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Spettacoli giovedì 02 dicembre 2021 ore 15:30

'Te lo dico in segreto' a Villa Toscanelli

Un percorso labirintico e rivelatore attraverso i luoghi segreti di Villa Toscanelli condotti dal personaggio Onoff alias Giulio Scarpati



PONTEDERA — Tutto comincia al buio, in una notte piovosa, mentre in macchina, fermo ad un incrocio ti chiedi quale sia la strada da seguire. E’ veramente così che va alle volte quando si è in viaggio. Ed è probabilmente così che è andata anche per lo spettatore che ieri sera ha assistito al secondo spettacolo del Festival “Te lo dico in segreto”, “ONOFF” andato in scena in un’altra delle straordinarie location scelte dal Teatro Era, organizzatore del festival: ‘un’esperienza ideata e realizzata dalla Fondazione Teatro della Toscana con il sostegno di Fondazione Peccioli per l'Arte nell'ambito del “Bando 2021. Promozione degli eventi culturali in Valdera’.

Una torcia e un ombrello all’arrivo e poi in fila indiana a scoprire dove porta la strada che abbiamo deciso di prendere per arrivare alla splendida Villa Toscanelli: “Incastonata nella Tenuta La Cava, Villa Riccardi Toscanelli inizia la sua storia nel 1566 quando la fattoria apparteneva all’insigne famiglia dei marchesi Riccardi, che dalla metà del XVII secolo trasformarono l’edificio centrale in palazzo nobiliare.

’ Non capita tutti i giorni la possibilità di perdersi attraverso le stanze di una villa come questa e come spettatori è a questo che siamo stati invitati da subito: a perderci perché 'se non provi a perderti, cosa puoi trovare?', ci dice ONOFF (il cui nome non è altro che l’unione delle parole “on” e “off”), il personaggio incarnato per noi con delicata profondità dal celebre Giulio Scarpati e che anima il testo scritto dal drammaturgo di riferimento del festival già noto al pubblico della Valdera e non solo, Michele Santeramo. Il testo prende ispirazione da un film, come anche gli altri spettacoli presenti nella rassegna. In questo caso il punto di partenza è “Una pura formalità” di Giuseppe Tornatore, un noir dove regna un alone di mistero fino alla fine, dove la confusione svia chiunque dalla comprensione e dove la perdita è il fulcro attorno al quale orbitano i tentativi di ricostruzione dell’accaduto: “In una notte di tempesta, in un bosco echeggia un colpo di pistola. Un uomo corre sotto la pioggia, fino a quando raggiunge una strada ed incontra alcuni gendarmi che gli chiedono i documenti. Frugandosi in tasca si rende conto che probabilmente li ha dimenticati in un'altra giacca.” 

Da questo terreno scivoloso di pioggia e domande, germina anche la nostra di storia, quella di noi spettatori arrivati in un luogo segreto dove qualcuno ci sta aspettando e pure la storia che questo qualcuno ci racconterà. Una sovrapposizione di letture e di senso che ci accompagna per tutta la durata dello spettacolo, fin da quando veniamo accolti attorno al fuoco per scaldarci e proporci la sfida: “Immaginate di essere portati in un luogo come questo da uomini in divisa che vi interrogano e non vi credono. Pensate a chi siete voi, alla vostra identità ma anche alle occasioni mancate. A ciò che non siete ma che avreste potuto essere. Al non essere”. Poi dal buio di una cantina si apre una luce e quel tono pacato, confidenziale si accende di nuovo: “Qual è il vostro primo ricordo vero? Siete sicuri che sia vostro? Chi avete salutato prima di venire qui e cosa gli avete detto? Aggrappatevi alla vostra memoria, vi servirà”. Ci servirà, infatti, ricordare, quando seduti come invitati di riguardo ad una tavola che si allunga nella sala da pranzo fino a colui che ci parla, capotavola, come un amico, un terapeuta, un attore, saremo invitati a scrivere ciò che ricordiamo, quello che la nostra memoria non ha cancellato, quello che per qualche motivo sta ancora lì, come qualcosa che non usiamo più ma non ci decidiamo mai a buttare, come il primo amore, come quel viaggio, come quella scelta che abbiamo fatto per noi solamente per avere poi qualcosa da raccontare, “per provare a vedere nello specchio una faccia che finalmente non si riconosce più, che racconti una possibilità diversa.”

Lasciarsi andare a un’esperienza profonda è quello che ci chiede da sempre il teatro. Lasciarsi portare attraverso le parole, la voce, il corpo di chi è lì presente insieme a noi, nel gioco teatrale, ‘che è vero sopra ogni cosa’, nel luogo sacro della rappresentazione, dove tutto, anche i nostri nomi, si perdono in un altrove dove niente è come sembra ma tuttavia è, e si apre a un senso nuovo.

E a siglare l'armonia del percorso fatto, gli squisiti padroni di casa, in complicità con lo staff del festival impeccabile in efficienza e gentilezza, ci salutato con un'ottima degustazione dei vini prodotti dalla cantina della villa.

La rassegna si chiuderà il 13 dicembre al Tempio di Minerva medica di Montefoscoli (PI) con Lino Musella e Michele Santeramo in FRANKENSTEIN.

Nato e cresciuto a Roma da padre originario di Fondi (in provincia di Latina) e da madre napoletana di origini in parte svizzere, Giulio Scarpati è famoso presso il pubblico italiano per aver interpretato il personaggio di Lele Martini in Un medico in famiglia; è inoltre presidente del sindacato attori italiano. Gli esordi lo vedono calcare le tavole del palcoscenico teatrale con la compagnia ‘Cooperativa Gruppo Teatro G’ con la quale nel 1977 debutta con 'Le smanie della villeggiatura', punto di partenza di una carriera che lo vedrà lavorare con registi come Gianfranco De Bosio ed Ennio Coltorti e vincere numerosi premi. Il 1984 segna invece il suo esordio sul grande schermo, con 'Il lungo inverno' di Ivo Micheli; nel 1989 si aggiudica il Premio De Sica agli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento e il Premio “Sacher d’Oro” come Miglior Attore per l’interpretazione nel film 'Roma, Paris, Barcellona'.

Tra i suoi maggiori successi figura il Giudice Ragazzino, film del 1994, dove Scarpati interpreta il ruolo del sostituto procuratore Rosario Livatino per il quale si aggiudica numerosi premi tra i quali il Premio “L’angelo azzurro” al Festival di Berlino e il “David di Donatello” come Miglior Attore Protagonista. Le parentesi cinematografiche non si fermano ai lungometraggi, infatti nel 1993 l’attore romano è anche il protagonista del corto 'Ciao Amore' di Luca D’Ascanio, segmento del film collettivo 'Ottantametriquadri', con il quale vince il Premio “Sulmona Cinema” come Miglior Attore. Dal 1995 trasmette la sua passione per la recitazione ai giovani allievi di “Percorsi d’attore”, scuola di recitazione di cui è il direttore artistico. Nel 2014 esce il suo primo libro Ti ricordi la casa rossa? - Lettera a mia madre, edito da Mondadori, un viaggio nella memoria per aiutare la madre, malata di Alzheimer, a ricordare e il figlio a imparare a ricordare.

Elisa Cosci
© Riproduzione riservata


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