Attualità giovedì 07 agosto 2014 ore 18:56
Da quattro mesi imprigionato in casa
Marco attende una sedia a rotelle dalla Asl5. All'ufficio protesi non rispondono al telefono, per mail dicono di non avere fogli inoltrati dal medico
PECCIOLI — Marco Coffaro è amareggiato, deluso e tanto arrabbiato. Ma non è certo uno che si dà per vinto. E anche se è infermo, bloccato nella sua poltrona di salotto, con internet e il computer sempre accesi – e si definisce “imprigionato in casa” – lotta con tutte le forze per cercare di vincere la sua nuova battaglia: quella con la burocrazia. Combatte, Marco, per mettere in luce - parole sue - “lacune e inadeguatezze di un sistema”. Nel caso specifico, quello dell’Ufficio Protesi dell’Asl 5 che tarda a corrispondergli ciò di cui ha urgente bisogno: una nuova carrozzina attrezzata, in sostituzione della precedente (non più adatta alle mutate esigenze personali e di salute) per poter almeno uscire dalla “sua prigione”.
Marco è tetraplegico, con un’invalidità al cento per cento, ha 49 anni e vive con la moglie Caterina in via Garibaldi, poco fuori del centro storico di Peccioli. Sette anni fa gli fu diagnosticato un tumore alla colonna vertebrale. E da allora è stato un crescendo di problemi. Due operazioni al Cto di Firenze, una nel 2007 e un’altra nel 2012 (peraltro riuscite) non hanno portato a grandissimi benefici: ma andavano fatte per non far peggiorare la già precaria condizione di salute. Qualche miglioramento tuttavia si è registrato. Poi la situazione è precipitata. Il 19 aprile scorso, la sera di Pasqua, il dramma: cedimento della colonna vertebrale. Risultato? Marco da allora è completamente paralizzato dalla vita in giù. E non riesce più muoversi.
“Prima di quell’episodio, grazie alle stampelle e all’aiuto di una persona, almeno riuscivo a camminare. E anche a salire, tramite una piccola gru, sulla precedente carrozzina, che per cinque anni mi ha fatto compagnia, permettendomi di uscire di casa e sentirmi un po’ più libero, quasi una persona normale”, dice Marco Coffaro.
Ora però quella carrozzina non va più bene, ne serve un’altra più adatta alle mutate condizioni. Ed è qui che comincia il calvario, fatto di inutili attese al telefono e di uffici pubblici che non rispondono.
Marco racconta così la sua odissea: “Ho seguito tutta la procedura burocratica prevista. Il medico che viene a casa, compila la richiesta e la manda immediatamente all’ufficio protesi dell’Asl 5 per il visto di fornitura. Dopo un po’ provo a chiamare l’ufficio, e lo faccio per due giorni di seguito, per sollecitare l’intervento: impossibile parlare con un operatore, la voce dall’altra parte è registrata e dopo un po’ cade anche la linea. Riprovo, niente. Allora scrivo un’email per chiedere informazioni sullo stato della mia pratica, avviata con la visita domiciliare (in quanto io non sono trasportabile con i comuni mezzi) effettuata dal dottor Di Batte il 30 luglio”.
La replica dell’ufficioprotesiaziendale@usl5.toscana.it, non tarda ad arrivare, ma per Marco è più che una beffa: “Buongiorno, non risulta ancora arrivata pratica a suo nome”.
Risponde Marco: “Il dottor Di Batte, del Centro Riabilitazione di Fornacette, mi aveva assicurato che per la fornitura da parte dell’asl di una carrozzina elettrica, avrebbe girato immediatamente a Voi, ufficio preposto, la mia Urgente pratica per l'espletamento celere da parte vostra della documentazione necessaria per poter avere questo ausilio, a me fondamentale per non rimanere imprigionato in casa”.
Riuscirà Marco Coffaro, invalido totale, a vincere la sua battaglia con la burocrazia, coi permessi, i timbri, le autorizzazioni e con quello che lui stesso definisce “il muro di gomma”?
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