Attualità domenica 23 gennaio 2022 ore 16:30
Aspettando il quarto scrutinio, come per Gronchi

Domani cominciano le votazioni per il presidente della Repubblica, tra dubbi e incertezze. Ma come arrivò al Quirinale il più famoso dei pontederesi?
PONTEDERA — Berlusconi o Draghi. Ma anche Amato, Casellati, Casini, Pera,
Riccardi. E chissà se, nelle prossime ore, usciranno altri nomi. Quel che è
certo è che domani alle 15 inizieranno le votazioni per eleggere il nuovo presidente
della Repubblica. Difficile, quasi impossibile che ciò avvenga nei primi tre
scrutini, quando è richiesta la maggioranza dei due terzi. Dal
quarto, invece, con la maggioranza assoluta, il gioco sembra più
semplice.
Anche quest’anno, come ogni volta, il rito dell’elezione del
capo dello Stato è stato accompagnato da aneddoti, alcuni veri, altri verosimili,
scoop e retroscena. Un valzer che, se a molti può sembrare esclusivamente il ballo della politica di oggi, non è certo mancato anche nelle votazioni che furono. A cominciare da
quella del più famoso dei pontederesi: Giovanni Gronchi.
Presidente della Repubblica tra il 1955 e il 1962, Gronchi è
stato ricordato nel giorno del 40° anniversario della sua morte proprio a
Pontedera, con una visita dell’attuale presidente Sergio Mattarella. Prima di
salire al Quirinale, Gronchi ricopriva il ruolo di presidente della Camera dal
1948. Un ruolo di imparzialità che ben si sposava con la sua figura: atipico,
fuori dagli schemi e autenticamente indipendente.
Giunti alla scadenza del settennato di Luigi Einaudi, i favori parlamentari
sembrarono doversi indirizzare verso Cesare Merzagora, candidato ufficiale
della Democrazia cristiana. Verso il quale, però, non nutrivano grandi simpatie i socialcomunisti
e parte dello stesso schieramento democristiano. E come spesso accade, chi
entra in conclave papa, ne esce cardinale: anche allora, i “franchi tiratori”
affossarono Merzagora, che al primo scrutinio raccolse soltanto 228 preferenze.
Mentre su 30 schede, comparve per la prima volta il nome di Gronchi.
Nonostante Amintore Fanfani, segretario della Dc dopo la scomparsa di
De Gasperi, pare che fosse arrivato a chiedere a Gronchi di ritirarsi dalla corsa,
questi non si arrese. Su di lui, ben presto, riuscirono a convergere anche i
voti della sinistra di Togliatti e Nenni. Ottenuta di fatto la candidatura dal
suo partito, il 29 Aprile, al quarto scrutinio con 658 voti su 883, Gronchi divenne presidente. Anche se al Quirinale, per sua volontà, non andò mai a vivere.
E quando l’ormai ex presidente della Camera, nel suo
discorso d’insediamento, chiede al parlamento di far sì che anche le masse
lavoratrici possano finalmente entrare a pieno titolo nel sistema democratico e
repubblicano, molti mugugnarono. Non Gian Carlo Pajetta, deputato comunista che si racconta fece recapitare a Mario Scelba, ministro democristiano, un bicchierino di Cynar. Per lenire il mal di pancia, diciamo.
Nei giorni successivi, Gronchi si affermò come uno dei protagonisti dell'Italia del secondo dopoguerra, non dimenticando mai le proprie origini. Già nei giorni immediatamente successivi, tornò a Pontedera a trovare la madre Maria Giacomelli, sepolta al cimitero cittadino. Quindi a Pisa, al campo santo dove riposava suo padre Sperandio.
Pietro Mattonai
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