Giuliano Bandecchi è un conosciuto pittore e pontaderese da generazioni sebbene di adozione bientinese. La storica tipografia porta il suo nome e quella del recentemente scomparso Sergio Vivaldi figlio di Ettore socio di suo padre Silvano Bandecchi poi affiancato dal fratello Elio.
Sono tante le occasioni in cui Giuliano si è reso protagonista con le sue opere pittoriche. Proprio ultimamente, ad agosto, ha partecipato a una mostra collettiva nei giardini di Villa Reale a Marlia in provincia di Lucca e tra poco parteciperà al 25° Premio Nazionale di Arti Visive Giovanni Gronchi Città di Pontedera. Da pochi giorni però è anche uscito nelle librerie, edicole e biblioteche di Pontedera e dintorni il suo romanzo autobiografico ‘Il tempo che fu’ perché Bandecchi oltre che esprimersi per immagini, scrive.
Bandecchi come molti ha approfittato della pandemia e delle lunghe giornate passate in casa in cerca di cose interessanti a cui dedicarsi, per vincere l’inerzia e iniziare a scrivere. Da qui l’idea e l’esigenza di raccontarsi e trasmettere a chi verrà il punto di vista dei testimoni del passato.
Il romanzo, in parte autobiografico ripercorre gli eventi della vita dei protagonisti, sullo sfondo degli accadimenti storici della Pontedera che fu. Quella dei suoi genitori ma anche quella dei suoi nonni, quando per le strade del paese si andava in giro col coltello nelle tasche e anche il fratello della nonna morì assassinato a causa della criminalità dilagante: “Erano gli inizi del secolo scorso, della crisi economica, delle lunghe file alle banche anche a Pontedera, molte delle quali fallirono creando ancora più insicurezza. Erano gli anni dell’anarchia. Mio padre raccontava che durante una processione, un gruppo di anarchici assalì le guardie tagliando le falde alle giacche. La violenza era diffusa.”
Con ‘Il tempo che fu’ si ripercorre un secolo di storia con lo scopo di mettere a confronto la vita di allora e quella odierna, diversità e analogie che inducono a riflettere: “Il cambiamento che però ritengo più incisivo è stato l’avvento delle nuove tecnologie che se da una parte hanno portato miglioramento e alleggerimento nel lavoro, dall’altra hanno trasformato le relazioni umane, la convivenza, la socialità e non sempre in meglio.”