Coincidenze e Lorenzana
di - venerdì 03 aprile 2015 ore 11:05
COINCIDENZE
Questa la devo scrivere, prima che mi dimentichi, che tutto svanisca, la devo scrivere.
Ho comprato di recente, in rete, alcuni album di Bobo Rondelli, non so perché: è un cantautore livornese contemporaneo, segue le orme di Piero Ciampi, altro geniale artista labronico degli anni sessanta che scriveva belle canzoni. Una fu portata al successo dalla casta Gigliola Cinquetti, ma Ciampi visse una vita di eccessi, di donne e di sbronze e ne morì giovane. Programmavo Rondelli quando mi occupavo di spettacoli per l'Arci di Pisa alle feste dell'Unità: cantava e suonava allora nell'Ottavo Padiglione, un complesso rock, anni ottanta che prendeva il nome dal padiglione di psichiatria, l'ottavo appunto, dell'ospedale di Livorno. Avevo riascoltato Rondelli al teatro "Era", pochi anni fa, invitato dalla Fondazione Charlie per il premio "Le voci di Charlie", il telefono amico: un telefono che aiuta le persone in disagio.
Rondelli è bravo con la voce e la chitarra, imita alla perfezione il grande Mastroianni, parlò delle pale eoliche di Pontedera che paragonò a Rotterdam. In effetti quando decidemmo di installare gli aerogeneratori andammo proprio a Rotterdam, in Olanda, per visionare quegli impianti con la ditta installatrice.
Ieri, a casa, ascoltavo Rondelli, la canzone "L'albero" dall'album "L'ora dell'ormai". L'avevo già sentita con l'ascolto distratto che riserviamo alle canzoni. Ma ieri un verso mi ha colpito, mi sembrava di aver sentito la parola "Annina". Un flash, un'associazione di idee mi hanno ricordato il tema di una raccolta di poesie di uno dei miei autori preferiti, Giorgio Caproni, un poeta scomparso e troppo in fretta dimenticato di cui ci eravamo occupati molti anni fa con la rivista di letteratura "Ghibli". Anche Caproni, devo ricordare in questo racconto di coincidenze, era di Livorno, come altra coincidenza è rappresentata dal fatto che, altrettanto di recente, io abbia acquistato il libro di tutte le sue poesie. Così mi è stato facile consultare il testo e cercare nella raccolta di versi dedicati alla madre, Anna Picchi, Annina, la poesia "Ultima preghiera" ed eccola la canzone che ascoltavo. Avevo intuito bene, anche se credevo di aver sentito "Annina", mentre Rondelli cantava in realtà "Anima mia". Infatti così recitano la canzone e la poesia.
Anima mia, fa in fretta
ti presto la bicicletta,
ma corri. E con la gente
(ti prego, sii prudente)
non ti fermare a parlare
smettendo di pedalare.
Arriverai a Livorno
vedrai, prima di giorno
Ricorda un po' "Perch'i' no spero di tornar giammai" di Guido Cavalcanti. La canzone però inizia con altri versi, non contenuti in quella "Ultima preghiera". E allora ho pensato, vuoi vedere che Rondelli nel suo omaggio a Caproni ha citato un'altra poesia dell'illustre concittadino? Quale, mi sono chiesto. Ho scorso l'indice, ho visto una dedica: "a Rina". Così si chiamava mia madre! Non è possibile. Ho aperto il libro alla pagina indicata da quella dedica e mi è apparso proprio l'incipit della canzone.
Senza di te un albero
non sarebbe più un albero.
Nulla senza di te
sarebbe quello che è
Mia madre Rina morì a quarant'anni, un male se la prese. Che significa questo, se significa qualcosa? Una serie di transfert angosciosi in un momento difficile della vita in cui temo per un mio figlio? Un mio colpevole e indolente rimpianto? La mamma moriva e io quasi mai andai a trovarla nei vari letti d'ospedale - ricordo ancora i rimproveri di mio padre - e la rividi, irriconoscibile, in ultimo, nel letto di casa. Era una bella donna nella mia memoria e nelle rare foto della mia infanzia. Vigliaccamente non volli vedere il suo dolore, non la piansi, come avrei dovuto. Ero un giovane sciocco, avevo diciotto anni. Un monito per me, dunque? Forse.
In ogni caso tutto ciò che ho descritto risponde a verità, così è avvenuto. E in fondo è niente. Però è incredibile come si svolga la vita e come dal passato al presente ci sopraggiungano richiami ed echi. Chissà cosa guida il caso e se un'anima ci sorveglia negli eventi e nel destino delle nostre solitudini.
4 marzo 2013
Marco Celati
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LORENZANA
Poche case, una chiesa, la torre campanaria,
il municipio, le nuvole sul poggio.
Qua il vento si sente, dicono, viene dal mare
piega le chiome degli alberi a frusta.
Cosa porta la gente ad andare e restare
è difficile dire.
Il lavoro dei campi si vede
e un ingegno di tetti e mattoni e si avverte
la presenza animale del mondo:
la gallina, l'uccello, il cane che latra,
la cicala meridiana ed il grillo,
la mosca che ronza noiosa,
la più bestia di tutti che è l'uomo.
E dal poggio, fin dove arriva la vista,
ogni cosa declina nel nulla,
dove si perdono tutte le colline,
tutti i campi bruciati e gli amori.
28 Novembre 1997