Cronaca

"L'angoscia condizionò le indagini su Jalal"

La corte di assise di Pisa ha emesso le motivazioni della sentenza che ha scagionato il 26enne marocchino accusato di istigare alla Jihad

L'arresto di Jalal El Hanaoui

Le indagini che hanno portato all'arresto di Jalal El Hanaoui sono state condizionate da "angoscia collettiva" provocata dal terrorismo islamico fondamentalista. Ad affermarlo sono stati i i giudici della corte di assise di Pisa, una dichiarazione che arriva con le motivazioni della sentenza con la quale il 23 settembre scorso il 26nne marocchino è stato assolto ''perché il fatto non sussiste''.

Jalal El Hanaoui era accusato di aver istigato alla jihad usando Facebook. Secondo i giudici, l'indagine si è svolta in un clima "connotato dalla concomitanza di episodi delittuosi di tale matrice, che hanno scosso la comunità internazionale e che, verosimilmente, hanno pesantemente condizionato l'attività di indagine, coinvolta dall'accresciuto coefficiente di angoscia collettiva".

Per la corte di assise, a causa di questo condizionamento gli investigatori avrebbero assunto un atteggiamento "volto a convalidare posizioni di iniziale sospetto più che a sottoporre a vaglio gli elementi acquisiti".

Per i giudici, i post, i video e le immagini pubblicati su facebook dal 26enne, titolare di quattro account e amministratore sul social network di quattro gruppi di discussione di fede musulmana, sarebbero stati interpretati "alla luce di elementi di sospetto elevati al rango di verità indiscutibili" e considerati "fuori dal contesto"