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Attualità martedì 13 dicembre 2022 ore 20:00

Giovanni Agnelli e "Il cielo sopra Varramista"

L'abbraccio di Avery e del Maggiordomo, con in basso Asya Agnelli.

Pubblichiamo una nota di Cecconi autore del libro presentato anche ai familiari nel giorno del ricordo a 25 anni dalla morte del Presidente Piaggio



PONTEDERA — Quando io e Lando Testi abbiamo cominciato a scrivere il nostro libro sulla Vespa, senza dirselo, si sapeva che volevamo parlare soprattutto di Giovanni Alberto Agnelli. Se per alcuni capitoli ci siamo addentrati a descrivere come nacque a D’Ascanio questa idea rivoluzionaria, e gli accorgimenti messi in atto dagli ingegneri, dai disegnatori e dagli operai, per realizzarla, aspettavamo tuttavia di arrivare agli anni ’90 per incontrarlo. Sono bastate poche parole di chi lo aveva conosciuto appena, per capire che le cose stavano come ci eravamo immaginati che fossero.

Un operaio ci disse che era lui, il Presidente della Piaggio, a cedergli il passo, se si trovavano a entrare insieme da una porta dell’officina. Un altro ci raccontò che se transitava in macchina durante la pausa pranzo, e vedeva un gruppetto di operai che mangiavano nel pentolino di alluminio portato da casa, accovacciati nello spiazzo davanti al Bar Mauro, con un cenno della mano non mancava mai di salutarli.

Fin da subito capimmo che nessuno avrebbe detto qualcosa di negativo su di lui, e che tutti lo amavano. Una volta, un’agguerrita sindacalista gli si avvicinò mentre passava dal suo reparto. Le guardie della vigilanza si misero in allerta pronti a bloccarla, ma Agnelli si rivolse a costei chiamandola Signora, e tutti si tranquillizzarono di colpo. Il fatto è che la sindacalista voleva fargli un complimento, per alcune sue dichiarazioni di politica industriale riportate da un giornale.

Così come non ci meravigliammo che intellettuali e uomini di cultura come Tiziano Terzani, Riccardo Varaldo, Walter Veltroni, lo considerassero un uomo che poteva cambiare le sorti dell’Italia. Terzani lo conobbe in India, dove si era rifugiato con moglie e figli, per starsene lontano dalla società occidentale, così materialista e consumista. Tuttavia egli dirà che se la sorte dell’Occidente doveva dipendere da qualche uomo potente, allora che perlomeno fosse uno come Giovanni Alberto Agnelli.

Nella nostra ricerca con Lando arrivammo infine a Varramista, per visitare i luoghi dove Giovanni Alberto Agnelli ha passato un po’ della sua infanzia, e alcuni anni della sua gioventù. Ci siamo meravigliati della facilità con cui siamo potuti entrare in questa residenza esclusiva. La gran Villa cinquecentesca è dell’Ammannati, costruita per la famiglia fiorentina Capponi, e nell’Ottocento, proprio Gino Capponi ci portò a villeggiare Alessandro Manzoni, che dimorava allora nella città del giglio.

Prima di andare a Varramista avevamo parlato coi figli dei contadini di quella tenuta, che da bambini avevano giocato con Giovanni, quando andava in vacanza dalla nonna Paola. Donna Paola Antonelli era una figura straordinaria, una vera benefattrice. In particolare si faceva ben volere dagli amici del suo diletto nipote. Per esempio, aprì a tutti i ragazzi la sua piscina, e insegnò a nuotare a ciascuno di loro. A quei tempi questa era un‘ iniziativa più che meritoria, perché liberava questi giovinetti di campagna da quel senso di inferiorità che provavano, quando andavano al mare ed avevano paura di spingersi dove non si tocca.

In quegli stessi anni, Don Milani a Barbiana nel Mugello, costruì vicino alla Chiesa, con l’aiuto dei suoi parrocchiani armati di zappa e vanga, una piccola piscina. Proprio perché i figli dei contadini e dei pastori potessero prender dimestichezza con l’acqua. E lui, che aveva inventato una scuola dove si studiava otto ore al giorno, senza mai fare ricreazione e vacanze, concedeva ai suoi alunni solo quello svago lì, di buttarsi e tuffarsi in piscina. Don Milani lo considerava un elemento di riscatto culturale per i poveri e gli esclusi.

A Varramista si vive ancor oggi un incanto, sembra di essere dentro il racconto Il giardino segreto di Burnett. Giovanni Agnelli, mentre era presidente della Piaggiò, si dedicò a ristrutturare le case coloniche, impiantò dei vitigni pregiatissimi, mostrò tutto il proprio amore per la natura di quel luogo. Esattamente come Tiziano Terzani con la sua Orsigna sulle montagne pistoiesi.

Ci disse una persona che lavora oggi in questa azienda, che tutto si svolge come se ci fosse ancora il Dott. Agnelli. Si capisce perciò come mai, anche io e Lando eravamo stati accolti senza problemi!

Fu allora e lì, che decidemmo il titolo del nostro libro. Non poteva essere che Il cielo sopra Varramista. Ma ci venne una voglia ancora più forte, quella di raccontare a sua figlia, che aveva tre mesi quando lui morì, chi era il suo babbo. Non chi era per me e per Lando, ma chi era per la comunità di Varramista e Montopoli, e per il vasto popolo dei piaggisti di Pontedera.

Come sia successo nessuno lo può sapere, fatto sta che il 10 dicembre di quest’anno, per ricordare Giovanni Agnelli a 25 anni dalla sua morte, ci siamo ritrovati in tanti in una bella chiesa sconsacrata addossata al Museo civico, nel centro di Montopoli. C’era il Sindaco Giovanni Capecchi, il Presidente della Regione, autorità militari e politiche. In fondo c’erano i compagni di giochi di Giovanni. In prima fila si erano accomodate la moglie Avery, la figlia Asya e le sorelle di Giovanni, Chiara e Anna. Accanto a loro Allegra Agnelli.

Si iniziò con la presentazione del nostro libro, e poi sarebbero seguiti gli altri interventi per ricordare la figura di questo giovane industriale.

Il professor Francesco Morosi, grecista e allievo della Scuola Normale di Pisa, introducendo mi chiese come era nata l’idea di quel libro. Io gli dissi la verità, che avevamo scritto quel libro con l’unico scopo di vivere quello che ci stava accadendo in quel momento. Cioè eravamo davanti a una ierofania, stavamo vivendo un sogno, quello di raccontare l’affetto di un’intera popolazione per Giovanni. Caso unico nella storia d’Italia, un industriale ben voluto da tutti. Amato da tutti, come dice Omero dell’eroe greco Patroclo.

E in quel momento raccontavamo questa storia alla presenza dei familiari e della figlia. Mi sembrava di essere Aureliano quando nelle ultime pagine di Cent’anni di solitudine “cominciò a decifrare l’istante che stava vivendo, e lo decifrava man mano che lo viveva, profetizzando sé stesso nell’atto di decifrare l’ultima pagina della pergamena, come se si stesse vedendo in uno specchio parlante”.

Ma fu solo la prima verità che appresi, perché subito dopo successero altre cose importantissime, così vere che sono difficili da raccontare.

I compagni di Giovanni si erano preparati degli interventi scritti sui loro ricordi d’infanzia. Ogni aneddoto, mentre veniva detto, acquistava forza epica, e tutti ascoltavano con gli occhi sgranati. La commozione saliva alle stello, come nel finale del film capolavoro di Tornatore Nuovo cinema paradiso. Quando poi è stata la volta del vecchio maggiordomo, che prima di parlare ha abbracciato Avery, dopo venticinque anni che non si vedevano, tutto è diventato più semplice. Allora gli amici di Varramista si sono fatti avanti, e sono iniziati i saluti affettuosi con i familiari. Come un atto liberatorio, una catarsi, un happening. Ora chi interveniva con la sua testimonianza era emozionatissimo, e faceva ogni sforzo per non piangere. Anche se parlava qualcuno non lo aveva conosciuto di persona, non ce la faceva a trattenere la sua commozione, come se in quella circostanza speciale, avesse fatto una diretta conoscenza di Giovanni Agnelli.

Per cui, quando il Sindaco ha offerto dei mazzi di fiori alle illustri ospiti, sembrò proprio un atto dovuto, che suggellava una situazione fortemente emotiva.

Rotti tutti i protocolli previsti a tutela della riservatezza degli Agnelli, Allegra Agnelli con la figlia Anna, Avery, Asya e Chiara Visconti di Modrone sono salite sul palco per una foto ricordo col Sindaco.

Tutto il pubblico in piedi ad applaudire.

Solo in quell’istante io e Lando abbiamo capito il significato vero del titolo del libro, e perché lo avevamo chiamato così. Semplice! Bastava solo alzare gli occhi verso l’alto, chiunque poteva vedere che il cielo era sopra Varramista.   

Giuseppe Cecconi


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