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Interviste lunedì 01 luglio 2013 ore 12:40

Renzo Macelloni racconta Fondi Rustici

Il progetto che trasforma i vecchi casolari in una risorsa per il territorio



- — Peccioli - Il percorso che porterà l'operazione Fondi Rustici a diventare una nuova risorsa economica e urbanistica per il territorio, coinvolgendo in primo luogo i cittadini, è cominciato da qualche mese. Renzo Macelloni, il presidente della Belvedere, il cuore del Sistema Peccioli, sta illustrando il progetto ai cittadini. Abbiamo cercato di capire cosa c'è dietro con un'intervista, nella quale si ripercorre la storia e gli obiettivi dell'operazione Fondi Rustici, un grande bene comune.

Presidente, da alcuni mesi sta percorrendo la Valdera per incontrare i cittadini e raccontare di persona il progetto Fondi Rustici, un grande bene comune: può fare una sintesi per chi non ha avuto occasione di partecipare agli incontri? Di cosa si tratta? Da dove siete partiti? Dove volete arrivare?
"Fondi Rustici, un grande bene comune è la proposta con cui Belvedere si fa promotrice di un progetto concreto per lo sviluppo locale, mirato a produrre occupazione stabile e fare da volano economico per tutto il territorio di riferimento. Si tratta di un progetto importante per tutti e vogliamo condividerlo con i nostri concittadini perché solo con l’aiuto di tutti potremo realizzarlo. Il progetto nasce nel 2004, quando Belvedere S.p.A. ed il Comune di Peccioli, dopo una capillare campagna di informazione e con il consenso dei cittadini, hanno acquisito dalla Fondazione G. Gaslini di Genova il ramo pecciolese della fattoria Fondi Rustici - 900 ettari di verdi colline e 40 antichi casolari toscani".
Perché Belvedere e Comune decisero di acquistare la ex-tenuta Gaslini?
"La Fondazione Gaslini aveva stabilito di vendere in blocco la sua fattoria, e la dimensione della proprietà era tale che solo un grande investitore internazionale avrebbe potuto permettersi l’acquisto. Se l’attività agricola fosse stata trascurata si sarebbe impoverito il territorio, con un grave danno per tutta la comunità visto che i 900 ettari della fattoria circondano Peccioli e arrivano al confine del centro abitato. Se l’investitore avesse voluto intervenire sugli immobili, investendo e portando lavoro, si sarebbe trovato in una situazione di forza anche nei confronti del Comune e avrebbe potuto avanzare richieste non in linea con gli interessi del territorio, puntando magari alla realizzazione di nuove volumetrie, alla cementificazione, alla chiusura di spazi che sono da sempre a disposizione di tutti i cittadini. È una storia che conosciamo bene, perché in giro ci sono già tanti esempi negativi. L’acquisto, che ha dato origine alla Società Agricola Fondi Rustici Peccioli - oggi confluita nella Belvedere - aveva quindi lo scopo immediato di mantenere intatto il valore paesaggistico del territorio evitando il rischio di possibili speculazioni immobiliari: l’obiettivo minimo era quello di frazionare la proprietà in modo da trattare, invece che con un grande compratore, con venti o trenta piccoli proprietari, che avrebbero avuto un potere contrattuale decisamente minore. Il nostro vero obiettivo, però è sempre stato quello di sviluppare la proprietà per farne il volano dello sviluppo economico di tutta la zona".
Questo volano avrebbe dovuto nascere dallo sviluppo dell’attività agricola?
"L’attività agricola era e rimane importantissima per evitare l’abbandono del territorio e per mantenerne alto il valore: Belvedere ha dato in affitto i terreni a due società che si occupano delle coltivazioni e in più ha messo a disposizione di circa 30 famiglie i propri olivi e ha predisposto e concesso ad altre 40 famiglie orti per produzione ad uso familiare; ma non è questa la leva principale su cui agire per creare davvero nuovo valore e nuova occupazione. Il progetto più importante è sempre stato quello legato alla valorizzazione dei casolari della Fondi Rustici: circa 40 immobili ormai disabitati, che raccontano la Toscana di una volta nella sua più autentica tipicità. Si trovano in parte lungo la strada bianca ad anello nella zona Le Serre1 in vista del paese e in parte in zone più defilate, ma comunque caratteristiche e di pregio. Alcuni degli immobili si trovano all’interno del centro abitato".
In cosa consisteva il progetto?
"Già nel 2005 avevamo messo a punto Agripeccioli Farm, un primo progetto che prevedeva un intervento organico di recupero sui casali de Le Serre per dare vita ad un residence di alta qualità, progetti autonomi per i casolari più periferici e la destinazione degli immobili urbani al servizio delle esigenze abitative locali. In questa prima versione si puntava l’attenzione sulla vendita degli immobili, con l’obiettivo di attirare in zona residenti sia fissi che stagionali, e già si prevedeva anche la costituzione di un’agenzia di servizi per tutte le esigenze degli ospiti del residence. Siamo andati fino a Londra per presentare Agripeccioli Farm e nella City abbiamo raccolto commenti entusiasti. Il denaro necessario per realizzare in un colpo solo l’intero progetto, a detta degli operatori, si sarebbe potuto trovare nel giro di un quarto d’ora: sarebbe bastato formalizzare la struttura giuridica del progetto, e noi abbiamo cominciato subito a lavorare in quella direzione. Ricordiamoci che stiamo parlando del 2006-2007, e quindi di un mondo completamente diverso da quello attuale".
Quindi avete deciso di sviluppare il progetto con l’intervento degli investitori internazionali?
"Sì. Una volta riscontrato l’interesse degli investitori, che apprezzavano moltissimo l’idea di investire nell’acquisto di uno splendido pezzo di Toscana, abbiamo incontrato alcune SGR, Società di Gestione del Risparmio, per capire se erano disposte ad impegnarsi sul progetto ed aiutarci a raccogliere gli oltre 80 milioni di euro necessari. Una Sgr è una società che è autorizzata a raccogliere il denaro dei risparmiatori e a gestirlo tramite i propri Fondi di Investimento: si tratta di un tipo di società molto particolare, soggetta al rigido controllo della Banca d’Italia e della Consob; quelle dedicate allo sviluppo di Fondi di investimento di tipo immobiliare sono poco più di venti in tutta Italia".
Avete trovato una Sgr disposta a farvi da partner?
"Sì, più di una, ma l’impressione che abbiamo ricavato dai colloqui è stata quella di società abituate ad un mercato finanziario concentrato sui risultati di breve periodo: abbiamo anche scoperto casi di fondi comuni passati di mano – con lauti guadagni – anche più volte a distanza di mesi senza che si aprisse neppure un cantiere. Era un sistema che sembrava potesse funzionare più che altro per far fare a loro cassa e guadagni, ma presentava troppi rischi di non arrivare mai al dunque, o di arrivarci con un progetto completamente stravolto e non aderente ai bisogni del territorio. Dopo abbiamo capito che questo meccanismo è quello che ha originato la grande crisi finanziaria".
Come vi siete mossi per evitare questo pericolo?
"Abbiamo cercato una via che permettesse di finanziare il progetto senza però perderne il controllo e la soluzione individuata è stata quella di costituire una nostra SGR qui a Peccioli, con l’intervento del Comune e di cinque Banche locali. Siamo riusciti ad ottenere l’autorizzazione della Banca d’Italia, e nel frattempo il progetto di Agripeccioli Farm si era trasformato in Peccioli Wellness, destinando tutti gli immobili, e in aggiunta anche una nuova struttura centrale di quasi 10.000 metri quadrati, al servizio del turismo di alto livello, con un occhio di riguardo per gli ospiti con alcuni tipi di esigenze particolari legate alla salute. Peccioli Wellness prevedeva un unico intervento organico e il ruolo strategico di un grande gestore internazionale (tenant) cui affidare gli immobili e capace di convogliare qui in zona grandi flussi turistici da tutto il mondo".
Quindi, quando ha cominciato a prendere il via l’intera operazione?
"Il nostro Fondo immobiliare ha preso il via solo all’inizio del 2010 e purtroppo si è scontrato con la crisi finanziaria che ha bloccato l’economia: il fondo si rivolgeva ad investitori che qualche anno prima potevano disporre liberamente di grandi capitali anche per operazioni di sviluppo con un orizzonte temporale di medio lungo periodo, ma che oggi grazie alla crisi causata proprio dal loro atteggiamento si stanno orientando su investimenti con tempi di ritorno molto più brevi. La crisi ha messo in difficoltà anche i grandi operatori della finanza internazionale e la nostra Sgr – una piccola start up che per decollare avrebbe avuto bisogno di una normale situazione finanziaria come abbiamo conosciuto per lungo tempo – ha incontrato sul suo cammino ostacoli che si sono rivelati insuperabili, almeno nel breve periodo".
A questo punto cosa avete fatto?
"Abbiamo scelto di fermare il fondo immobiliare – anziché prorogarlo come sarebbe stato tecnicamente possibile nella speranza e nell’attesa che la situazione finanziaria internazionale tornasse alla normalità – perché in questo momento non è più lo strumento adatto e perché andare avanti su quella strada sarebbe stato avventuroso e irresponsabile. Oggi facciamo tesoro di questa esperienza in termini di evoluzione del progetto e di rapporti con Banca d’Italia e Consob".
Ora cosa accade?
"Ai due maggiori attori di questa vicenda, niente. È stata messa in liquidazione la Sgr e il Comune, socio di maggioranza, è rientrato in possesso di un immobile del valore di 2.200.000 euro e di un milione in contanti. Belvedere sostanzialmente non ha necessità di realizzare il progetto: lasciando le cose come stanno e aspettando tempi migliori non rischia nulla dal punto di vista patrimoniale, perché gli immobili sono già in gran parte semi diroccati e non perdono valore per mancanza di manutenzione. Il loro vero pregio, a tutt’oggi inalterato, risiede nel contesto in cui si trovano e nelle possibilità di recupero che offrono".
Allora perché avete scelto di andare avanti?
"Perché proprio in questo momento di crisi pensiamo che sia preciso dovere della Belvedere fare tutto quanto in suo potere per dare un contributo al rilancio dell’economia locale, vista la nostra missione e la nostra esperienza. Belvedere è infatti una public company locale del Comune di Peccioli e di 900 piccoli azionisti che sono in gran parte cittadini Pecciolesi e della Valdera e per questo ha da sempre un fortissimo legame con il proprio territorio. Da questo legame nasce oggi la proposta di Fondi Rustici, un grande bene comune con la quale Belvedere si fa promotrice di un progetto concreto per lo sviluppo economico locale".
Come intendete procedere?
"La strada che abbiamo pensato di percorrere è quella che l’Ocse identifica come approccio Bottom-Up, ovvero sviluppo dal basso. L’Ocse è l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, un ente sovranazionale cui partecipano i 34 Paesi più sviluppati del mondo e il cui scopo è quello di migliorare il benessere economico e sociale dei popoli. L’Ocse ha già da tempo riconosciuto l’attività di Belvedere come un esempio virtuoso di sviluppo dal basso".
Di cosa si tratta?
"Si tratta di una metodologia che fa leva sulle risorse locali per favorire lo sviluppo del territorio, indipendentemente dalle politiche dei governi centrali: in pratica persone, imprese, istituzioni si rimboccano le maniche e lavorano sui propri punti di forza per creare le condizioni per il proprio sviluppo, senza aspettare interventi infrastrutturali o incentivi da parte del governo. Vogliamo creare un incontro a livello locale tra Belvedere, Istituti di Credito, piccole imprese locali e cittadini piccoli risparmiatori per dare corpo con questo metodo a un progetto realizzabile anche in questa situazione di crisi, introducendo così un elemento di grande fiducia attraverso fatti concreti".
Avete cambiato la metodologia, ma il progetto è sempre lo stesso?
"Assolutamente no. Abbiamo ripensato Peccioli Wellness in questa declinazione locale, arrivando all’attuale formulazione del progetto Fondi Rustici, un grande bene comune: gli interlocutori del progetto non sono più i grandi investitori internazionali, ma i nostri concittadini; il piano di valorizzazione degli immobili è stato rimodulato per minimizzare il livello del rischio; il progetto si basa su una valida strategia imperniata sul mercato immobiliare di nicchia (casolari agricoli di campagna)".
Come pensa che un progetto che non ha trovato interesse dai grandi finanziatori internazionali possa essere interessante, fattibile e sicuro per i cittadini?
"L’approccio dal basso funziona anche all’interno di un quadro macroeconomico di crisi come quello attuale se riesce a coordinare le energie di un intero territorio. Nella nostra zona disponiamo di tutte le risorse necessarie per portare avanti il progetto: l’esperienza imprenditoriale e gli asset di Belvedere, le competenze tecniche dei professionisti e delle imprese, le risorse economiche disponibili e la capacità di fare rete degli enti locali".
Come potete essere sicuri che il vostro territorio di riferimento sia pronto a un approccio di questo tipo?
"Per esserne certi abbiamo deciso di fare una lettura del territorio adottando un metodo scientifico per verificare la disponibilità dei cittadini ad appoggiare il progetto: abbiamo commissionato due indagini scientifiche conoscitive all’ISPO3 per capire se il progetto avrebbe potuto incontrare l’interesse dei cittadini e se questi sarebbero stati disposti a convertire una piccolissima parte dei loro risparmi a favore di un progetto che si vede e si sente sul piano locale e proprio per questo dà garanzie di poter investire seriamente e correttamente queste cifre. Abbiamo anche incontrato faccia a faccia le persone per presentare la nostra idea durante 16 assemblee pubbliche da Volterra a Pontedera".
Quali dati emergono dalle indagini effettuate?
"Le rilevazioni hanno evidenziato che la maggioranza delle persone riconosce a questo progetto le potenzialità per creare vero sviluppo e che proprio per questa ragione c’è la disponibilità a dare il proprio contributo. Il primo sondaggio è stato realizzato a luglio e il secondo a fine novembre, dopo che si erano già tenute le assemblee. Il confronto fra i due ha evidenziato una diminuzione nella cifra media che gli intervistati hanno dichiarato di poter dedicare a Fondi Rustici. I ricercatori dell’Ispo ci hanno spiegato che nel periodo fra le due indagini la fiducia generale è calata moltissimo in tutto il Paese, principalmente a causa dell’instabilità politica e della caduta del governo: per questo motivo possiamo leggere come un dato molto positivo il fatto che gli intervistati abbiano continuato a riconoscere la validità del progetto, pur dichiarando di avere meno liquidità a disposizione".
Quali altri aspetti ha messo in evidenza il sondaggio?
"Un dato significativo che si rileva dal confronto fra i due sondaggi è l’importanza della comunicazione e dell’informazione: chi ha capito meglio di cosa si parla – come ad esempio chi ha potuto prendere parte alle assemblee – dichiara con maggior forza il proprio appoggio all’iniziativa. Questo significa che l’impostazione del progetto è condivisibile e condivisa, e che dobbiamo fare del nostro meglio per riuscire a farla conoscere al maggior numero di persone possibile. Per questo abbiamo incontrato i Sindaci dei comuni dell’Unione Valdera per condividere con loro le forme del progetto; abbiamo stretto un accordo con la CNA di Pisa per la promozione congiunta di Fondi Rustici, un grande bene comune; stiamo parlando con le Banche locali per chiedere il loro coinvolgimento. Le condizioni per realizzare il progetto ci sono e sta a noi far passare il messaggio e adoperarci per mettere in rete tutte le risorse necessarie: per questo abbiamo deciso di andare avanti".
Oltre ad aver coinvolto cittadini, enti locali e organizzazioni di categoria in questo progetto di coesione, quali saranno adesso i prossimi passi?
"Abbiamo già identificato lo strumento giuridico per far funzionare Fondi Rustici, un grande bene comune: l’attività principale di Belvedere è quella della gestione dell’impianto di smaltimento rifiuti di Peccioli e il progetto ha bisogno di una sua ben precisa autonomia, per cui abbiamo messo a punto un progetto di scissione per trasferire gli immobili in una società separata e l’assemblea straordinaria dei soci di Belvedere è stata convocata nel mese di giugno per deliberare in merito. Sarà poi la nuova società a lanciare un’Offerta Pubblica di Sottoscrizione per raccogliere sul territorio i finanziamenti necessari alle operazioni di ristrutturazione. In questo modo chi vorrà partecipare a Fondi Rustici, saprà che il proprio contributo sarà destinato espressamente a questo progetto di sviluppo".
Come è strutturato il progetto turistico e immobiliare?
"Gli immobili ristrutturati saranno divisi in due gruppi: i casolari che si trovano nella zona de Le Serre, collegati fra loro dalla tipica strada bianca ad anello che si imbocca alle porte del paese, saranno dedicati al turismo andando a formare una sorta di resort distribuito; quelli più periferici saranno destinati al mercato immobiliare di fascia alta. I nostri casolari hanno tutti bisogno di interventi radicali per tornare all’antico splendore, quindi abbiamo l’opportunità di intervenire in profondità per poter applicare tutte le più moderne tecnologie in tema di risparmio energetico, funzionalità e autonomia di ciascun edificio, mantenendo attraverso un grande recupero ambientale l’aspetto esteriore tipico della nostra Toscana unito alla comodità delle soluzioni domotiche".
Tra il vecchio progetto Peccioli Wellness e Fondi Rustici, un grande bene comune, quali differenze ci sono?
"Con il fondo di investimento avevamo ipotizzato una struttura dedicata al wellness di circa 10mila metri quadrati da costruire ex novo con un investimento molto importante, che alzava il livello del rischio del progetto e che avrebbe avuto bisogno di un grande flusso turistico immediato. Oggi con Fondi Rustici, un grande bene comune pensiamo ad un resort diffuso con un approccio più graduale al turismo, con un rischio imprenditoriale molto contenuto, che ci permette di proporre ai nostri concittadini una loro partecipazione economica nell’assoluta tranquillità di fare una cosa seria e giusta. I casolari nel loro complesso coprono circa 27.000 metri quadrati e sono più che sufficienti per le nostre esigenze. Le dimensioni medie sono adatte sia per le abitazioni, sia per suddividerli in appartamenti per il turismo, per cui intendiamo recuperare le volumetrie esistenti senza alcun bisogno di andare a consumare altro suolo".
Immaginate dunque un approccio graduale al turismo. Ma anche in questo caso non pensate di entrare in concorrenza con quanti già oggi nel nostro territorio esercitano questa attività?
"Assolutamente no. Per prima cosa perché noi pensiamo di differenziare l’offerta turistica rivolgendoci a tipologie di utenti che attualmente non frequentano i nostri luoghi. Inoltre per noi fare concorrenza a chi già lavora non avrebbe senso, visto che quello che vogliamo è fare sviluppo per il territorio. L’idea è quella di portare in Valdera una nuova fascia di turismo internazionale, che si vada ad aggiungere a quelle già presenti. Non dimentichiamo, infine, le potenzialità turistiche della Toscana che rappresenta un vero e proprio luogo dell’anima per tantissimi stranieri".
Come pensate di differenziare la vostra offerta per riuscire a dirottare qui questa fascia di turismo?
"Abbiamo in zona tutte le professionalità necessarie e il nostro compito è quello di metterle in rete. Dobbiamo essere in grado di offrire pacchetti personalizzati per tutte le esigenze, e per fare questo abbiamo anche la fortuna di poter collaborare con centri di eccellenza come l’Università di Pisa, con cui stiamo lavorando per mettere a punto una rete di assistenza qualificata per turisti con particolari esigenze in ambito sanitario: ci sono persone – come ad esempio chi in passato ha subito un trapianto – che pur essendo in buona salute sono restie a spostarsi perché temono di poter avere bisogno di assistenza qualificata quando sono lontane da casa. Mettendoci in rete con l’Università e con le altre strutture sanitarie che stiamo coinvolgendo, possiamo garantire anche a queste persone una vacanza serena; si tratta di una fascia di potenziali clienti importante sia per numeri che per capacità di spesa, soprattutto a livello internazionale".
Vi occuperete direttamente anche della gestione dei servizi turistici?
"Assolutamente no. Il nostro compito è quello di unire e coordinare le professionalità già presenti sul territorio e costruire con loro una rete di servizi a supporto del nostro progetto".
Quali saranno i rapporti fra la gestione agricola della fattoria e quella turistica del resort?
"La gestione agricola può essere di supporto a quella turistica sotto diversi aspetti, perché il territorio coltivato fa da giardino e da cornice ai casali ristrutturati, che si trovano tutti al suo interno. Le due gestioni devono vivere in simbiosi e in armonia. Turisti ed acquirenti potrebbero essere in qualche misura interessati e coinvolti nelle attività agricole, e potrebbero costituire uno sbocco naturale in filiera corta per almeno parte della produzione".
Visto che nell’ipotesi di progetto che state strutturando è prevista anche la possibile vendita di alcuni casolari, avete già individuato quali immobili sono da destinare a questo uso?
"In base alla loro posizione sappiamo già quali fra i casali sarebbero più adatti ad una attività e quali all’altra: i casolari in posizione centrale intorno a Le Serre sono sicuramente i più idonei ad essere messi a disposizione del turismo, ma decidere esattamente oggi come suddividerli non è possibile, perché dipende anche da quanto denaro avremo a disposizione per i lavori e da quanto saremo in grado di sviluppare l’attività turistica. Abbiamo fatto i nostri calcoli e sappiamo che se riuscissimo a raccogliere 30/40 milioni potremmo recuperare e mettere a disposizione della rete dei servizi turistici i nostri casolari. Se il supporto dei risparmiatori sul territorio sarà intorno ai 15 milioni saremmo comunque in grado di avviare il progetto, prendendo parte delle risorse a prestito, lavorando un po’ più lentamente e destinando alla vendita una parte degli immobili".
In questo momento di crisi economica qual è il mercato a cui intendete rivolgervi?
"Il mercato di riferimento per le vendite sarà senza dubbio quello internazionale di fascia medio alta: ci rivolgeremo, oltre che ai Paesi dell’Europa settentrionale che hanno sempre dimostrato un particolare interesse per la nostra Toscana, anche ai Paesi emergenti con disponibilità di capitali, come ad esempio la Cina e la Russia".
Per i lavori di ristrutturazione di chi vi avvarrete?
"Seguendo la logica di sviluppo dal basso di Fondi Rustici, un grande bene comune, vogliamo realizzare questo progetto con le forze del nostro territorio e quindi vogliamo far lavorare tutte le aziende locali, senza perdere il controllo sul loro operato: le ditte ed i tecnici locali hanno già dimostrato di saper fare bene i lavori di recupero di cui abbiamo bisogno per valorizzare i nostri casali, per cui faremo tanti piccoli appalti, mettendo al lavoro le imprese sul territorio e avremo così migliore controllo sui costi, sui tempi e sulla qualità".
Per l’occupazione del territorio sarebbe un bel polmone.
"Assolutamente sì. Sta proprio qui la vera forza del progetto: si attiverà fin da subito il circolo virtuoso che è lo scopo principale di “Fondi Rustici, un grande bene comune”, ovvero la creazione di occupazione che genera a sua volta ricchezza. Abbiamo calcolato che per tutti i cantieri ci sarà bisogno di almeno 4 anni di lavori, con l’impegno di 150/200 persone. L’attività turistica avrà bisogno già in partenza di circa 50/60 persone per garantire tutti i servizi: alberghi, catering, ristorazione, manutenzioni, pulizie, sicurezza…Valorizzando la Valdera e dirottando qui nuovi flussi turistici, infine, mettiamo le basi per favorire nel lungo periodo tutto l’indotto, aumentando il lavoro anche per gli esercizi già esistenti e quindi arricchendo tutto il territorio".
Quindi è da qui che nasce l’idea di rivolgersi ai cittadini della Valdera per finanziare l’intero progetto?
"Sì, sempre nell’ottica dello sviluppo dal basso anche le risorse economiche per realizzare il progetto dovrebbero provenire dal territorio: ci rivolgeremo ai risparmiatori locali per un progetto di sviluppo che darà i suoi frutti in qualche anno, quindi chiediamo ai cittadini di convertire una piccola parte dei propri risparmi: questo significa che per raccogliere le cifre a cui abbiamo pensato dovremo coinvolgere 2.000/3.000 persone sul nostro territorio chiedendo loro di diventare nostri soci in questa avventura".
Ma quale metodo di coinvolgimento utilizzerete per raccogliere queste cifre?
"Lanceremo un’Offerta Pubblica di Sottoscrizione (Ops) che consiste nel mettere in vendita le azioni della nuova società e per fare questo dovremo pubblicare un Prospetto Informativo che dovrà essere approvato dalla Consob, alla cui vigilanza sarà poi sottoposta la nuova società. Il Prospetto è il documento con il quale dovremo illustrare chiaramente ai potenziali investitori tutti gli aspetti del progetto: la logica sottostante, la sostenibilità economica, i rendimenti attesi, i possibili rischi insiti nell’investimento azionario, i tempi di realizzazione del progetto e quelli previsti per il rientro dell’investimento. Sono tutti aspetti su cui la Consob è chiamata a vigilare anche durante la vita della società. Per rendere operativa la nuova società, preparare il Prospetto dell’Offerta Pubblica di Sottoscrizione ed ottenere l’approvazione da parte della Consob ci vorranno alcuni mesi. Solo dopo l’approvazione del Prospetto – contiamo di arrivarci entro il prossimo ottobre – potremo rivolgerci ai risparmiatori".
Ma a Ottobre non c’è un altro appuntamento importante che riguarda il referendum sull’ipotesi di fusione tra i comuni di Peccioli, Palaia e Capannoli? Questo quali ripercussioni potrebbe avere sul progetto Fondi Rustici?
"Sono due progetti che hanno una vita totalmente autonoma, ma se una relazione si può stabilire è sicuramente positiva per almeno due motivi: per prima cosa quando un territorio è chiamato a discutere sul suo futuro si attivano energie e riflessioni altrimenti assenti che possono produrre effetti positivi per tutto ciò che si muove in quel territorio, quindi anche Fondi Rustici, un grande bene comune ne può trarre sicuramente vantaggio; in secondo luogo perché sull'attuale territorio di Palaia c’è l’altra metà della ex Tenuta Gaslini, oggi di proprietà congiunta della Provincia di Pisa e del Comune di Palaia: se la fusione si realizzasse davvero potrebbe essere il presupposto per riunire le due proprietà in un unico progetto, dando a Fondi Rustici, un grande bene comune un interesse di portata regionale. Sarebbe una partita ancora più complessa e richiederebbe un maggiore impegno anche finanziario da parte del territorio, ma l’intero progetto raggiungerebbe una massa critica capace di influenzare in maniera ancora più marcata lo sviluppo economico di tutta la zona".
I piccoli azionisti quale ruolo avranno nella gestione della società?
"Partiremo dalla lunga esperienza che Belvedere ha con i suoi quasi 900 azionisti, che sono sempre stati tutelati nei loro interessi e coinvolti nelle scelte aziendali, come ad esempio nella selezione dei nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione: secondo me è un’esperienza che dobbiamo trasferire anche nella nuova società ampliandola e rendendola più consapevole. Per prima cosa la società sarà composta da un lato dalla Belvedere con i suoi casolari e dall’altro da 2-3mila piccoli azionisti che attraverso la sottoscrizione metteranno a disposizione il capitale necessario per l’impresa; mi immagino quindi questi piccoli azionisti con percentuali sostanzialmente equivalenti e infatti nel Prospetto Informativo sarà fissata anche la quota che ogni cittadino potrà sottoscrivere, che andrà prevedibilmente da un minimo di 5.000 ad un massimo di 30mila euro; sarà previsto come i piccoli azionisti potranno nominare i membri del Consiglio di Amministrazione; sarà stabilito che oltre all’assemblea annuale per l’approvazione del bilancio ne faremo due durante l’anno per informare passo passo sulla vita, le scelte e le attività della società".
E da un punto di vista comunicativo come vi terrete in contatto con loro?
"Faremo un portale riservato ai soci sul quale potranno avere tutte le informazioni in tempo reale: modalità degli appalti, assegnazione dei lavori, svolgimento dei lavori, i poderi sui quali stiamo intervenendo ed ogni altra informazione utile a rendere l’attività trasparente. Vogliamo dare la possibilità di partecipare attivamente al progetto che, come lo abbiamo definito in tante assemblee, è un progetto che puoi vedere e toccare direttamente".
Ha pensato anche ad altri strumenti di garanzia per i risparmiatori?
"Vista l’importanza dell’iniziativa per tutto il territorio quando ho chiesto il supporto dei sindaci dell’Unione Valdera ho anche voluto chiedere la loro disponibilità ad assumere un qualche ruolo di garanzia nei confronti dei piccoli azionisti, disponibilità che mi hanno già assicurato. Con loro vorremmo completare la composizione di un board di coordinamento nel quale ad oggi è prevista la partecipazione di tre persone di alto profilo internazionale: Marco Simoni - economista italiano che insegna alla London School of Economics – Grazia Spinosa - esperta di comunicazione e posizionamento pubblico – Martin Gasser - esperto dei temi di Sviluppo Economico Locale presso l’Onu. Vorremmo coinvolgere nel board anche alcuni esperti delle problematiche della tutela ambientale, perché Belvedere nasce per gestire una discarica e proprio per questo ha fortemente a cuore la tutela dell’ambiente. Immagino questo board come uno strumento di garanzia culturale, politica e strategica, che in nome e per conto dei risparmiatori-investitori verifichi la corrispondenza fra i principi su cui si basa il progetto e l’effettivo sviluppo dell’attività".
Sottoscrivere le azioni di una nuova società è comunque rischioso: vi sentite di consigliare questo investimento a tutti?
"Sicuramente investire dei soldi in qualsiasi attività costituisce tecnicamente un rischio: l'unica eccezione, entro certi limiti, è tenere i nostri piccoli risparmi sul conto corrente in banca, che mantiene il valore nominale dei soldi ma non quello reale, ma come ci muoviamo da qui per qualsiasi tipo di impiego le cose cambiano. Io sono convinto che per una serie di ragioni l'investimento in Fondi Rustici, un grande bene comune, sia un investimento ragionevolmente sicuro. Abbiamo la fortuna, in questo caso, di partire da un livello di sviluppo più basso rispetto ad altre zone della Toscana come per esempio il Chianti; infatti noi partiamo da un valore degli immobili molto basso con una media di circa 900 euro al metro quadrato, e per una buona ristrutturazione eseguita da operatori locali si può restare all'interno di una cifra di 1.600/1.800 al metro quadrato, con un costo complessivo, compres


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