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​Il 2008 e la violenza di genere

di - mercoledì 28 ottobre 2020 ore 19:49

Mara Carfagna

Tutto iniziò per un errore di copia, incolla.

Era il 2008 e la legge sugli atti persecutori veniva discussa in commissione giustizia ma non era stata ancora votata.

La ministra Mara Carfagna si era insediata l'8 maggio e da subito si era fatta promotrice della conversione in legge.

Su internet girava la “bozza” dell'art. 612 bis.

Si presentava una giovane donna e raccontava fatti e circostanze di un amore nato, cresciuto e finito in un paio di mesi. Spiegava che la decisione di terminare la relazione non era stata accettata dal ragazzo che aveva incominciato a perseguitarla con telefonate, messaggi, appostamenti sotto casa e minacce di fargliela pagare.

Il comportamento molesto e persecutorio doveva terminare al più presto.

Redigevamo la comunicazione e con un copia incolla scaricavo "da internet" l'art. 612 bis del c.p. ancora non approvato definitivamente infine, con celerità, si spediva il tutto alla Procura della Repubblica.

Il giorno dopo a metà mattina, una telefonata mi sorprese "sono la dottoressa R. ... maresciallo, mi dica hanno approvato la legge sugli atti persecutori e a me non hanno detto nulla?".

Subito capii il grossissimo errore ma spiegavo che era un tentativo ottimista per far capire che anche le forze dell'ordine aspettavano da tempo la modifica e l'introduzione di una legge per potere contrastare il fenomeno della violenza di genere in modo sostanziale.

L'interesse e lo studio approfondito della norma è nato da questa, chiamiamola così, cantonata.

Il 23 aprile 2009 fu promulgata la legge n. 38 in tema di atti persecutori. L'art. 612/bis, introdotto come articolo a sé stante subito dopo quello di minacce, punisce chiunque, “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Finalmente il "chiunque" diventava il coniuge ancorché legalmente separato o divorziato oppure il fidanzato/a, compagno e comunque legato/a da relazione affettiva alla persona offesa. Di conseguenza serviva una misura cautelare che era introdotta dalle aggiunte ter e quater all'art. 282 del c.p.p. che prevede l'applicazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e conseguenti prescrizioni di impegnarsi a mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.

In conclusione si iniziava a combattere il fenomeno ad armi pari e a proposito di armi, ancorché legalmente detenute, vengono sequestrate e alienate.


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