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Attualità mercoledì 11 settembre 2019 ore 06:30

"Quell'11 settembre ero a New York"

Savoia nel suo studio, con una foto delle Torri Gemelle
Savoia nel suo studio, con una foto delle Torri Gemelle

Il pontederese Francesco Savoia nell'estate 2001 fece una vacanza-lavoro negli Usa, ospitato, insieme alla nonna, da parenti americani. I suoi ricordi



Sono passati 18 anni da quel giorno, quello che chiunque fosse vivo e cosciente ricorda. Ricorda dove era e ricorda cosa stesse facendo quando apprese che degli aerei stavano volontariamente schiantandosi contro edifici negli Stati Uniti: "Sono corso verso un incrocio dal quale avrei dovuto vedere la sagoma delle Torri Gemelle. Mi vengono i brividi ora che ci ripenso. Invece delle torri tutto era avvolto da un denso fumo scuro… fino a che ho visto in diretta un lampo di colore rosso/arancio. Un secondo aereo si era abbattuto sull’altra torre".

Francesco Savoia quell'11 settembre 2001 era in America, vicinissimo alla grande Mela. Savoia oggi ha 37 anni, è avvocato e lavora a Pontedera, dove è molto conosciuto. 

Ci ha raccontato i ricordi di quel viaggio di diciotto anni fa, fatto insieme alla nonna: "Sono atterrato all’aeroporto internazionale di Newark il 5 agosto 2001 per trascorrere una vacanza-lavoro dopo aver superato positivamente l’esame di maturità. Con me c’era mia nonna paterna, Concetta… Si perché in America vivevano suo fratello e sua sorella, oltre ad un ragguardevole numero di figli, nipoti, cugini (tra i quali i parenti che mi hanno ospitato), e quando le ho detto che sarei partito non si è lasciata sfuggire l’occasione ed ha approfittato della mia compagnia per quella che, stante la sua età, 76 anni, è stata l’ultima occasione di rivedere i suoi parenti".

Savoia, nel mezzo la nonna, e accanto a lei una parente americana che lavorava in un'agenzia di viaggi

Quindi quell'11 settembre eri a New York? "Non proprio a New York… Nella mia permanenza negli Stati Uniti sono stato principalmente nel New Jersey: sono stato ospitato in una cittadina molto tranquilla di nome Parsippany City, dove vivono alcuni miei parenti. Facevo la spola tra Jersey City, dove vivevano altri miei parenti e Newark, dove ho lavorato in una pizzeria che si chiama Queen Pizza (dove è stato girato anche un episodio de I Soprano, ndr)”.

La pizzeria dove Savoia ha lavorato nel 2001 esiste ancora, come conferma Google maps

Dove ti trovavi al momento degli attacchi terroristici? "Ero nella pizzeria dove lavoravo, a Newark, a poco meno di 5 chilometri in linea d’aria da Manhattan. Avevo da poco telefonato a mia madre, come facevo tutti i giorni intorno alle 8,30 di mattina (le 14,30 in Italia). Poco prima delle 9 mi richiamò chiedendomi come stavo, perché i Tg e le trasmissioni italiane avevano dato un annuncio spaventoso: un aereo si era schiantato sulle Torri Gemelle. Dopo averla rassicurata sono uscito e sono corso verso un incrocio poco distante dalla pizzeria, dal quale si vedeva la skyline di Manhattan, o meglio, dal quale avrei dovuto vedere la sagoma delle Torri Gemelle e degli edifici più alti. Mi vengono i brividi ora che ci ripenso. Invece delle torri tutto era avvolto da un denso fumo scuro… fino a che ho visto in diretta un lampo di colore rosso/arancio. Un secondo aereo si era abbattuto sull’altra torre".

Quindi hai visto in diretta, con i tuoi occhi, il secondo aereo? "In pratica sì, ma più che l’aereo vidi un bagliore rossastro”. Avesti paura? “Più che paura le prime sensazioni furono incredulità e sgomento. Tutte le città limitrofe, compresa Newark, si popolarono quasi subito di ambulanze, personale e mezzi di soccorso, ma si percepiva chiaramente che nessuno era preparato ad una cosa del genere. Poco dopo ho iniziato a preoccuparmi per mia nonna… La sera precedente mi aveva detto infatti che suo fratello l’indomani mattina sarebbe andato a prenderla per andare a Brooklyn, ma non sono riuscito a sentirla perché nessuno dei due aveva il cellulare. Ho dovuto attendere fino a tarda sera perché si riuscissero a mettere in contatto con noi: i due infatti erano passati sotto le torri circa 10 minuti prima dell’attentato e sono poi rimasti bloccati fino a sera per il traffico congestionato a causa del fuggi fuggi generale".

"Le ore dell'attentato le ho vissute restando in pizzeria fino a tardo pomeriggio, attendendo notizie da mia nonna e dagli altri miei parenti. Newark era il posto più vicino al di là del fiume Hudson, dal quale pensavamo che avremmo potuto fare qualcosa".

E come è stata la tua reazione nelle ore e nei giorni dopo: "Mi ero da poco abituato a vivere in un contesto molto diverso dal nostro, avendo superato pian piano gli ostacoli di carattere linguistico ma anche di stile di vita, imparando anche ad amare quelle nuove abitudini. Abitudini di un popolo multietnico eppure unito da un’identità comune molto forte, che si è visto distruggere, oltre alla vita dei propri cari, il simbolo della propria civiltà, del progresso raggiunto, del proprio credo nazionale invidiato in tutto il mondo. Serbo nel cuore proprio questa sensazione, l’aver toccato con mano il grande senso di incredulità, di impotenza, talvolta di fallimento provato da una comunità che mai avrebbe creduto possibile una cosa del genere. Credo che comunque, passato lo spavento iniziale, il popolo americano si sia subito reso conto che niente sarebbe stato più come prima".

Prima del crollo eri riuscito a salire sulle Torri Gemelle? "Non ci sono riuscito, le ho viste passandoci vicino in taxi, ma non ci sono salito. Avevamo programmato due visite di Manhattan, e le Torri Gemelle erano previste nella seconda".

Dopo 40 giorni di vacanza-lavoro e quattro giorni dopo l'attentato tu e la nonna siete riusciti a tornare in Italia.. "Abbiamo avuto fortuna, in quanto il primo volo internazionale decollato dall’aeroporto di Newark è stato proprio il nostro verso Malpensa, previsto per il 15 settembre. Vista la situazione, non credevo comunque che saremmo rientrati con il volo programmato… Una nipote di mia nonna, che lavorava in un’agenzia viaggi, mi chiamò dicendomi di andare in fretta e furia in aeroporto perché il nostro volo sarebbe partito. Così facendo non ho salutato neppure tutti i miei parenti".

"Siamo arrivati in aeroporto circa quattro ore prima, sottoponendoci ad un elevato numero di controlli, e visto il clima, pensavamo di non poter imbarcare nemmeno i nostri souvenir. Mi ricordo infatti un enorme dispiegamento di forze di polizia ed esercito che destava un certo timore di non superare i controlli e non partire, magari per un piccolo cavillo di qualsiasi genere, piuttosto che la paura di volare per via di un possibile altro attentato".

Sono passati 18 anni, in questo lasso di tempo sei più tornato dai tuoi parenti o comunque negli States? "No, non ho ancora avuto modo di tornarci. Quando ci ripenso, come in quest’occasione, mi tornano in mente dettagli molto vividi e ti assicuro che non mi sembrano passati 18 anni da quel momento. Adesso mi capita di rivivere quei momenti più di rado, sicuramente in prossimità delle commemorazioni annuali, durante le quali qualche amico o conoscente mi chiede di raccontare gli eventi vissuti".

"Diciotto anni fa, in quella mia prima visita a Manhattan sono salito sino al piano panoramico dell’Empire State Building. Lì ho ammirato dall’alto tutta la penisola, Central Park, e tutti gli altissimi grattaceli. Ho acquistato il calendario di New York per l’anno 2002, che conservo gelosamente, dove sono ovviamente raffigurate anche le Torri Gemelle".

Il calendario comprato nel 2001

René Pierotti
© Riproduzione riservata


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