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Diritto alla parola

di - lunedì 14 marzo 2022 ore 07:30

È opinione comune, e certamente giusta, che tutti gli operatori del diritto, quelli che lo elaborano attraverso l’esercizio della funzione legislativa, coloro che sono chiamati ad applicarlo a tutela della collettività e ancora di più quelli che ne chiedono l’applicazione a difesa degli interessi delle singole persone, debbano fare buon uso della parola scritta e parlata. È infatti fondamentale che i cittadini possano comprendere i precetti che sono tenuti a rispettare, i consigli dei legali che devono tutelarli quando il mancato rispetto di uno di tali precetti comporta la violazione di un interesse o un diritto protetti dall’ordinamento ed altresì le prescrizioni contenute nelle sentenze e nei provvedimenti che hanno la funzione di ripristinare la situazione precedente alla violazione o riparare lo strappo che ne è derivato.

La linguistica forense è diventata sempre più materia di studio e di aggiornamento per tutti gli avvocati; l’oratoria è da sempre considerata quasi una forma d’arte, certamente un’abilità importante.

L’esercizio quotidiano del mio lavoro mi ha insegnato che questo non basta a garantire la tutela dei cittadini, non è sufficiente per assicurare che la legge sia davvero uguale per tutti.

Il diritto “di parola” che la nostra costituzione riconosce ad ogni singola persona, anche e soprattutto per difendere le proprie ragioni in ogni sede, non solo quella giudiziaria, rischia di essere una scatola vuota, una dichiarazione di intenti, se non è garantito l’accesso “alla parola”.

Io sono convinta - e l’esercizio quotidiano del mio lavoro, l’incontro di molte persone, sia presso il mio studio che nelle aule di giustizia, hanno rafforzato questa convinzione – che la mancanza di strumenti culturali e linguistici sia tra le principali cause di discriminazione in ordine alla tutela dei diritti e all’applicazione del diritto.

Si pensi ad esempio alla persona offesa da un reato, che nello svolgimento di un processo penale veste i panni del principale testimone: non è infrequente assistere alla frustrazione di chi non è in grado di raccontare cosa sia accaduto, di descrivere il disagio provato, di contestualizzare oltre il singolo evento, di ricostruire la propria storia.

E lo stesso naturalmente vale per colui che si trova nella drammatica situazione di essere accusato della commissione di un crimine: come difendersi se non si è in grado anzitutto di spiegare?

A cosa serve l’oratoria dell’avvocato, la preparazione del giudice, il rigore della legge se un cittadino non ha anzitutto gli strumenti culturali per far sentire in prima persona la propria voce.

Non esiste diritto di difesa senza diritto di parola, ma non esiste diritto di parola senza l’accesso alla parola.

L’istruzione va garantita prima ancora della difesa perché senza i diritti che si esercitano nelle aule scolastiche prima che in quelle giudiziarie, non si può realizzare appieno il principio secondo cui la legge è uguale per tutti, nobile declinazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione

Ilaria Fiori


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