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Attualità lunedì 15 agosto 2022 ore 08:07

Luci della città

Dalle considerazioni di Michelucci a quelle di Weil, da quelle di Frankl a Chaplin, le riflessioni di Giuseppe Cecconi sulle luci pubbliche Pontedera



PONTEDERA — “Il cielo notturno, con le stelle e per pochi giorni al mese con la luna piena, è una patria che nessuno può strappare ad alcun essere umano – niente tranne ahimè quattro mura di pietra e un chiavistello” scriveva Simone Weil alle sue alunne. Ecco, nelle città di oggi, con l’inquinamento ottico, noi siamo in questo carcere di pietra.

Secondo lo psicanalista Vicktor Frankl, noto anche per la sua tecnica contro le fobie, nei momenti di depressione, per uscirne è sufficiente guardare il cielo stellato. Questa via di fuga nelle città troppo illuminate, oggi non c’è più.

Ammoniva l’architetto Giovanni Michelucci: “Di notte i monumenti, alcuni monumenti, i più famosi, sono illuminati da potenti riflettori. La luce vi converge, li isola, suscita effetti magici, richiama violentemente l’ammirazione del passante: tutt’intorno l’oscurità è accentuata: siamo di fronte a uno spettacolo in cui il monumento è l’attore. Il monumento è già servito, la sua forma è alterata, chiaroscuro e unità si sono perduti, tutto è diventato cartone. I riflettori che accecano di notte, si vedono di giorno appollaiati in gruppi neri e tristi come uccellacci, e danno un senso di disordine e di provvisorio.”

Questi fari a Pontedera disturbano un pochino chi voglia sedersi sulla fontana di Piazza del Duomo; davanti alla Misericordia, dove i volontari le sere d’estate sogliono star seduti a frescheggiare, i fasci di luce che partono dal marciapiede sono stati per fortuna oscurati. Alcune sculture luminose della città, belle di notte, il giorno sono irriconoscibili, ed appaiono estranee alla vita che si svolge d’ intorno. Invece il muro di Baj, a mio giudizio, di giorno, senza i fari puntati, è più bello. Quando passano i treni sulla massicciata che la sovrasta, quest’opera d’arte si anima tutta, per cui si potrebbe pensare a un marchingegno che la illumini ogni qual volta che sfrecciano dei convogli sui binari. In Piazza Garibaldi ci sono tutt’intorno dei moderni lampioni, che per fortuna non vengono mai accesi, e la luce soffusa che c’è la notte, non viene intaccata. Le panchine di marmo, certe sere, sembrano riflettere il chiarore della luna. Tutto ciò rende la Piazza bellissima. Invece nell’area della Stazione l’illuminazione è forte, come a segnalare che la zona non è tranquilla, per cui non ci possono essere angoli bui dove dei malandrini potrebbero nascondersi. È un’illuminazione che sembra aver per scopo la sorveglianza.

Nel film di Chaplin Luci della città sono certi personaggi pieni di straripante umanità, che illuminano la vita che si svolge nelle strade. Il protagonista è un clochard,che intenerisce per il modo poetico con cui cerca di rendersi utile al suo prossimo. Egli salva la vita a un uomo facoltoso, da cui riceverà il denaro per aiutare una ragazza cieca a farsi operare per riacquistare la vista. Finché la ragazza non può vederlo, egli fingerà di essere un uomo ricco ed elegante. Poi scomparirà, ma quando per caso la incontra di nuovo, vergognandosi dei suoi vestiti rattoppati, finge di non conoscerla cercando di allontanarsi. Ma lei insiste per dargli una monetina di elemosina, e toccandogli la mano, capisce che è il suo benefattore. “Tu?” gli dice, “Sì” risponde Chaplin. La ragazza con i suoi occhi può ora vedere la verità nascosta dalle false apparenze. La città si illumina d’immenso.


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