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Attualità sabato 15 febbraio 2020 ore 18:57

Il racconto di Camilla, tornata dalla Cina

Una fase dei controlli (foto dal blog di Camilla Fatticcioni)
Una fase dei controlli (foto dal blog di Camilla Fatticcioni)

La giovane sul blog ha fatto un resoconto dettagliato del viaggio di ritorno: "Dentro la stazione eravamo tutti uguali, volti senza espressione"



CAPANNOLI — Con un post intitolato "La mia partenza", la capannolese Camilla Fatticcioni ha raccontato sul suo blog il ritorno dalla Cina all'Italia. Di lei avevamo già parlato quando scrivemmo di "una Toscana che racconta l'allarme Coronavirus dalla Cina".

Il racconto di Camilla, aspirante scrittrice, rende perfettamente la situazione che si vive in Cina. Ci sono passaggi nel racconto del ritorno di Camilla in cui il mondo cinese sembra super sterilizzato, vuoto, silenzioso, timoroso.

La giovane capannolese si trovava a Hangzhou, che dista quasi 800 chilometri da Wuhan, la città da dove si è diffuso il virus.

Di seguito qualche estratto del racconto: 

"Ho lasciato alle spalle i cancelli della mia università. Dopo quasi 12 giorni trascorsi dentro le stanze di un dormitorio la mia testa aveva iniziato a fare fantasie su quello che poteva essere la situazione fuori: influenzata dalle notizie e dalla preoccupazione dei miei genitori a casa avevo quasi paura ad uscire da quel mio nido sicuro. A causa dell’emergenza Coronavirus ero stata costretta ad una lunga quarantena dentro la stanza del mio dormitorio: le mie giornate ad Hangzhou iniziavano verso le due del pomeriggio, ma erano lunghe ed addolcite solamente dalla compagnia di chi, come me, cercava di vivere quella strana situazione con una nota di ironia. Non so che cosa mi abbia spinto alla fine a cercare un altro volo per andare via: in fin dei conti mi ero abituata a quella strana realtà sedata dalla convinzione che le cose si sarebbero rimesse in fretta...

...Ho lasciato la Cina a malincuore - ha scritto Camilla - con le lacrime agli occhi ed un’espressione preoccupata nascosta sotto la mascherina tirata su fino sopra al naso. Ho salutato i pochi amici rimasti, fatto le valige molto velocemente e comunicato alla scuola la mia partenza..

...Ho preso un taxi per arrivare alla stazione di Hangzhou: la donna al volante con ben due mascherine alla bocca ha iniziato a farmi le solite domande sulla mia provenienza, a complimentarsi per il mio cinese e a dirmi di fare attenzione a questo nemico invisibile chiamato Coronavirus. È stato bello scambiarci quelle poche battute durante il veloce tragitto in strade semi deserte dove gli autobus giravano vuoti e le poche persone fuori avevano la bocca nascosta da una mascherina, ma le emozioni ben impresse nei loro occhi. Il mio è stato un viaggio colmo di ansia, anche se in realtà è stato uno dei viaggi più semplici e privi di ostacoli che abbia mai fatto: treni in orario, stazioni vuote e nessuna fila o corsa contro il tempo.

Non ho riconosciuto più la Cina a cui ero abituata...

...Mi è stata misurata la temperatura all’ingresso in stazione: gli addetti a tali controlli vestivano delle tute celestine che coprivano ogni angolo del corpo e delle mascherine agli occhi, vestiti così sembravano pronti ad effettuare qualche esperimento nucleare, quando invece il loro compito era un semplice leggere dei numeri sopra un monitor. 

Dentro l’immensa stazione di Hangzhou eravamo tutti uguali, volti senza espressione...

...Ho continuato il mio silenzioso viaggio verso l’aeroporto in taxi: questa volta il tassista non era in vena di chiacchiere ed ho passato quell’ora e mezzo di viaggio ad osservare la fioca luce del sole sparire lentamente tra le scure ombre dei grattacieli, dando spazio ad una grande luna rossa in cielo. Ho sentito il silenzio della vita di una città soffocata dentro le quattro mura di un appartamento...

...Molte delle persone sul mio stesso volo erano studenti di varie nazionalità: l’aeroporto di Mosca è uno dei pochi che ancora ha contatti con la Cina e la compagnia Aeroflot è la sola compagnia non cinese che vola anche durante questa emergenza da Shanghai. In fila per il check-in c’erano anche molte famiglie di nazionalità cinese con bambini piccoli, così come molte persone anziane, quelle più colpite da questa nuova malattia: tutti in fuga? O semplicemente in viaggio?..."

L'intero racconto è disponibile cliccando qui.


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