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La casa al mare

di - domenica 19 aprile 2015 ore 06:00

Questo breve racconto, "La casa al mare" era in origine una poesia che ho tradotto in prosa. Conclude la "Trilogia Familiare", dopo "Villa Paradiso" e "Bel mi' mori'". La "Trilogia della Nebbia" di Carlos Luis Zafon è "una bucciata di co'omero"... 

Buona lettura.

Marco Celati


Il mare ha questa capacità;

restituisce tutto dopo un po' di tempo,

specialmente i ricordi."

Carlos Luis Zafon

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LA CASA AL MARE

Con ampi terrazzi coperti la casa si affacciava sul mare che mia madre, dalla camera del primo piano, poteva vedere stando a letto. Come per lei mio padre aveva voluto.

La marina era di scogli bassi, pungenti, difficili al piede: un mare popolare, ombrelloni fai da te. Facevo lunghe nuotate e mi asciugavo al sole, sdraiato sulla sommità del muro di cinta fino a tarda mattina per poi di nuovo scivolare in acqua al tramonto, quando il mare si fa calmo, saltando i pasti, disubbidendo agli orari di famiglia, giovane sciocco com'ero.

I parenti erano accorsi ad assisterci nella grande casa affittata: gli zii che avevano soggiornato qualche estate lì vicino, in una casetta bassa sulla passeggiata a mare.

E' strano come i ricordi affiorino nelle circostanze della vita meno prevedibili, nemmeno richiesti e s'impongano a noi: hanno forse vita propria, proseguono indipendenti dalle nostre esistenze parallele.

Un'ambulanza portò via la mamma da noi, da quell'estate: il male la tolse anzitempo dalla vita, per sempre e fu tutto.

Sono passati oltre quarant'anni da allora, non rammento più bene. A volte sono stato villeggiante in quei luoghi, mai avuto coraggio di tornare presso quelle memorie: le memorie rimosse come macerie, il paesaggio mutato e nulla più corrisponde. Ma stasera d'agosto che il mare si muove sono passato indolente lungo la passeggiata, facendo finta di niente per ingannare il tempo e me stesso, l'ho percorsa a ritroso.

La vecchia casa resiste, immemore di quel dolore, s'affaccia su un porto turistico, costruito in obbedienza al progresso. Non costeggia più il mare, si vedono, passando, imbarcazioni ormeggiate al molo e la sera s'accendono le luci del porto: ogni sera e stasera che il mare si muove.

La sorella e i fratelli più piccoli sono grandi oramai, hanno vita e famiglie: nessuno entra nei nostri ricordi. Dei maggiori di me di quell'estate nessuno sopravvive, solo la zia paterna che confonde passato con presente, memoria e immaginazione: sta in una ridente villa vicino al camposanto, si trova bene -dice- è a casa, in città e di là dalla strada si è inventata un mare che purtroppo non c'è.

Rina aveva quarant'anni. Vinicio che l'amava la seguì vent'anni dopo: aveva un fumo nervoso e compulsivo, le dita gialle di nicotina e i polmoni bruciati che gli affannavano la vita e il respiro.

"Agli occhi degli stolti parve che morissero", eppure a me, il più stolto degli stolti, questa sera d'estate che il mare si muove, non è parso impossibile rivederli, Vinicio e la Rina, stretti in un giro di ballo, affacciarsi sul terrazzo della loro casa al mare.

Rosignano agosto 2010


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