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La scissione

di - domenica 29 settembre 2019 ore 10:00

È arrivata la scissione, mamma mia che confusione! A Pontedera si diceva dell’alluvione del ‘66 e si aggiungeva: “state fermi, state boni che ci pensa Maccheroni”. Che era il Sindaco de’ Pontaderesi. Oggi al tormentone della scissione si potrebbe aggiungere: “state uniti, state stretti che ci pensa Zingaretti”. Il Segretario, non il Commissario. Matteo Renzi, dopo aver contribuito all’apertura verso i Cinque Stelle e dopo la formazione del governo giallo rosso, è uscito dal PD per sottrarsi al “fuoco amico”, dice lui, e, sopratutto, per varare una nuova formazione politica che ha chiamato “Italia Viva”.

A me “Italia Viva” ricorda un’altra cosa di Pontedera. C’era una volta un pescivendolo, anzi un pesciaiolo, come si dice qui, Rigoletto, che aveva il banco del pesce e, per propagandare la merce, urlava con voce roca sul mercato, quando era ancora in centro: “anguille, acciughe belle vive, donne venite, c’ho le triglie co’ baffi!”. Ora, tralasciando le triglie co’ baffi che forse era un ammiccamento d’altro tipo, le acciughe saranno state fresche, ma vive no di certo, se no come faceva a venderle? Le anguille magari mantengono una certa vitalità, ma, dopo, pure loro fanno una finaccia. Anche se Montale diceva che erano nostre sorelle perché era un poeta. Così l’Italia Viva di Renzi mi fa pensare che bella viva non deve proprio essere, povera Italia, per chiamarla così. Del resto pure la sora Itala che aveva la merceria sul Corso è defunta da tempo e ora è chiusa anche la bottega. E cosi mi vengono in mente le acciughe alla povera, l’occhio della triglia moribonda e l’iridare delle sue scaglie, nostra sorella anguilla che si contorce: “Italia bella viva, venite, c’ho le triglie co’ baffi!”, scandito con accento fiorentino piacione, che tutti capiscono.

Renziano non sono mai stato e questo accostamento non c’entra nulla, anzi è politicamente scorretto, ma questa è la rubrica. Però massimo rispetto. È una scelta. Siamo in democrazia, dopotutto o seddiovole, e staremo a vedere. Voglio solo dire una cosa o due.

La prima è che da più parti sento rendere omaggio alla “chiarezza”, sia da chi ha operato la scissione, sia da chi l’ha subita. Finalmente! Era nell’aria! Si sapeva! Era ora! E anche chi, renziano, giurava che mai sarebbe avvenuta, che era un’illazione di prevenuti o giornalisti -che spesso è la stessa cosa- ne prende atto dispiaciuto, rassegnato e, alla fin fine, sollevato. Ecco questa mi pare una grande bischerata. Ma come? Ci s’era messo così tanto a comporre i diversi orientamenti ideali, sociali e politici! Si erano unite persone per bene e di progresso che ormai stavano divise solo per partito preso e ora si torna, puri e duri, alla divisione, alla divergenza di principio! Che, spero, non sia il principio della fine. “L’unità” è stata la nostra migliore invenzione. E perché mai si dovrebbe perseguire la chiarezza a scapito dell’unità? Si può essere chiari anche restando uniti. Patti chiari e amicizia lunga, si dice infatti e non a caso. A me sarebbe piaciuto che Renzi fosse restato e pure D’Alema e spero che il PD rimanga comunque un partito plurale, orientato a sinistra.

A Pontedera c’è stato in questo senso un laboratorio, antesignano anche dell’Ulivo di Prodi, che varò diversi anni fa un’esperienza amministrativa, tuttora in corso, di centrosinistra. E non col trattino, come Massa-Carrara, ma tutto attaccato, come Pontedera. Appunto. E ora? Rifacciamo una sinistra e un centro, partendo tra l’altro dalle spoglie di un Partito Democratico che raccoglie solo il 20% circa dei consensi? Speriamo bene, perché l’estinzione è un rischio da cui la politica liquida dei tempi non lascia immune nessuno. Nessuno che non sia più capace di rappresentare valori, aspettative, interessi sociali, ambientali ed economici diffusi. Quando invece occorrerebbe contrastare la deriva di estrema destra che in Italia, in Europa e nel mondo, è forte, perché populismo e sovranismo sono risposte facili, anche se sbagliate, alla crisi della globalizzazione dei mercati.

E poi voglio dire un’altra cosa. Lo scenario politico che si apre -o si chiude- in Italia è quello del sistema proporzionale. Anche Renzi, che pure predica il maggioritario, di fatto razzola nel proporzionale. E tutti, più o meno. Tranne forse Salvini, il sovranista, che è rimasto a schiccolare il rosario, santiando contro l’Europa vessatrice, l’immigrato invasore e il Conte traditore. Ma siamo proprio sicuri che la prospettiva proporzionalista sia la più indicata per il nostro Paese? A parte il fatto che non si può supplire alla carenza di sostanza della politica con la tecnica dei sistemi elettorali, varrebbe la pena di rifletterci su.

Il nostro sistema elettorale è un ibrido promiscuo tra maggioritario e proporzionale, sterile come il frutto dell’accoppiamento tra un asino e una giumenta: un mulo, insomma. Non è il proporzionale tedesco con forte sbarramento, né il maggioritario inglese e nemmeno il sistema a doppio turno francese. Quest’ultimo somiglia vagamente, semmai, al sistema elettorale vigente per i Comuni, con l’elezione diretta del sindaco. E dobbiamo riconoscere che per i Comuni funziona piuttosto bene. Estenderlo al paese però comporterebbe una modifica significativa della Costituzione. E una riforma dei ruoli del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro e del Parlamento. Ruoli oggi, per la verità, non so quanto compresi e chiari. Nelle democrazie mature, con la crisi e la frammentazione della politica, entra in crisi il concetto stesso di democrazia. Che però, come ebbe a dire Churchill, il quale contribuì non poco alla vittoria della seconda guerra mondiale e subito dopo non fu rieletto, non è sostituibile con un altro sistema. In effetti non ne esiste altro migliore, i sistemi dittatoriali o autoritari facendo tutti schifo. Semmai si tratta di riavvicinare il sentimento, la comprensione, la funzione stessa della democrazia agli elettori e ai cittadini, in altre parole al popolo. Pena l’incorrere nel populismo, che anche quello fa piuttosto schifo. Perché anche il popolo sovrano, diciamo la verità, da Mussolini, a Hitler, passando per Peron, ne ha fatte più del baccellino.

Il sistema proporzionale è probabilmente il migliore per rappresentare, ma non per governare. E certo che per governare bisogna rappresentare, ma governare non è l’unico modo di rappresentare. E viceversa. Il Generale De Gaulle, a proposito della Francia, si chiedeva come fosse possibile governare un paese che ha duecento quarantasei varietà differenti di formaggio. Secondo le stime dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale in Italia di formaggi ne abbiamo quattrocento tre. Tirate voi le conclusioni. Di Renzi avevo condiviso pienamente il progetto di riforma istituzionale monocamerale e perfino, pur con dubbi, l’impianto elettorale maggioritario.

Nel fosco fin del secolo morente Mariotto Segni, anche raccogliendo il livore trasversale contro partiti e politica, fu protagonista di una stagione referendaria controversa. Craxi dette la famosa indicazione di andare al mare. Ma gli italiani forse preferirono la montagna o una gita fuori porta e a votare c’andarono e votarono a favore, aprendo la strada al superamento del proporzionale, verso il maggioritario. Ma quella strada s’è persa in un ginepraio e sarebbe ora di sfrondarne il corso e capire dove potrebbe portare. Necessariamente a destra?

Con il proporzionale bisogna riabituarsi ai partitini, alle logiche spartitorie, alle coalizioni sofferte e intercambiabili, alle cadute e ripartenze dei governi. Anche nella prima Repubblica ce ne furono moltissime di crisi governative. Ma allora c’erano partiti a larga base popolare, per il PCI esisteva una conventio ad escludendum internazionale, gli ex fascisti venivano, giustamente, isolati e la DC succedeva di fatto a se stessa, ciò garantendo, nel bene e nel male, una continuità di governo. Oggi, sempre nel bene e nel male e nessun rimpianto, non è più così.

Italia Viva, ora come ora, divide e indebolisce al centro il PD, non si sa di quanto. Come hanno già fatto, improvvidi, a sinistra i sinistri della LEU. Forse farà crescere il centro sinistra -senza alcun trattino d’unione- e nemmeno in questo caso sappiamo di quanto. Certo, Renzi assume così un forte potere d’interdizione sul governo e la politica che fa somigliare Italia Viva al PSI di Bettino Craxi, con tutti i dovuti distinguo.

Ho una gran confusione in testa: sento che la bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna e, in questo tempo che frastorna, non so più chi va e chi resta. Per scomodare Montale. Ma lui, s’era già detto, era un poeta. Magari, invece, andrà bene così. Moltiplicazioni tramite divisioni le tentarono i comunisti, i socialisti italiani e, primo fra tutti, nostro Signore Gesù. Però, ripercorrendo la storia, dovremmo ricrederci e constatare che solo a Gesù Cristo riuscì un miracolo duraturo, dividendo e moltiplicando pani e pesci. Ma lui dette anche prova di sé trasformando l’acqua in vino e poi, sempre a crederci, resuscitando i morti e se stesso. Renzi chissà. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 29 Settembre 2019


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