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La marsigliese

di - lunedì 23 novembre 2015 ore 06:00

È un po' che non scrivo. E quando non scrivo sento che vengo meno a un dovere o mi privo di un piacere. Non scrivere è come avere un cuore arido, una mente obnubilata, un sesso impotente, un ventre infecondo.

Eppure è di scrivere meno e leggere di più che avrei bisogno. Ma è più forte di me. Scrivo della qualunque, della notte che avanza e scema, del giorno che viene, della luna e delle stelle quando ci sono e quando mancano, del visibile e dell'invisibile, della pioggia che cade e del vento che ci porta, del tempo e della sua deriva, del destino e del caso che sembrano determinarci, del libero o del servo arbitrio, del dio che non c'è, dell'amore e del disamore, della crescita mancata e della decrescita infelice, dell'incivile civiltà che ci governa, del sociale e dell'asociale, dell'ambiente e dintorni, della natura e dell'ingiustizia della terra. Vorrei scrivere leggero, del niente e del tutto. E poi mi dico: anche meno Celati, anche meno.

Questa notte il vento soffia forte e dà voce al bosco, agli alberi della collina e ne scuote le chiome, muove l'aria e le cose e sembra dirci: io sono la natura invincibile e voi siete niente in balia di me. Farà danni questo vento, come noi. Sul terrazzo ho un'oca di legno con ali ruotanti che gira e fa da banderuola, l'ho comprata a un mercatino europeo. Vortica impazzita e simula il volo, ma è ferma ad un pernio. Se ne potrebbe trarre un'indolente metafora riguardo al nostro vivere. L'ho ricoverata in casa per timore che il vento la spezzi e anch'io mi ritiro e mi corico ascoltando la tempesta, mi addormenterò credendomi al sicuro.

Per scrivere occorre avere una storia, sostengono gli scrittori. In realtà bastano le parole: la scrittura è una storia di parole che sono segni che provano a significare qualcosa, a suscitare una sensazione. Le parole sono libere e si associano in un testo come mosse da un vento che soffia, che muove e disfà. E quelle parole sono la scrittura e gli scrittori quel vento.

A volte alcune parole ci interessano, altre meno, come nella musica. Il cieco terrorismo dell'Isis ha colpito Parigi e ovunque nel mondo intoniamo la Marsigliese ed è commovente farlo, è come dire: “Je suis Paris”. La Marseillaise intona "liberté, liberté chérie", ma contiene anche parole sanguinarie e c'è pure una strofa finale dei bambini, les enfants: fu l'inno della Rivoluzione Francese e nella rivoluzione francese ci fu anche il terrore. Ma quell'inno viene da una storia che cambiò la storia e non sono esattamente le parole che cantiamo che ci interessano, le parole che abbiamo tutti nella mente e nel cuore sono liberté, égalité, fraternité.

Ma io fondo scrivo soprattutto del poco. Dell'inconcludenza di esistere. Molto si comincia e poco si conclude e non resta che avanzare con più dignità possibile nei giorni, nel tempo che abbiamo, fino a quando avremo un tempo. Con questo irriducibile e inguaribile convincimento che, nonostante la vita non sia poi granché, possiamo dare un senso al non senso per dire che gli uomini non nascono e muoiono invano.

Treggiaia, 21 Novembre 2015


Inno nazionale della Francia traduzione / sottotitoli in italiano - La Marseillaise
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