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Il governo

di - domenica 08 aprile 2018 ore 07:30

Finalmente le elezioni si sono svolte e ora si tratta di formare il nuovo governo. A questo infatti servono le elezioni. È la democrazia, bellezza!

Il nostro attuale sistema elettorale, l’ultimo della serie, è misto: 1/3 maggioritario, 2/3 proporzionale.

La prima coalizione è quella di Centrodestra con il 37% alla Camera e il 37,4% al Senato, comprende Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia.

Il primo partito è il Movimento 5 Stelle con il 32,6% alla Camera e il 32,2% al Senato.

Il Centrosinistra ha il 22,8% alla Camera e il 22,9% al Senato, si era presentato con PD, +Europa, Italia Europa Insieme, Civica Popolare e SVP-PATT.

Liberi e Uguali raccoglieil 3,3% alla Camera e il 3,2% al Senato.

Le formazioni che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 3% non vengono rappresentate nel Parlamento. Vediamo allora le nuove composizioni della Camera e del Senato della Repubblica.

CAMERA: 630 deputati, maggioranza assoluta richiesta 316 seggi.

CENTRODESTRA 265 seggi (LEGA 125, FORZA ITALIA 104, F.D.I. 32, N.C.I. 4)

M5S 222 seggi

CENTROSINISTRA 122 seggi (PD 111, CIVICA POPOLARE-AP-PSI-AREA CIVICA 4, +EUROPA 3, SVP-PATT 4)

LIBERI E UGUALI 14 seggi

MAIE 1 seggio

USEI 1 seggio

MISTO non iscritto ad alcuna componente 5 (ex M5S); del gruppo Misto fanno parte anche LEU, CIVICA POPOLARE-AP-PSI-AREA CIVICA, +EUROPA , SVP-PATT, MAIE e USEI

SENATO: 315 senatori eletti, 5 nominati a vita più il Presidente emerito, 321, maggioranza assoluta richiesta 161 seggi.

CENTRODESTRA 137 seggi (FORZA ITALIA 61, LEGA 58, F.D.I. 18)

M5S 110 seggi

CENTROSINISTRA 59 seggi (PD 52, SVP-PATT-UV 6, +EUROPA 1)

LIBERI E UGUALI 4 seggi

PSI-MAIE-USEI 3 seggi

MISTO non iscritto ad alcuna componente 2 (ex M5S); del gruppo Misto e di quello Per le Autonomie fanno parte anche LEU, +EUROPA, SVP-PATT-UV e PSI-MAIE-USEI oltre ai 5 senatori a vita e al Presidente emerito.

Avverto che questi dati potrebbero essere suscettibili di qualche imprecisione perché, pur consultando fonti giornalistiche e ufficiali, non è facile avere ed estrapolare i numeri esatti, provare per credere. Per carità di patria vi dirò che SVP-PATT-UV sono partiti delle minoranze linguistiche sud tirolesi, trentine e valdostane mentre MAIE e USEI sono formazioni di italiani all’estero.

Insomma, in buona sostanza, hanno vinto in due: il Centrodestra come coalizione e il Movimento 5 Stelle come partito. I leader delle due formazioni sono Luigi Di Maio per il M5S e Matteo Salvini della Lega (17,3% alla Camera, 17,6% al Senato) che ha ottenuto il miglior successo per il Centrodestra. Tutti e due legittimamente cantano vittoria e invocano il rispetto della volontà popolare. Ma se si sa bene chi ha perso, il Centrosinistra e in particolare il PD (18,7% alla Camera, 19,1% al Senato), non si sa altrettanto bene chi ha vinto e, in ogni caso, non basta a governare. Del resto, con rispetto, anche l’Inno di Mameli se lo chiede: “Dov’è la Vittoria?”. A Pontedera dicevano che la Vittoria era la moglie di Canzio. Ma non divaghiamo.

Prendiamo in esame la Camera. Nessuna delle due formazioni vincenti ha la maggioranza assoluta richiesta di 316 seggi. Il Centro Destra ha 265 seggi e il M5S 222. Se la politica fosse matematica, sommando i loro seggi se ne otterrebbe 487, una maggioranza più che assoluta, addirittura plebiscitaria. Ma la politica non è matematica e i programmi delle due formazioni divergono in parte. O meglio, forse ci può essere un accordo di massima con alcuni di loro: via la riforma pensionistica Fornero, sussidi per la disoccupazione al sud e non solo, abolizione dei vitalizi e dei costi della politica “contro caste e privilegi”. Sulla riduzione del fisco e dell’emigrazione per la sicurezza si può anche ragionare. Sull’Europa gli orientamenti non sono allineati, ma intanto ci si resta e poi si vede, se e quanto allinearsi. Insomma, con una buona dose di cinico realismo il sovranismo popolare grillino e il sovranismo nazionale leghista potrebbero, in buona parte, pericolosamente attrarsi e convivere. Più che bipolarismo, “bipopulismo”, la definizione è di Massimo Giannini su Repubblica. Sennonché i 5S pongono un veto ad personam per Berlusconi, attuale leader di Forza Italia, che d’altronde di ad personam se ne intende. E qui la fava ingrossa, per stare sul politically correct. Salvini con la Lega ha 125 seggi e insieme ai 222 del M5S farebbero 347, più della maggioranza richiesta. Però il “rude boy” della Lega se la sente di rompere con il Centrodestra che ha la maggioranza relativa in Parlamento? E, inevitabilmente, di riconoscere la leadership di Di Maio che ha quasi il doppio dei seggi della Lega?

D’altro canto, se la sentirebbe Di Maio di lasciare la carica di Primo Ministro nelle mani di Salvini, nonostante che il M5S sia, di gran lunga, il primo partito italiano? Forse che no, forse che sì. Tra l’altro, analoghe considerazioni valgono anche per il Senato, anche se con numeri ridotti. Forza Italia, se non fosse proprietà di Silvio, dovrebbe “accompagnare” l’autunno del patriarca di Arcore, assegnandogli un ruolo onorario, magari lanciando il Presidente europeo Tajani e poi chi vivrà vedrà chi sarà il premier. Oppure Di Maio fa il premier, il centro destra lo accetta, obtorto collo, e il M5S, altrettanto obtorto collo, accetta Forza Italia e il Cavaliere. Scenari possibili quanto improbabili. Si fa per ragionare.

Poi la politica ovviamente continua anche dopo le elezioni e c’è chi dice che la politica ha il primato sulla matematica, anche se è costretta a farci i conti. Così gli schieramenti “ideali”, specie per i teorici sostenitori del bipolarismo maggioritario, sarebbero due: da una parte il Centrodestra e dall’altra il Centrosinistra con il M5S come nuovo faro e lo sconfitto PD renziano, pur sempre il secondo partito, attualmente in mano al reggente Martina. I soliti 222 seggi dei 5S sommati ai 111 del PD sarebbero alla Camera 333, sulla maggioranza richiesta di 316 e al Senato le due formazioni insieme ne avrebbero 170, sulla maggioranza richiesta di 161. Siamo un po’ al limite. A questo scenario forse potrebbero giungere in soccorso anche i Liberi e Uguali. Il Centrosinistra avrebbe altri 10 seggi al Senato e altri 11 alla Camera, ma non è detto di poterci contare. Come non è detto di poter contare sugli altri. Centrosinistra e M5S si sono presentati alle elezioni come feroci antagonisti e questa contrapposizione è ben rappresentata da eletti ed elettori. E poi il M5S, al di là che ha sempre rifiutato etichettature e collocazioni a destra e sinistra, ridicolizzandone la definizione   - è il movimento di un comico - accetta di “iscriversi” al Centrosinistra, insieme al PD, magari derenzizzato? A parte il fatto che porre veti agli altri è proprio dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Tra l’altro, fra i pentastellati, molti sono gli elettori provenienti da destra, dal populismo demagogico e antipolitico destrorso. E per il M5S è indifferente la scelta tra PD e Lega? Mah! Va bene il superamento delle ideologie, ma così mi pare un po’ troppo. Si tratta di superamento o di vuoto ideale?

D’altro canto, il Centrosinistra e il PD accettano l’invito di Di Maio a sotterrare l’ascia di guerra, “confluendo” in un generico movimento politico “nuovista” che li vedrebbe al governo e non forza di opposizione, sia pur costruttiva, ma minoritari e divisi? Forse che no forse che sì.

Il PD viene sollecitato a non stare sull’Aventino e fare un accordo per assicurare un governo al Paese da molti illustri politologi e giornalisti che finora l’hanno accusato di aver fatto un accordo per assicurare un governo al Paese. La differenza sta tutta nel nome: quello attuale lo chiamerebbero coalizione o accordo, quello passato lo chiamavano inciucio. È una questione di forme, dopotutto. Né vale la teoria dello spostamento del PD in direzione dei flussi elettorali persi, perché nella diaspora il PD ha perso voti sia a favore del M5S che della Lega. “La bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna” diceva il poeta. Se la società è liquida, anzi oggi eterea, anche il voto lo è.

Una soluzione, se non ci fosse una soluzione, potrebbe essere un governo del Presidente, con a capo una personalità “terza”: un governo di scopo sostenuto da tutte le forze politiche. Lo scopo sarebbe richiamare il “bene comune”, governare il Paese, che non è uno scopo da poco, provvedere all’ordinaria amministrazione, al bilancio, che tanto ordinario non è, mantenere una sufficiente credibilità internazionale europea e, soprattutto, decidersi a varare una legge elettorale decisiva. Magari a doppio turno e poi, meglio non subito, tornare al voto. Sarà così? Forse che no forse che sì. Per governare bisogna avere davvero programma, vocazione e voglia.

Ma tutto questo, ovviamente e fortunatamente, nel rispetto della Costituzione, compete solo al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha avviato le consultazioni per affidare l’incarico. Tutti riconosciamo la sua autorevolezza, ma nessuno vorrebbe essere nei suoi panni. È una figura di grande prestigio, mica un prestigiatore. Buona Domenica e buona fortuna.

Pontedera, 8 Aprile 2018


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