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Attualità mercoledì 11 marzo 2015 ore 14:55

Tutto il mondo è Valdera - Alejandro T. Rodriguez

Alejandro Tomas Rodriguez, 35 anni
Alejandro Tomas Rodriguez, 35 anni

Dopo la rubrica Valderesi all'estero, il percorso contrario: il nostro territorio visto con gli occhi indiscreti di chi arriva da fuori - capitolo 2



PONTEDERA — Gira il mondo con il gruppo di attori del Workcenter di Pontedera. Abita alla Rotta, almeno qualche mese all'anno.

Alejandro Tomas Rodriguez, 35 anni, è nato in Argentina, a Rosario (“La città del Che Guevara, ma oggi forse è più giusto dire la città di Leo Messi”) e da otto anni abita in Valdera.

Da dove arrivi?

“Spesso anch’io mi chiedo da dove vengo, quasi tutti giorni. E da un certo punto non è mica facile rispondere. Una possibilità è dire: sono arrivato da Rosario, Argentina. La città del Che Guevara che adesso, e forse questo è un segno di un radicale spostamento dei valori, è conosciuta come la città di Lionel Messi, Vive di fronte a casa mia. Poi c'è un'altra possibilità...”

Da quanto tempo sei in Valdera?

“Dal 2007. Non ho mai vissuto a Pontedera. Sono stato a Montopoli, a Marti e poi dal 2008 sono atterrato nella Repubblica della Rotta”

Perché sei arrivato qua?

“Sono arrivato qui per via del Workcenter. Sono un attore e come tutti i giovani attori avevo letto dei testi di Grotowski che mi avevano colpito molto. Poi, piano piano, con gli anni mi sono messo in moto per trovare delle persone che avevano lavorato con lui. Queste persone erano qui, alla Rotta. A parte la storica Piaggio e la cecina qui esiste un centro di ricerca molto importante, riconosciuto in tutto il mondo che si chiama Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards. E' un centro di lavoro legato alle arti performative, in questo caso molto vicino al teatro e alla musica, fondato nel 1986  da un grande uomo chiamato Jerzy Grotowski. Lui è stato invitato anni fa in Valdera dal Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera. Nell'ambito del teatro Grotowski è forse il più grande rivoluzionario del '900. A un certo momento, nel punto più alto della sua carriera come regista, ha lasciato il teatro e si è concentrato, cito le sue parole, non già sull'attore ma sull'uomo. La curiosità e la determinazione lo hanno portato a spingere i confini del teatro”.

E adesso com'è il Worcenter?

“Per farla breve, questa ricerca del Workcenter continua a svilupparsi dal 1986  fino a oggi, portata avanti da Thomas Richards e Mario Biagini, direttore artistico e direttore associato rispetivamente, e da tante altre persone di tutto il mondo che in questi trent'anni  hanno nutrito questo lavoro, spostandolo verso nuove forme. Il Workcenter è una strana cosa, difficile da definire. Non è una scuola o un'università. Se devo cercare una definizione direi che è una specie molto particolare di catalizzatore di freaks, di outsiders. 

Come definiresti i freaks?

Spesso questi freaks sono degli attori, attrici, a volte dei musicisti, a volte fanno tutta un’altra cosa. Quando la gente vede i nostri lavori, i nostri spettacoli spesso ci dicono “che bello quello che fate, siete molto fortunati, fate quello che volete, viaggiate per il mondo, io invece…” Ed è vero, siamo proprio fortunati, è un lusso. Se ti guardi attorno vedi tanta gente con tanti problemi davvero enormi. Ma a volte dentro queste parole mi sembra ci sia una specie di rimpianto. Ma sei disposto a lasciare la tua famiglia e i tuoi cari? Per fare qualcosa che non ti farà fare soldi per comprarti una macchina o avere una casa. E da un’altra parte, sei disposto a confrontarti con i tuoi desideri e seguirli fino in fondo? Hai voglia di fare uno sforzo consapevole e buttarti in un territorio sconosciuto senza sapere affatto se la ricompensa ti soddisferà? Se rispondi di sì a queste domande molto probabilmente sei un freak, un outsider. Non dico che tutto questo sia legato alla sofferenza o al dolore, no. E' tutto l'opposto, è legato a una specie di gioia, come alzare le braccia e lasciare andare quello che sei, almeno ogni tanto”

Dove vivi? E con chi? Com'è la tua casa?

“Alla Rotta, con altri colleghi del Workcenter. La nostra casa è molto bella e i proprietari sono delle persone veramente eccezionali. Poi non dobbiamo chiudere la porta a chiave, lasciamo le bici nel giardino. Questa è una cosa bellissima e molto strana per qualcuno che viene o che ha vissuto nelle grandi città”

Qual è la tua giornata tipo?

“Non ci sono giornate tipo. Dipende molto dagli impegni. Spesso siamo in giro, ma quando siamo qui alla Rotta per qualche mese cominciamo alle 10 e finiamo verso le 18, poi andiamo a casa a lavorare sulla parte amministrativa e organizzativa. Tante volte finiamo di lavorare a mezzanotte”

Quando hai tempo libero cosa ti piace fare, dove ti piace andare?

“Qui in Toscana ci sono posti belli ovunque, mi piace tanto la pineta di Marina di Cecina, per esempio. Firenze, Pisa, Siena, Lucca sono città meravigliose. Ma, più che andare nei posti belli, preferisco spendere il tempo libero con le persone, gli amici e vicini della Rotta, di Pontedera, di Ponsacco, di Pisa. La mia attività preferita soprattutto in questi ultimi mesi è andare al Circolo Botteghino a prendere il caffè, parlare e passare un po' di tempo con la gente. Vederli giocare a carte, sentirli parlare, osservarli. Per qualche ragione stare lì mi dà una strana gioia”

Come ti sembra la realtà lavorativa a Pontedera e da queste parti?

“Beh... considera che io vengo da un paese che è stato svuotato, saccheggiato economicamente e culturalmente per tanti anni. In questi ultimi dieci anni per fortuna le cose sono cambiate. Ma per me, purtroppo, vedere chiudere i negozi e le aziende o anzi vedere letteralmente gente mangiare dalla spazzatura era cosa di tutti giorni. Qui siamo lontani da quello ma bisogna svegliarsi. I giovani possono sfruttare il benessere che hanno coltivato genitori e nonni, ma questo non durerà a lungo. E' un momento di grande cambiamento. Esiste la crisi, esiste l’inizio di una pericolosa dissoluzione del tessuto sociale, esiste la stigmatizzazione degli stranieri e questo a me fa ridere perchè cento anni fa gli stessi italiani sono stati coloro che hanno sofferto questa stigmatizzazione in Stati Uniti e Sudamerica. Ed io sono figlio di quella situazione. Ma esiste una attenzione per quello che succede attorno, una preoccupazione che non paralizza. La gente è molto sensibile e reagisce. E molto disponibile e anche gentile. E curiosa, ecco! Hai visto quello che succede quando cammini per il corso? O quando entri in un bar, o al mercato? Mi sembra che sia un momento molto ricco. Forse povero riguardo alle cose che puoi acquisire, ma ricco di possibilità. Per tornare al punto, conosci l'associazione Il Mattone, della Rotta? Loro sono un bellissimo esempio per me. Ma posso fare tanti altri esempi, Cantiere San Bernardo di Pisa, Teatro Rossi Aperto, Teatro Era, i ragazzi dell'associazione Lotus di Piombino, i Giullari Senza Frontiere (molti di loro sono a Ponsacco), l'associazione Poliedro di Pontedera. Poi a Milano ce Macao. A Napoli ci sono i ragazzi di Punta Corsara…. E tanti altri”

La prima persona conosciuta?

“Senza dubbio quella persona è Mario Biagini, il direttore del nostro gruppo. Attraverso lui ho conosciuto Sandro Marzocchini, che penso il 70 per cento dei pontederesi conosce, se non lo conosce consiglio di andare al Pabbino e chiedere di lui. Sandro è una persona di una perenne curiosità, a volte penso che sia di un altro pianeta. O almeno un lucido sopravvissuto dagli anni '80 in Italia ed Europa”

Rispetto alla terra dove sei nato, quali sono le differenze climatiche?

“Rosario è lontanissima dal mare e dalle montagne. Lì siamo nella vasta pianura, ma Rosario è cresciuta accanto a un fiume enorme che viene dall'Amazonas, si chiama Paraná. Lì come qua ci sono zanzare tigre e umidità alle ossa”

Quanto è uno stipendio medio adesso in Argentina?

“Penso sia qualcosa come 750 euro”

Come mi dicevi ci sono tante cose che ami e che ti hanno colpito della Valdera e dell'Italia. Qualche esempio?

“La prima che mi viene in mente è la gentilezza delle poliziotte dell'Ufficio Stranieri (nella piazza del mercato, ndr). Poi mi piace vedere persone di altre culture e altri paesi per strada. Mi piace sapere che i negozi che vendono kebab e il negozio cinese vicino alla stazione sono aperti anche la domenica. La cecina, la pizzeria Vesuvio, il bar L’Angolo, il Giradischi, il Baldini sul piazzone, e certamente mi piace il Pabbino. Mi piace che le montagne e il mare sono vicini. Mi piace la navetta gratuita, la sagra del cinghiale, la luce della Toscana, proprio particolare. Mi piacciono le colline colorate e i pini marittimi. Mi piace quando la gente bestemmia in toscano. Mi piace il lago pseudocaraibi di Pietroconti, il cinema Agorà, oppure andare a vedere le partite di calcio il sabato. Mi piace quando la nostra vicina Rosetta ci porta il sugo ai funghi. E mi piace parlare con Penka quando la incrocio stendendo il panni (Penka é la badante dei vicini). Mi piace l'orto di nonno Mario e il fontanello della Rotta. E così potrei andare avanti per due pagine ancora”

All'inizio dell'intervista dicevi che c'era un altro modo per rispondere alla domanda: da dove arrivi. Qual è?

“C'è un’altra possibile risposta: da dove vengo? Che ne so. Io non mi ricordo quando sono nato. Ho creduto ai miei, e ancora gli credo. Un mese fa un carissimo amico di tutta la vita ha scoperto, tramite una specie di sogno ricorrente molto potente e vivido, che suo padre non era il suo padre biologico e che il suo vero Dna progenitore era di una persona molto vicina alla sua famiglia. Il fratello del padre biologico è stato condannato all’ergastolo per un massacro che un gruppo delle forze militari insieme alla polizia hanno fatto nel 1976, in piena dittatura militare in Argentina. Si stima che ci siano circa 500 figli di desaparecidos nati in quel periodo e che sono stati adottati da altre famiglie. A oggi 117 hanno recuperato la loro identità. Non vorrei dilungarmi in questo discorso molto delicato ma dico questo per segnalare che spesso le nostre affermazioni e credenze sono basati su dei fatti che non abbiamo mai verificato, forse perché non ci siamo mai posti dei dubbi o forse perché da qualche parte abbiamo sempre evitato di chiedercelo. E poi, un piccolo spostamento o intuizione può provocare delle conseguenze gigantesche per la nostra vita, e per il nostro rapporto con il mondo. Rispetto alla domanda da dove vieni dico che non so proprio da dove sono arrivato perché spesso ho la chiara percezione che qualcosa in me ci sia sempre stato. Anche prima dei miei primi ricordi, qualcosa di impersonale direi... Ma lascio stare.. forse non si capisce niente di quello che sto dicendo!”

E' una riflessione continua, la tua. Quanto tempo pensi che rimarrai qua?

“Buona domanda. Non lo so. Il posto viene determinato da come si sviluppa il lavoro che faccio. Ormai il mio lavoro è diventato la mia casa”

Quali sono alcuni aspetti particolari degli italiani che hai notato?

“Che quando mi chiedono di dove sono e dico che sono argentino, quasi tutti rispondo cosi: Ah che bella l'Argentina... la carne è buonissima. Ha! gauchos! gauchos! La Patagonia! Come mi piacerebbe andare. Forse cambia l’ordine ma le cose sono spesso quelle. Ma da quando sono arrivato, qui in Toscana in particolare perché ci vivo, ma in Italia in generale (certamente meno al nord che al sud) mi hanno accolto con grande calore umano, rispetto e generosità. E lo dico sinceramente, mi hanno fatto sentire sempre a casa. E per questo sarò sempre in debito ed eternamente agradecido”.

René Pierotti
© Riproduzione riservata


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