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Cronaca lunedì 27 gennaio 2014 ore 12:43

Sulle tracce dei "Giusti" tra San Miniato e Pontedera nel Giorno della Memoria

Nel racconto di una sopravvissuta all'olocausto nomi e volti della Valdera e del Valdarno tra coloro che aiutarono la sua famiglia tra il 1943 e il'44



PROVINCIA DI PISA — Al Mandela Forum a Firenze durante le celebrazioni per la Giornata della Memoria, nella manifestazione intitolata “Chi salva la vita, salva un mondo intero”, una sopravvissuta all'olocausto, Miriam Cividalli, ricorda la sua avventura tra San Miniato e Pontedera tra il 1943 il '44, quando ancora bambina con la sua famiglia fu aiutata da molte persone a sottrarsi alla persecuzione razziale. Un racconto per celebrare chi aiutò gli ebrei nascondendoli e proteggendoli dai rastrellamenti dopo la promulgazione della leggi razziali anche tra San Miniato e Pontedera. Tra le molte persone ricordate nella mattinata a cui hanno partecipato varie scuole toscane, spunta così prima la figura di Giuseppe Dani fattore della fattoria di Colleoli a San Miniato nel'43, poi il ricordo dell'umanità della Compagnia dei carabinieri di Pontedera e del personale sanitario dell'ospedale Lotti tra il 1943 e il '44, tutte persone che aiutarono e nascosero la presenza della famiglia di Miriam durante la persecuzione razziale. Giuseppe Dani ricordato anche come “zio Peppe”, nascose l' intera famiglia Cividalli fino all'8 marzo del 1944, rischiando personalmente ed esponendo anche la propria famiglia alla persecuzione.

Nel racconto di Miriam, una delle sopravvissute alla Shoah che hanno dato il loro contributo al racconto della mattinata del giorno della Memoria, nella ricerca dei “Giusti toscani” al Mandela Forum, spunta un pensiero anche per i Carabinieri di Pontedera. Un membro della famiglia di Miriam, la madre, durante il soggiorno a San Miniato si ammalò e per mesi fu ricoverata all'ospedale Lotti di Pontedera. Una situazione particolarmente delicata, poiché secondo le leggi razziali promulgate nel 1938, le autorità sanitarie e gli stessi carabinieri della Compagnia di Pontedera avrebbero dovuto fermare le cure e denunciare la presenza di un'ebrea, condannandola alla deportazione prima a Fossoli e poi verso lo sterminio. Miriam Cividalli ha voluto ricordare infatti anche la grande disponibilità e umanità che sua madre trovò nel personale sanitario dell'ospedale di Pontedera e da parte dei carabinieri che non fecero nessuna denuncia permettendo a sua madre di essere operata, curata e dimessa mesi dopo dall'ospedale pontederese oggi sede della Asl 5.

La vicenda della famiglia di Miriam dieci persone di religione ebraica, si concluse in parte in Svizzera, dove attesero la fine della guerra e nel 1945, l'estate dello stesso anno poterono rientrare in Italia. 


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