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Attualità mercoledì 05 agosto 2015 ore 18:00

Grillaia, secondo flash mob contro la riapertura

Alla Sterza, prima del concerto di Bocelli e Co Legambiente e comitato puntano il dito contro Arpat e Provincia. Salcioli: "Confidiamo in Rossi"



LAJATICO — Seconda e ultima data al Teatro del Silenzio e secondo flash mob di Legambiente Valdera e comitato unitario Chianni – Terricciola – Lajatico per la chiusura definitiva della discarica Grillaia.

Se domenica c'erano circa 50 persone a manifestare alla Sterza, nel parcheggio scambiatore per raggiungere il teatro naturale, ieri si aggiravano intorno alle 30 unità, muniti di cartelli e magliette, sia in italiano che in inglese, per informare anche gli spettatori stranieri. La manifestazione è durata dalle 16,30 alle 20.

“Dalla chiusura della discarica – scrivono Legambiente e il comitato - deliberata dalla Provincia di Pisa nel 1998, non è stato gestito correttamente il “post-mortem”, inoltre sono state disattese le prescrizioni di Arpat alla ditta proprietaria, la Servizi Ambiente srl (successivamente Nuova Servizi Ambiente), comunicate alla Provincia”.

Legambiente confida, per risolvere la questione senza ulteriori conferimenti nell'intervento del presidente della Regione: “Rossi – dice Donatella Salcioli – nella campagna elettorale per le regionali ha ribadito che avrebbe chiuso la Grillaia”.

La temuta riapertura – Il progetto di riapertura prevede altri 270mila metri cubi di rifiuti, in tre, quattro anni: “Ora la Nuova Servizi Ambiente – proseguono - ditta in liquidazione e con capitale sociale di soli 6.000 euro, ha proposto un progetto di riapertura, che la Provincia ha approvato anche in seguito ad una sentenza del Tar”.

I partecipanti alla manifestazione sono preoccupati per il pericolo di caricare su quelle strutture fatiscenti altri 270mila metri cubi di rifiuti, pari a circa 27mila camion.

“Nella conferenza dei servizi di maggio, Arpat e Provincia hanno stabilito di approvare il progetto dei proprietari della discarica che prevede un nuovo conferimento di 270mila metri cubi di rifiuti. Al momento la decisione è stata sospesa dalla provincia, ma potrebbe essere riattivata già in questi giorni. E’ per questo che ci siamo mobilitati come Legambiente”.

Arpat si è contraddetta” - La critica di Legambiente e comitato è diretta ad Arpat, che secondo i due soggetti: “Ha ritenuto affidabile il progetto presentato da un gestore che quattro anni fa aveva lasciato l’impianto in uno stato di abbandono, e che non ha dato attuazione a molte delle prescrizioni emanate dalla stessa Arpat nel 2009. Nel frattempo la Provincia non ha controllato in alcun modo la realizzazione delle prescrizioni. Dai verbali Arpat del 2009 infatti, risulta chiaramente che i proprietari non hanno gestito in modo corretto l’impianto dopo la sospensione dei conferimenti. Arpat nel 2009 ha prescritto una serie di interventi a carico dei proprietari/gestori della discarica. Nel 2013 si ripetono indicazioni e prescrizioni che evidentemente non sono mai state attuate. Arpat inoltre si guarda bene dal fare una ricognizione delle prescrizioni attuate e di quelle rimaste lettera morta. Arpat nel 2013 contraddice quindi quanto ha stabilito nel 2009. Perché?” si chiedono Legambiente e comitato.

Progetto a rifiuti zero, respinto - “Il progetto alternativo a rifiuti zero presentato dai comuni è stato ritenuto non tecnicamente accettabile da Arpat e Provincia, eppure non ci sono elementi tecnici significativi per dirlo, visto che della situazione attuale della discarica si conosce poco.

Arpat infatti durante la Conferenza dei Servizi, demolisce il progetto dei comuni, salvo poi dire che:

– per acquisire informazioni circa lo stato del corpo dei rifiuti sarebbe necessario effettuare indagini di tipo geotecnico per capire la caratterizzazione chimico-fisica dei materiali e il loro stato di mineralizzazione

– dovranno essere effettuate prove di permeabilità e misure del livello dei percolati per capire lo stato di saturazione in acqua dei rifiuti

– inoltre, non essendo stati realizzati i nuovi pozzi di monitoraggio, non è noto neanche lo stato di inquinamento delle acque sotterranee.

Ma se occorrono delle indagini che nessuno ha fatto per capire lo stato dei rifiuti e del percolato, sulla base di quali dati e analisi viene rigettato il progetto alternativo dei comuni?”.

Possibile alternative e il ruolo decisivo di Arpat e Provincia - “Si potrebbe anche ipotizzare un progetto di minima, che preveda una migliore copertura della discarica, un miglioramento nella gestione del percolato e del biogas, senza movimentare né aggiungere rifiuti, e quindi un progetto meno costoso e realizzabile in tempi brevi. Ma senza dati certi, ognuno può dire quel che vuole, solo che Arpat e Provincia hanno anche il potere di decidere, assegnando così un premio alle inadempienze dei gestori. Non saranno per caso le decine, o forse centinaia, di milioni di euro che costituiranno i profitti di un conferimento di 270mila metri cubi di rifiuti, a rendere più convincente il progetto dei proprietari?” suggeriscono i due soggetti.

L'importanza di avere dati certi – Per Legambiente e comitato la messa in sicurezza passa dall'acquisizione di dati certi: “Ogni decisione circa la modalità di chiusura e messa in sicurezza della discarica va subordinata alla disponibilità di dati affidabili sullo stato dei rifiuti, la stabilità della discarica, l’inquinamento delle acque, l’emissione di gas. Se ci sono situazioni critiche, che nessuno finora ha individuato e determinato con precisione, vanno affrontate con un piano di bonifica del sito e non certo con nuovi rifiuti”.

Il timore di Legambiente e del comitato unitario è: “Che si portino per 3 anni, o più probabilmente indefinitamente, rifiuti su un sistema di captazione del percolato che non funziona da anni (relazioni Arpat), con la scusa di mettere in sicurezza la discarica”.


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