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Lavoro domenica 01 giugno 2014 ore 10:30

Autodromo, la parola all'esperto: "Quello di Pontedera è un buon progetto"

Pietro Benvenuti
Pietro Benvenuti

Il volterrano Pietro Benvenuti, direttore del circuito di Imola, commenta il progetto della pista di Pontedera.



PONTEDERA — Passato al vaglio della Regione, ora sotto la lente della commissione provinciale che ha richiesto qualche integrazione al progetto, l’autodromo e motodromo di Pontedera si può dire ormai cosa certa. Un attestato di stima importante e di valore nei confronti dell’ambizioso progetto che sorgerà alla Tenuta Isabella arriva da Pietro Benvenuti, 48 anni, attuale direttore dell'autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola. Benvenuti, da anni in giro per l'Italia (prima era il responsabile marketing del circuito di Misano), ha però solide origini toscane: madre volterrana e padre originario di Partino, frazione di Palaia. “Ho tutt'ora la residenza a Volterra – spiega con un accento che sta a metà fra il toscano e il romagnolo – appena posso torno a casa. Ho studiato a Siena, poi ho lavorato per la ditta di caschi Bieffe a Lucca, dopo a Misano e da gennaio 2012 sono il direttore del tracciato di Imola”.

Chi meglio di lei può parlare di tracciati, storici o ancora da costruire. Ha sentito parlare del circuito di 3500 metri che vogliono costruire a Pontedera?
“Certo, ne ho sentito parlare. La voce girava già da qualche anno. Investire è un bel segnale in questi tempi di crisi sopratutto in un settore come quello automobilistico e motoristico ”.

Che genere di indotto può generare il circuito su Pontedera e la Valdera?
La mia esperienza parte dal circuito di Imola e credo che il modello che abbiamo adottato, fatti i dovuti aggiustamenti, possa essere utilizzato anche in Valdera. Dipende dall'uso che verrà fatto della pista. Faccio degli esempi su larga scala: adesso in Italia proporre un GP di F1 non è conveniente, il circus solo per partecipare vuole dai 15 ai 18 milioni di euro, poi ci sono tutte le altre spese di organizzazione, gestione, sicurezza. A Imola abbiamo accantonato l'idea di ospitare la F1, la lasciamo ai mercati nuovi come Dubai o Qatar. Come eventi di maggior spicco abbiamo la Superbike e la corsa preparativa Le Mans Series, per prototipi. Il lavoro però non è solo dei grandi eventi, anzi, è giornaliero: tenere la pista aperta e viva più giorni possibili, con test, prove (l'anno scorso a Imola ha provato la Toro Rosso), corsi di guida sicura. A Imola facciamo in media due gare al mese, con 3-4000 addetti a lavorare. Se il circuito vive 250-300 giorni all'anno ce la può fare. L'anno scorso abbiamo chiuso il bilancio in pareggio, è stata una soddisfazione. Ecco, il mio consiglio e augurio ai gestori del futuro circuito di Pontedera è di intraprendere un percorso simile”.

Qual è l'impatto ambientale e sui residenti di un circuito da corsa?
“E' un lavoro delicato ma per niente impossibile. A Imola abbiamo concordato con le istituzioni una serie di regole, ad esempio ogni mese lasciamo un week-end libero dai suoni assordanti delle auto. Magari facciamo un corso di guida sicura, con normali auto stradali che non fanno rumore. Inoltre abbiamo comprato, nel tempo, diverse attrezzature per rilevare e controllare l'impatto acustico che il tracciato genera sulla città (a differenza di quello che sarà a Pontedera il tracciato di Imola è praticamente a ridosso del centro abitato, lungo il fiume Santerno, ndr)”.

Quindi in un futuro lei potrebbe tornare a casa e diventare direttore del circuito di Pontedera?
“Per adesso non ci penso per niente. Sono orgoglioso di essere il direttore del circuito di Imola, un asfalto storico, famoso in tutto il mondo. E' un grande onere e parimenti un grande onore. E poi so che il consulente del gruppo costruttore a Pontedera è Walter Sciacca, mio predecessore qui a Imola. Posso dire che siete in buone mani”.


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