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Attualità giovedì 05 luglio 2018 ore 16:45

La famigliola su due ruote e la Vespa dell'attentato

Comincia un piccolo viaggio sui segreti dello scooter più famoso nel mondo tra trionfi e qualche tragedia. Tutto da scoprire.



PONTEDERA — Alzi la mano chi tra gli ultra cinquanta/sessantenni non ha mai viaggiato in piedi sul pianale di una Vespa o seduto e schiacciato tra babbo davanti alla guida e mamma dietro. Fino alla famigliola colta dal fotografo in una celebre immagine in bianco e nero, col babbo che protegge con le gambe il figlio più grande e la mamma seduta dietro con gambe sporgenti e il figlio piccolo in braccio. 

Oggi la famigliola sarebbe super multata e la vicenda finirebbe anche sui giornali, ma allora, l'epoca d'oro della Vespa e della Lambretta, si andava così al mare, in campagna, o dall'altra parte della città o nel paese vicino. Mentre, come vedremo, c'era anche chi viaggiava in vespa tenendo una bomba stretta fra i piedi. Sulla foto della famigliola lo scrittore Giuseppe Lupo ha impostato un romanzo di vita dal titolo "Gli anni del nostro incanto" in cui racconta attraverso questa immagine gli anni del primo boom economico. Il decennio '60 dell'incanto per l'acquisto di una Vespa e del primo televisore, gli anni in cui tutto sembrava bello anche perché ci si accontentava poco. 

Tutto finì, questa la tesi di Giuseppe Lupo, il 12 dicembre del '69 - data simbolo anche dal punto di vista temporale che annunciava la fine degli anni '60 con tutto il loro fascino e a la loro innocenza - quando scoppiò la bomba nella Banca dell'agricoltura in Piazza Fontana a Milano. Ma se in tanti abbiamo viaggiato sul pianale di una Vespa guidata da babbo o dal nonno oppure abbiamo trasportato sul quel pianale, stringendolo fra i piedi, lo zainetto col costume da bagno e l'asciugamano, forse una sola persona al mondo, o forse un solo italiano, ha viaggiato ed ed è morto su una vespa stringendo fra i piedi una bomba. Anzi, un ordigno al tritolo. 

E' una storia strettamente collegata con la strage di piazza della Loggia a Brescia, 28 maggio 1974, otto morti e centodue feriti, per la quale furono condannati alcuni esponenti del gruppo neofascista Ordine Nuovo mentre altri furono assolti. Strage provocata da una ordigno esploso in un cestino dei rifiuti mentre era in atto un comizio antifascista.

MA POCO prima di questa strage un giovane neofascista era morto nell'esplosione della sua Vespa Primavera, sul cui pianale il ventunenne Silvio Ferrari di Ordine Nuovo aveva portato fino a piazza del Mercato un artigianale quanto micidiale ordigno composto da mezzo chilo di polvere da mina e mezzo chilo di tritolo. Ordigno che esplose alle due di notte lasciando sul selciato della piazza una Vespa e un corpo umano dilaniati. Non si sa cosa e perché sia successo di preciso in quell'occasione. Chiaramente quell'ordigno doveva servire per un attentato, come già altri ne erano accaduti anche a Brescia, ma si parlò anche di attentato dei camerati stessi nei confronti del Ferrari. L'esplosione, ecco il collegamento, convinse lo schieramento politico antifascista a convocare per il 28 maggio un'adunata comizio in piazza della Loggia. Con la conseguente strage.  

 (continua)

Mario Mannucci
© Riproduzione riservata


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Mitica Vespa (HD 720p)
Lucarelli - Piazza della Loggia P1

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