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DIZIONARIO MINIMO: Giustizia

di - domenica 15 ottobre 2017 ore 08:00

C’era una volta uno slogan che parlava di “giustizia giusta”, e a me pareva una tautologia, vale a dire la ripetizione, più o meno conscia, dello stesso concetto. Un po’ come quando si dice “bella calligrafia”. Calligrafia viene dal greco καλòς, calòs, "bello" e γραφία, graphìa, "scrittura", quindi bella calligrafia, a saperlo, sarebbe una ripetizione. È che ormai calligrafia ha assunto il significato ordinario di scrittura. All’ordinario o al peggio ci di abitua e questo giustifica il rafforzativo. Anche la giustizia, che dovrebbe già necessariamente essere giusta di suo, ha assunto il significato più comune di applicazione delle leggi e quindi c’è forse un’aggettivazione maliziosa con l’aggiunta della parola “giusta”. Volendo dire che non sempre la giustizia, si applica bene o è così giusta. E in effetti parrebbe di sì. Facciamo un esempio.

Il bagno fascista di Punta Canna non comporta per il suo gestore, Gianni Scarpa, reato di apologia del fascismo. Questa è la strabiliante notizia. Sembra una contraddizione in termini, ma è così. Ricostruiamo la vicenda.

Lo stabilimento balneare sul lido di Chioggia, che ha avuto l’onore di una visita della Digos, è stato trovato tappezzato da cartelli con foto raffiguranti il Duce, “Nonno Benito”, e riportanti frasi inneggianti al regime in cui si dispensavano manganello sui denti, me ne frego, ripudio della democrazia, morte ai tossici, camere a gas, slogan violenti e sessisti ed altre piacevoli, amene “stravaganze”. Io, fascista? Ha dichiarato il signor Scarpa. Io sono per l’ordine, la pulizia e la disciplina. “Condanno il vecchio fascismo, ma ora ci vorrebbe quello nuovo”. E non sono né di destra, né di sinistra. I clienti sono soddisfatti, la spiaggia è ben tenuta, per terra nemmeno una cicca. E poi a casa mia sono liberissimo di esprimere le mie idee. Peccato non fosse propriamente casa sua, giacché trattavasi, ahi noi, di una concessione demaniale.

Manifestazioni di simpatia di Forza Nuova e Casa Pound. Visita di Salvini che offre i legali della Lega a difesa del gestore, denunciato dalla Digos. L’Assessore Regionale Elena Donazzan di Forza Italia propone addirittura una festa “vintage” da tenersi nel bagno di Gianni, dedicata agli anni trenta. Dice, sono curiosa di vedere cosa si “inventerà” il Prefetto. Ha pensato di vestirsi da Margherita Scarfatti, scrittrice e giornalista veneziana, nonché amante del Duce. D’altra parte lei è Assesore alle politiche dell’istruzione della Regione Veneto. Mica pizza e fichi.

In effetti il prefetto di Venezia, Carlo Boffi, dopo il blitz della Digos, si era “inventato” un’ordinanza di rimozione dei cartelli con le foto di Mussolini e gli slogan fascisti, nonché l’intimazione al titolare di astenersi dall’ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia, ai sensi delle leggi Scelba e Mancino. Il Questore, dice, non ne sapeva nulla, mentre il Comune si è attivato per verificare la sussistenza dei requisiti della concessione. Secondo monsignor Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, per Gianni Scarpa bastava “una tiratina d’orecchi”. Troppo baccano sollevato sul caso, scrive “Nuova Scintilla”, il giornale diocesano. Del resto Terry Manfrin, segretario del PD di Chioggia, ha lavorato in quel bagno per pochi giorni, pagato con regolari voucher e anche lui, dice, non si è accorto di niente. Molte cose ci sfuggono, di questi tempi.

In ogni caso, il procuratore capo Bruno Cherchi e la sostituto procuratore Francesca Crupi hanno presentato la richiesta di archiviazione per Gianni Scarpa quanto al reato di apologia del fascismo. Si è trattato solo di "articolazione del pensiero". Vale a dire che Scarpa, con le foto di Mussolini, i richiami all'ordine e alla disciplina e le altre "stravaganze" dello stabilimento balneare, non ha commesso alcun reato. Nessuna apologia del fascismo per la spiaggia fascista. Nessuna violazione dell'articolo 4 della legge 645 del 1952, la cosiddetta legge Scelba. Del resto dicono i pm "a noi non spettano valutazioni politiche sulla vicenda perché non ci appartengono". Meno male, postano i social a supporto di Scarpa, da queste “toghe rosse” c’è da aspettarsi di tutto! Adesso, infatti, l'ultima parola spetta ai giudici.

Effettivamente l’integrità dello Stato non è messa in pericolo dal libero esercizio del pensiero e da quello balneare del signor Scarpa. In mancanza di un ordinamento più preciso, perché ci sia effettiva apologia del fascismo occorre, al momento, almeno uno di questi tre fondamentali requisiti. Che, possibilmente in cameratesca compagnia, si marci su Roma o dintorni, esibendo il saluto romano a braccio ben teso, che però non costituisce aggravante. Che si promuova un’impresa per liberare l’irredenta città di Fiume al grido di Eia Eia Alalà. Oppure che si occupi l’Ambasciata francese reclamando a gran voce: e se la Francia non è una troia, Nizza e Savoia ci ridarà. Intanto Gianni Scarpa ringrazia la Procura di Venezia per la richiesta di archiviazione, “ci hanno visto giusto”, e va giù duro invece con i giornalisti delle testate che, dice, l'hanno preso di mira in questi mesi: “una vergogna indegna, mi fanno schifo”.

Comunque, nell’attesa dello Stato al solito ci ha pensato il mercato a risolvere la situazione. La società “Summertine”, concessionaria del tratto di arenile di Playa Punta Canna a Sottomarina di Chioggia, non ha rinnovato il contratto stagionale, scaduto il 30 settembre, al “dipendente” Scarpa e gli ha dato il benservito. Una decisione, ha spiegato l’amministratore Davide Delle Donne, presa per salvaguardare la “serenità della società”. Suo figlio Andrea dice che si è esagerato con i toni e si è alzato un polverone incredibile quando non serviva. Nella società ci sono lui, un amico e anche la moglie di Scarpa. Lui e l’amico sono giovani e hanno solo interesse a lavorare. Nessuno di noi soci, dice, né tantomeno Scarpa, è iscritto a un partito politico. La nostra non è la spiaggia dei fascisti. A Roma si stavano affrontando determinati argomenti e Punta Canna è servita ad hoc. La cosa è stata ampiamente strumentalizzata a livello politico.

Infatti a Roma, in Parlamento, si sta varando quello che il Movimento 5 stelle con gran parte della destra italiana definisce un provvedimento “liberticida”. Nientemeno che l'introduzione nel codice penale del reato di propaganda fascista! Obiettivo della proposta di legge, che ha come primo firmatario il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano, figlio di Nedo Fiano, ebreo, deportato ad Auschwits e unico superstite di tutta la sua famiglia, al quale invece certe cose non sfuggono, è quello di definire e ampliare le tipologie di comportamento che sono individuabili come apologia del fascismo.

Il reato apologetico è già stato introdotto in Italia dalla legge Scelba del 1952 ed è stato poi rivisto dalla legge Mancino del 1993. Le abbiamo già citate, queste leggi, ma cosa prevedono?

La legge Scelba riconosce come riorganizzazione del disciolto partito fascista il caso in cui “una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. La legge punisce “chiunque promuove od organizza sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista” e anche “chiunque pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista”. E sì che Scelba è stato un democristiano, non proprio orientato a sinistra, che nel dopoguerra si distinse per la famigerata celere e per un neologismo di sua invenzione, il “culturame”. La DC poi, con il governo Tambroni, flirtò, seppur per poco, ma tragicamente, con i missini, eredi naturali del disciolto partito fascista. Però Scelba quella legge la fece.

Introdotta successivamente, la legge 205 del 1993, conosciuta come Legge Mancino, un democristiano galantuomo, punisce chiunque faccia propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale. La legge condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia fascista e vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione ovvero istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza e di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Sono queste le leggi che dovrebbero essere ampliate ed inasprite, dal momento che alcune condotte individuali, presumibilmente neo fasciste, ma evidentemente non riconducibili a nessuno dei tre fondamentali requisiti sopra descritti, sfuggono attualmente alle normative vigenti. D’altronde siamo pur sempre il Paese delle inutili “grida” di manzoniana memoria. Comunque garantisti siamo garantisti. A essere giustizialisti e forcaioli si fa solo il gioco di fascisti, neofascisti e della destra populista. A volte perfino della sinistra populista. E lasciamo perdere il centro. Speriamo allora nella “giustizia giusta”.

Pontedera, 15 Ottobre 2017 


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