Cultura

Stranieri in fuga dalla Valdera

Nella giornata del rifugiato, QuiNewsValdera ha intervistato il presidente dell'associazione kurda locale: "In due anni siamo passati da 120 a 40"

Erdal Karabey

Non è un paese per...rifugiati. Potrebbe essere questa l’estrema sintesi che richiama il titolo del famoso film dei fratelli Coen e al tempo stesso rappresenta anche la vera e propria fuga di molti stranieri dall’Italia e anche dalla Valdera. Un dato ancor più rappresentativo oggi, 20 giugno, quando in tutto il mondo si festeggia la giornata del rifugiato, un’occasione per riflettere sulla condizione di milioni di persone che fuggono dal paese natale a causa di conflitti, persecuzioni e crisi che mettono a rischio la loro vita ed il pretesto magari per guardare più da vicino le comunità straniere locali.

Esempio più eclatante in Valdera, a testimonianza della fine dello stereotipo dell’Italia come isola felice per gli esuli, sono i numeri della comunità kurda, in drastico calo rispetto a qualche anno fa, come ci spiega Erdal Karabey, presidente dell'associazione culturale Kurdistan che ha sede in Valdera: “Sono in Italia da diversi anni ma adesso la situazione, non solo per noi kurdi, è drammatica. Due anni fa c'erano 120 adulti in Valdera, tra Ponsacco, Pontedera e gli altri paesi. Adesso siamo solamente 40”.

Una diminuzione considerevole ma che ha una spiegazione precisa: “Vanno via perché qua non c'è lavoro – ha spiegato Erdal – le quaranta persone che sono in Valdera lavorano nei vari negozi di kebab che gestisco oppure in qualche cantiere edile come muratori. Gli adulti che sono qua sono quasi tutti impiegati. Chi è disoccupato, come si vede, va altrove”.

Una scelta dettata dunque da esigenze primarie come conferma Karabey: “Le 80 persone che sono fuggite dall'Italia lo hanno fatto esclusivamente per lavoro, cercando fortuna in Francia e Germania. Non è una scelta comoda per noi kurdi, basta pensare che lì siamo irregolari. E' molto più facile avere i documenti in regola in Italia, cioè il riconoscimento di rifugiato politico, rispetto a Francia e Germania”.