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Sistema istituzionale e democrazia in Italia

di - venerdì 19 giugno 2015 ore 19:33

Sono passate quasi tre settimane dallo svolgimento delle elezioni regionali. Tre settimane in cui è già successo molto e in cui diverse questioni ci permettono di fare una riflessione sul futuro della sinistra italiana e del nostro Paese.

Il risultato elettorale amministrativo ci pone una questione di fondo che riguarda il sistema istituzionale e la democrazia nel nostro Paese.

Il distacco profondo tra cittadini e istituzioni e' un processo in atto già da tempo. Se prendiamo i dati di affluenza negli ultimi vent'anni ci si accorge che mentre prima i livelli di partecipazione erano più alti alle amministrative (si votava insieme in comuni, provincie e regioni) e più bassi nelle consultazioni europee e politiche, oggi accade esattamente l'opposto. Le ragioni sono molteplici ma ritengo prioritari due elementi: uno relativo alla comunicazione, al sempre maggiore impatto dei mass media e soprattutto alla nascita e alla diffusione del web, che cambiato il rapporto tra politica e cittadini, permettendo una diffusione capillare delle consultazione, incidendo quindi sulla partecipazione, un altro, consequenziale al primo, la profonda crisi della democrazia e di tutte le forme di rappresentanza, partiti in primis, ma anche sindacati , categorie economiche, espressioni dell’associazionismo.

Di fronte a questo quadro si evidenzia nella sua drammaticità l'esigenza ormai impellente di una riforma complessiva dello stato e degli strumenti di partecipazione. C’è bisogno di un vero progetto di riforma, l’unico dotato di una visione complessiva delle istituzioni era quello della bicamerale di D’Alema nell’ormai lontano 1998, dopo il suo fallimento se ne sono avute solo di parziali e incomplete, dalla riforma del titolo quinto del 2001 fino all'ultima sulle provincie. Il sistema democratico risulta indebolito, riforme parziali, come appunto quella sulle provincie, provocano solamente un aumento della burocrazia e poca certezze nelle competenze e nelle funzioni dei vari livelli istituzionali, generano la percezione di uno stato centrale accentratore ma debole e il distacco tra regione e regione e tra territori e territori. 

La crisi economica e sociale non si supera se non cambiamo il sistema istituzionale e ridefiniamo funzioni e responsabilità ai vari livelli.

Per molto tempo abbiamo pensato che riforme istituzionali e costituzionali fossero separate dall'economia, dallo stato sociale, dall'azione di governo: abbiamo commesso un grave errore. La questione è totalmente politica, riguarda una classe dirigente che purtroppo spesso è stata più attenta a mantenere il proprio ruolo che a lavorare su chi questo ruolo dovrà assumerlo in futuro, atteggiamento che è diventato elemento di freno per un processo riformatore complessivo.

La strada che abbiamo di fronte e' molto difficile e complessa, la nostra Regione avrà di fronte a sé tre questioni ineludibili; la riforma del sistema istituzionale locale che deve cambiare, il rafforzamento dei servizi come traino alla competitività del sistema produttivo, e un’attenzione costante allo stato sociale. Tre questioni non semplici da affrontare alla luce della diminuzione delle risorse a disposizione (negli ultimi cinque anni il bilancio della regione passa da 2.3 miliardi di euro a 1.6 miliari di euro, mentre la sanità ha mezzo miliardo in meno su circa 8 miliardi ). 

Già altre volte ho scritto che per affrontarle con determinazione ed efficacia va messa in discussione la classe dirigente: il risultato non e' scontato, ma deve essere chiaro che in gioco è il futuro dei nostri figli.


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