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La verità incerta

di - lunedì 01 novembre 2021 ore 08:00

Mai come in questi nostri tristi tempi si è posta la questione delle notizie false. Da quando poi hanno preso il nome di fake news sono divenute l’argomento principe di chiunque e della lotta di tutti contro tutti.

La rete, con il tipico caos e disordine di una babele, è terreno favorevole alle notizie false. I media ufficiali le hanno inventate, per conto di potenti mandanti; con la rete ne hanno perso il monopolio e soffrono di nostalgia dei bei tempi, giustamente perché le loro bugie sono più credibili e meglio confezionate. 

Se poi esistono anche organizzazioni che le producono a tavolino per scopi precisi, gli influenti detentori dell’informazione hanno i mezzi per difendersi (o comunque si prospetta uno scontro tra potentati).

Secondo la tradizione fatta risalire a un detto di Democrito, la Verità è immaginata in fondo a un pozzo e anche così è stata raffigurata da alcuni pittori, è inoltre sempre nuda e cruda. Anche per questo le conviene restare nel pozzo: senza veli com’è rischia di suscitare insani propositi nei bugiardi incalliti e di essere violentata dal primo che passa e che finge di aiutarla a emergere.

Le notizie di molti media nazionali sono, più o meno, un po’ “false”, con diverse gradualità, poiché anche quelle vere sono state scelte scartandone altre, per il modo capzioso col quale sono presentate e infine per il mezzo che le trasmette: infatti una notizia vera in un ambiente di falsità si compromette come la servetta del bordello.

La Verità è inconoscibile, la verità ultima, la “cosa in sé”, l’essenza del fenomeno. Conosciamo piccole verità parziali, soggettive. E il più delle volte non possiamo o non conviene esprimere nemmeno quelle, né comunicarle agli altri.

La luce della Verità acceca.

Mentire è indispensabile (Giovenale: “Come farò a Roma? Non so mentire”); qualche volta ritenuto giusto (la bugia pietosa) o quando il Vero è poco attraente come commentò un artista francese la propria vignetta, parodia di un dipinto: “Si toute vérité n’est pas bonne à dire, il parait qu’elle n’est pas meilleure à peindre”.

Il cane abbaia, l’asino raglia: incapaci di mentire, ma possiamo solo intuire ciò che dicono.

“Giuro di dire tutta la verità, nient’altro che la verità” la formula a cui è tenuto il testimone o l’imputato e “rispetto a quanto mi verrà chiesto” è la riserva mentale, in particolare per altre simili circostanze d’“indagine”. Doppia verità, mezze verità… fino alla post-verità.

Per fortuna oggi non fa più male quella verità che la cantante diceva di aver pagata cara a causa di uno sbaglio per il quale nessuno a suo dire poteva giudicarla.

La ricerca della verità poi non appartiene al talk show dove si svolge la disputa e dove non conta chi ha ragione, ma, come in un incontro di scherma (Schopenhauer), chi colpisce l’avversario. Qualcosa può trasparire nell’ebrezza (in vino veritas), qualche rara sortita nei media (la casa dell’“opinione”), nella confessione in punto di morte…

È il mondo stesso falso, per valori, modi di vita, idee, comportamenti. E così, per adeguarsi, si è “costretti” all’ipocrisia. Giù, giù, fino all’ultimo gradino dell’abiezione: mentire a se stessi.


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