatro Era infatti è arrivato a essere il secondo teatro a livello nazionale tra gli stabili di innovazione e a livello regionale siamo tra i teatri più finanziati, grazie anche a un consiglio di amministrazione agile riusciamo a gestire il Teatro con pochissimo personale. Per quanto invece riguarda il rapporto culturale tra noi e la città potremmo dire che il Teatro Era rappresenta – come disse in un'occasione Enrico Rossi - una porta aperta sulle domande che la cultura produce nel mondo. Il significato di questo rapporto non è quello che ufficialmente appare, ma è come il teatro diventa lo strumento che la città quasi inconsciamente si offre per riflettere su se stessa.

È come se si fosse creato un nucleo di spettatori con cui dialogare. Noi, poi siamo nati dall'energia dei non professionisti con l'energia di chi ha cominciato qui a Pontedera, con quell'energia che hanno i principianti quando fanno nascere le cose nonostante le contraddizione e alla fine il legame con la città da professionale è diventato anche personale. Questa è la fortuna di vivere in una città piccola e di essere a Pontedera. Tutto questo alla fine ha creato un forte senso di appartenenza tra il teatro e la città”.

Il Teatro Era è un teatro aperto ai giovani e alla sperimentazione, non è un caso, in molti dicono che sia soprattutto merito Suo, se a Pontedera è nato il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards. Quindi un giovane che vuole intraprendere l'attività di attore cosa deve fare?

“E' sconsigliatissimo fare il regista o l'attore, ma chi lo vuole fare lo faccia. Noi abbiamo avuto centinaia di giovani e abbiamo lavorato con centinaia di gruppi teatrali. A 64 anni ho capito una cosa: attori si nasce, non si diventa. Si può diventare dei mediocri attori studiando le tecniche, ma non veri attori se non si ha una 'presenza', una capacità che non si può né insegnare né imparare. In questi anni vedo tanti che vogliono fare gli attori e spesso gli domando: ma te perché vuoi fare l'attore? Le risposte sono tutte valide: c'è chi vuole andare in tv, chi vuole fare soldi, ma se non sei nato con quella 'presenza' non farai niente. Con questo non voglio certo dire che i giovani non si devono avvicinare al teatro, anzi credo che il teatro sia una grande esperienza formativa per l'individuo, perché secondo come lo si fa, ci si mette in relazione con se stessi e poi con gli altri. Il teatro ti obbliga a scoprire quanto l'esistenza che immaginiamo spontanea sia contraffatta. La nostra vita diventa spontanea quando uno per fare l'attore si condiziona alla finzione e lì si rende conto che nell'artificio c'è qualche cosa di veramente libero, la libertà di costruire l'artificio recitativo. Nella vita quotidiana infatti siamo vittime di un artificio non spontaneo dato dalla cultura e dagli altri. Il teatro ti permette, costruendo una finzione, di prendere coscienza di questa finzione della vita”.

Perché il teatro di Pontedera ha scelto la strada dello sperimentalismo, perché non vi siete mai concentrati sui classici?

“Il problema non sono i classici il problema è perché si portano in scena. Se lo fai per interrogare quel testo e quindi trovare il tuo linguaggio espressivo, oppure se lo fai per fare spettacolo. Così come esite una distinzione tra cinema e teatro, esiste una differenza tra teatro e spettacolo. Se si lavora su un classico per fare spettacolo – sia ben chiaro non voglio accusare nessuno – non si fa teatro. Per quanto le produzioni possano essere fatte bene, rimane una vocazione commerciale rappresentata soprattutto dai nomi che si riesce a inserire nella compagnia. Il problema nasce quando gli spettacoli commerciali sui classici non sono fatti bene e questo accade spesso. Insomma la questione spesso si divide tra chi vuole produrre cultura e chi invece vuole puntare sugli spettacoli commerciali. Quindi è normale che i teatri comunali non accettino gli spettacoli sperimentali perché di solito non c'è l'attore televisivo o non c'è il nome commercilamente spendibile. Io ho scelto di fare teatro e non spettacolo. In Romania ad esempio facciamo uno spetttacolo in un teatro che conta mille posti ed è sempre esaurito nonostante non ci siano attori famosi, perché il pubblico è diverso e anche l'attore teatrale ha un suo pubblico. E' un po' come quando ero giovane e avendo pochi soldi andavo al teatro Verdi di Pisa a vedere gli spettacoli dal loggione. Lì il pubblico parteciapava e spesso fischiava e imprecava contro gli attori se non gli piaceva come recitavano o non gli piaceva l'allestimento, oggi questo non accade più e quindi si tende a fare spettacoli commerciali e non teatro”.  


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Roberto Bacci / direttore artistico Pontedera Teatro (Collinarea12 di Lari) - PAC PaneAcquaCulture
IL NUOVO ERA. Un teatro per Pontedera - Fondazione PontederaTeatro - 7 gennaio 2010

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