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Attualità lunedì 06 marzo 2017 ore 11:45

La musica di un dj suona a morto

Fabiano Antoniani, Dj Fabo
Foto di: tratta da Fb

Ospitiamo gli interventi di 3 studenti del villaggio scolastico sul caso di Fabiano Antoniani, tetraplegico dal 2014. Per morire è andato in Svizzera



PONTEDERA — Gli studenti del villaggio scolastico di Pontedera da qualche settimana scrivono e pubblicano articoli su Qui Nos, quotidiano on line degli istituti superiori di Pontedera (nato dall'Itis Marconi) e inserito nel network di Qui news, come l'edizione della Valdera e le altre 30 edizioni circa che coprono tutto il territorio toscano.

Ospitiamo il secondo di tre interventi degli studenti dell'Itis sul caso di Dj Fabo, l'uomo di 40 anni che dopo essere rimasto tetraplegico nel 2014 ha chiesto allo stato italiano una legge per poter usufruire dell'eutanasia. Fabiano Antoniani ha poi deciso di andare a morire in Svizzera, in una clinica a pagamento dove il suicidio assistito viene praticato nei casi di malattie gravi e non recuperabili.

Il secondo intervento che pubblichiamo è di Virginia Asya Bacci che frequenta la 4B al liceo classico XXV Aprile di Pontedera. Eccolo:

La musica di un DJ suona a morto

Il Parlamento italiano alle prese con i malati gravissimi

In Italia la discussione in Parlamento sull’eutanasia, parola derivante dal greco eu: buono e thanatos: morte (“εὔ”, bene e “θάνατος”, morte), è aperta dal marzo 2016.

Il dibattito, fermo da un anno, si è riaperto soltanto pochi giorni fa quando gli ultimi giorni di febbraio è apparsa sulle prime pagine di tutti i giornali la notizia della morte di Fabiano Antonelli. Dj Fabo era stato trasportato, su sua richiesta in Svizzera in una struttura fosse possibile effettuare il suo “suicidio assistito”, accompagnato da Marco Cappato, noto attivista a favore di questa pratica. A Fabiano, tetraplegico e cieco a seguito di un grave incidente stradale avvenuto nel giugno 2014, lo stato italiano non poteva concedere nessun aiuto e lui si è sentito costretto a “emigrare” per porre fine a quello che lo stesso Antoniani definiva un “inferno di dolore”.

In molti si chiedono se sia giusto che uno stato come l’Italia, che si ritiene avanzato, non dia la possibilità ai propri cittadini di decidere cosa fare del proprio corpo. Questa la domanda sorge spontanea di fronte al processo legale che l’accompagnatore di DJ Fabo dovrà affrontare. Viene da chiedersi se un giorno nel nostro paese possano essere attivate strutture, controllate dallo stato, in cui persone con problemi sanitari gravissimi potranno essere seguiti, alleviando sia il loro dolore sia quello, unito alla sofferenza personale dei loro familiari in modo da evitare che un impeto suicida a guidare queste persone come spesso apprendiamo dalle cronache.


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