Per Hachiko un gemello di Toscana
di Monica Nocciolini - sabato 27 maggio 2017 ore 08:00
Chissà se quando proprio davanti al suo tartufo svelarono la statua che lo ritraeva si sarà posto il problema di dover dividere la ciotola col nuovo arrivato. L’avrà pur considerato, lui che era un incrocio di pointer inglese, cane da ferma dal talento impareggiabile. Invece era lui stesso, Fido, riprodotto in maiolica su basamento di pietra in onore alla sua incrollabile fedeltà all’amico umano.
Sì perché Hachiko, la cui storia ha commosso il mondo nella versione cinematografica con Richard Gere, abita anche in Toscana. Ma si chiama Fido. Il suo cuore batteva nel cuore del Mugello, a Borgo San Lorenzo, nella provincia fiorentina che si incastona tra boschi e montagne il cui inverno non fa sconti di gelo a nessuno.
E proprio in uno di quei freddi, nel 1941, tornando dal suo lavoro alle Fornaci Brunori l’operaio Carlo Soriani sentì un lamento; un uggiolare che proveniva da un fosso lungo la via di casa. Era un cucciolo, era ferito, e gli sgranava addosso i suoi occhioni. L’uomo lo raccolse e lo portò con sé, nella sua casa della frazione borghigiana di Luco. Fantasia al potere: lo chiamò Fido. Lo curò finché si ristabilì. Dopo, non ci fu più verso di separarli.
Al mattino presto Soriani andava a prendere la corriera in piazza; e Fido era con lui. Al pomeriggio, quando ridiscendeva stanco dal torpedone, Fido era a aspettarlo. E le feste. E le code. E le trotterellate in circolo con la lingua penzolante di felicità… Pazzo di gioia. Tutti i giorni la stessa gioia.
Solo che poi una volta Soriani non tornò. Non tornò più per gli oltre 5000 giorni lavorativi che trascorsero nei 14 anni di vita di Fido. Ma lui nulla: tutte le sere tornava puntuale in piazza e aspettava la corriera perché forse, chissà, magari quella volta lì il suo amico sarebbe sceso. Non lo sapeva, Fido, che la brutalità lineare della guerra – e di quella Grande Guerra – aveva bombardato la loro amicizia portandogli via Soriani mentre si rompeva la schiena nelle Fornaci Brunori.
Quel cane mite e fedele inteneriva tutti. Anche le istituzioni che, malgrado la rigidità dell’epoca, riservarono vari tributi all’incrollabile amicizia a quattro zampe fino, il 9 novembre 1957, a conferire a Fido una medaglia d’oro. Poi, l’idea del Monumento al cane Fido, commissionato allo scultore Salvatore Cipolla che lo realizzò in maiolica. Sul basamento in pietra, la dedica: «A Fido, esempio di fedeltà». E Fido era lì, all’inaugurazione della statua, arrampicato su due zampe per rimirarsi.
Poi un giorno di primavera del 1958, il 9 giugno, dopo l’ennesimo mancato ritorno del suo amico umano Fido la prese lui, la corriera: quella celeste, che lo riportò dal suo Carlo. Ora eternamente inseparabili. La notizia della morte del cane percorse cronache locali e riviste blasonate, radiogiornali e notiziari dell’Istituto Luce. La statua in maiolica si ruppe, e fu sostituita con una copia in bronzo che resiste ancora. Sempre lì: in piazza Dante, a Borgo San Lorenzo. L’Hachiko d’Italia abita qui.
Monica Nocciolini
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