Senza rancore
di Federica Giusti - venerdì 22 ottobre 2021 ore 07:50
Il rancore, secondo il vocabolario, rappresenta un risentimento, un’avversione profonda che scava dentro di noi conseguentemente ad un torto subito o un’offesa ricevuta. Chi non l’ha mai provato?
Chi scrive vi assicuro che sa bene di cosa parla. Ecco perché mi permetto di dirvi che serve davvero a poco. Arrabbiarsi con qualcuno ed infuriarsi perché non ci ascolta o non ci da ciò di cui avremmo bisogno fa stare soltanto male noi e non cambia assolutamente niente nell’atteggiamento dell’altro. È come se fosse un piccolo fuoco che nasce dentro di noi e poi si sprigiona, aumentando di intensità senza arrivare a bruciare nessun altro se non noi stessi.
Il malessere, talvolta, può diventare così importante da portarci a somatizzare con dolori e fastidi, generalmente localizzati nell’apparato gastro-intestinale. Ci sono situazioni che mal digeriamo (stomaco), che non riusciamo a buttare giù (esofago), che non ci permettiamo di lasciar andare (intestino).
Quindi vi chiedo, ne vale la pena? Direi proprio di no!
Se gli lasciamo prendere spazio dentro di noi, lo lasciamo scavare piccoli cunicoli, sarà davvero difficile poterlo estirpare. E ci cambierà. Andrà ad influire sul nostro umore e modificherà il nostro modo di rapportarci agli altri, facendoci essere sempre meno fiduciosi e sempre più chiusi.
Ogni torto subito, ogni offesa ricevuta viene gelosamente tenuta viva nella memoria perché si alimenti e mantenga accesa la fiamma della rabbia e dell’odio. Sembra davvero che possa arrivare a intossicare la persona che la prova se non impariamo a lasciarla andare.
Ovviamente sono stata volutamente eccessiva nella descrizione, ripeto, come ogni emozione umana, anche la rabbia scaturita da un forte risentimento, è del tutto naturale ma deve essere tenuta a bada, non dobbiamo permetterle di annidarsi in noi e di muoversi al posto nostro.
E allora cosa possiamo fare? Impariamo a voltare pagina, chiariamoci, se possibile, con il diretto interessato, senza aggredire nessuno e con rispetto, verso l’altro e verso noi stessi.
E, soprattutto, impariamo a perdonare. Uno studio condotto proprio dall’Università di Pisa ci dimostra scientificamente come il perdono sia necessario, direi quasi indispensabile, per il nostro benessere. "Nel corso della storia il perdono è stato invocato dalla religione e da leader politici come la risposta moralmente corretta nei confronti di un'offesa. Il nostro studio ora indica che il perdono affonda le proprie radici nel cervello e che si configura come un processo cognitivo articolato che può consentire all'individuo di superare stati emotivi negativi tramite la rivalutazione in termini positivi di un evento negativo" – commenta il professor Pietro Pietrini, autore dello studio e direttore della Psicologia Clinica a Pisa.
Abbiamo un dovere morale verso noi stessi, ed è quello di imparare ad andare avanti e lasciare il passato, offese comprese, alle spalle. Il pensiero dicotomico “o con me o contro di me”, non solo non aiuta, ma diventa una potente arma contro noi stessi.
Perdonare non equivale a “mettere una pietra sopra” e fare finta di niente. Nessuno vi sta chiedendo di accettare un torto ed esserne felici. Ci sono situazioni che possono condurre alla fine di un rapporto, al famoso tagliare i rami secchi di cui spesso parlo, ma in maniera pacifica, sana e corretta verso noi stessi.
Proviamoci insieme. Siamo arrivati alla fine di una nuova settimana. Sicuramente avremo subito qualche piccolo torto. Focalizziamo su quello la nostra attenzione, attiviamo il nostro perdono e lasciamolo andare via, lontano da noi.
Come state adesso?
Federica Giusti