Farsi sentire dai palazzi del potere locale e dare il segnale che il mondo che ruota intorno alle costruzioni è allo stremo. Questo l'obiettivo della manifestazione organizzata da Cna di Pisa che giovedì 3 aprile vedrà scendere in piazza i mezzi e gli operai che a causa della crisi economica sono fermi nei cantieri.
La settimana prossima quindi una provincia smetterà di costruire e si muoverà per far tremare i lungarni a Pisa che il 3 aprile diventeranno gialli, come i caschi "appesi al chiodo" dai lavoratori del settore costruzioni.
Con l'adesione di tutte le Unioni (le categorie produttive in cui è articolata la Cna) che hanno espresso solidarietà per questa iniziativa e per questo la presidenza provinciale ha deciso di trasformarla in una manifestazione di tutte le imprese. I problemi e le richieste sono infatti largamente condivisi: più lavoro vero e meno lavoro nero, più legalità e meno burocrazia, più credito e meno tasse. L’appello alle istituzioni locali e nazionali è chiaro: serve una scossa per far ripartire l’economia, non è più tempo di parole e promesse. Deve arrivare il tempo dei fatti, delle riforme che servono alle imprese e ai lavoratori e non alle consorterie che hanno affondato il paese.
Con queste parole d’ordine il presidente provinciale Cna Pisa Andrea Zavanella, Andrea Di Benedetto vicepresidente nazionale, i membri della presidenza provinciale Elena Fariello, Matteo Giusti, Michele Spagnoli e i presidenti e dirigenti delle Unioni e delle aree zonali e il direttore generale Cna di Pisa Rolando Pampaloni.
Una manifestazione per “far vedere che siamo disposti a lottare – spiegano Barbara Vannini, presidente Cna
Costruzioni e Marco Ammannati
presidente Cna Impianti – Vogliamo mettere su questa prima protesta pubblica e
visibile, per porre al centro del dibattito locale anche le nostre priorità. E
cercheremo di coinvolgere anche i sindacati dei lavoratori perché siamo tutti
sulla stessa barca. Una protesta che rappresenta non solo la denuncia che
qualcosa di più a livello locale può essere fatto, mentre ci sono troppi sordi
che fanno finta di non sentire o peggio ancora adottano politiche che tagliano
fuori le imprese locali a favore di soggetti che vengono da fuori. E non sempre
questi soggetti sono portatori di interessi sani, capacità e professionalità,
ma anzi tutto il contrario. Il gigantismo negli appalti e nei global service è
un fenomeno che genera nuove povertà, fa perdere professionalità alle imprese e
il contatto con la realtà alle stazioni appaltanti che saranno sempre più
ostaggio di poche centrali decisionali. Si perdono di vista le vere esigenze
dei territori e la forza che possono esprimere. Il comparto costruzioni,
impianti, edilizia continua a perdere fatturato, occupati e lavoro. I bilanci
delle imprese si gonfiano di immobili invenduti, di creditori sempre più
lontani da raggiungere mentre i fornitori sono sempre più vicini e pressanti.
La nostra protesta rappresenta anche però la speranza di invertire la rotta, di
favorire il lavoro delle famiglie e di vedere cominciare il nuovo anno sotto
nuovi auspici e una nuovo vigore. Diamo una scossa, portiamo i nostri mezzi in
piazzaè la
parola d’ordine che daremo”.
“L'Italia deve ritornare a essere un Paese che progetta, che investe, che lavora e che produce per questo bisogna difendere e diffondere la cultura d'impresa ad ogni costo – aggiunge Andrea Zavanella, presidente Cna provinciale – milioni di artigiani e di piccoli imprenditori chiedono maggiori accesso al credito, puntualità dei pagamenti, una burocrazia meno asfissiante, possibilità di lavoro per sé e per i propri dipendenti. Quello che ci tocca subire tutti i giorni sono invece Global Service, appalti discutibili e con meccanismi che premiano le grandi imprese, gare al massimo ribasso (e al massimo di stupidità), assalti delle Multiutility a mercati da sempre appannaggio delle piccole imprese, adempimenti senza senso e costosi per le imprese. La manifestazione è aperta a tutte le organizzazioni sindacali e di categoria che vogliono aderire, è un problema che è di tutti e ci apre importante coinvolgere nella protesta tutti i soggetti coinvolti, lavoratori e imprenditori. La nostra non è una protesta corporativa perché non c’è solo il nostro interesse particolare di imprese in gioco, ma c’è anzi l’intesse generale di tutto il Paese”.