Attualità

Il racconto di una cena al buio

Prima volta per circa cinquanta persone alla Casa del popolo. A servire camerieri non vedenti, in cucina i ragazzi del progetto Solidarietà Arci

"Immaginavo si vedessero le ombre" oppure "Ma non si vede proprio niente!". 

Tante persone non dimenticheranno la prima Cena al buio organizzata alla Casa del popolo di Capannoli da Arci Solidarietà e dai gestori del circolo.

Verso le 21 finisce il tempo della luce e nell'anticamera, buia ma con un paio di spiragli di chiarore, i camerieri non vedenti prendono per mano una persona che a sua volta ne guida altre tre, verso i tavoli da otto organizzati nella grande sala completamente oscurata. La sensazione è condivisa: non si vede niente (si scoprirà, alla fine della cena, che le finestre sono state coperte con nylon nero).

Per due ore e mezzo la luce è assente, anche se qualcuno, forse per tranquillizzarsi, ogni tanto apre lo smartphone e il chiarore raggiunge tutti i tavoli, seguito da qualche buu di disapprovazione.

Mentre si mangia, in parte con le mani, in parte con le forchette e si beve, a volte versando l'acqua o il vino sul tavolo, qualcuno dice che gli pare di avere un udito migliore: "Vi sento tutti, molto chiaramente, anche chi è in fondo al tavolo". Altra oasi di luce il bagno, nella penombra, nel quale si arriva guidati dai camerieri che si muovono con sicurezza.

Alla fine della serata, dopo il dolce, ancora al buio arrivano i ringraziamenti dei camerieri, che fanno parte dell'Uic, Unione Italiana Ciechi, e di Chiara Bini, organizzatrice della cena. Tanti applausi e verso le 23,30 un interruttore scatta nella stanza accanto, la serata sta finendo, la gente si guarda intorno e inizia a prendere le misure con quel luogo finora sconosciuto, solo immaginato.

Un'esperienza da ripetere, è l'opinione condivisa dei partecipanti.