Da Vico a San Paolo rubando ai ricchi
di Mario Mannucci - sabato 02 maggio 2015 ore 14:47
Era nato a Vicopisano il primo luglio del 1888 il ladro più famoso di San Paolo e dunque del Brasile, dove morirà orgogliosamente povero 98 anni anni dopo. Un ladro buono perché rubava ai ricchi e funambolico perché riusciva quasi sempre a fuggire dalle carceri dove passò una buona parte della vita. Si chiamava Amleto Meneghetti ed era figlio di un navicellaio che lo voleva mettere a nome Umberto in omaggio al re mentre la moglie puntava su Garibaldi, il che spiega le opposte opinione politiche dei due coniugi.
Amleto fu il nome di compromesso ma quando l'ex ragazzo di Vico e poi di Pisa, dove imparò a fare il ladro alla scuola della strada, emigrò in Argentina, si cambiò nome in Gino. E con questo secondo nome lo ricorda e ne racconta la gloria una lapide tuttora presente su un edificio del quartiere, allora povero e oggi capitale delle movida, di Vila Madalena, via Fratique Coutinho: "In questa casa , la notte del 13 giugno 1970, fu catturato per l'ultima volta il grande ladro Gino Meneghetti, a 92 anni d'eta. Erano le dieci di sera e aveva con sè una lanterna, uno scalpello e un piede di porco. Cominciò a forzare la porta quando intervennero le forze dell'ordine. Eminente ladro, Meneghetti divenne famoso come il Gatto dei Tetti, l'Uomo Ragno, L'Uomo dalle Molle ai piedi o più semplicemente come il Re dei Ladri.
Dicono che rubava solo ai ricchi, senza mai usare violenza. Morì qualche anno dopo, povero e sofferente, a 98 anni. Dalle carceri evadeva in maniera rocambolesca e coraggiosa. Era scattante come una molla e saltava dalle mura come un gatto. I giornali brasiliani cominciarono a parlare di lui così spesso, e quasi sempre in termini sostanzialmente di ammirazione. tanto da trasformare l' immigrato italiano in un mito.
E qualcuno, a fine carriera, offri a Gino anche l'occasione di fare il testimonial pubblicitario per un prodotto di largo consumo, offerta che però rifiutò sdegnosamente. (Per chi vuol saperne di più c'è il libro del giornalista Andrea Schiavon 'Il buon ladro"). Cambiava spesso nome e sfidava la polizia. Una volta si presentò camuffato alla conferenza stampa in cui il capo delle guardie paoliste si impegnò con i giornalisti di arrestare il Meneghetti, reo d'aver svaligiato la villa di gente molto altolocata e vicina al governo, 'entro 48 ore'.
A Pisa, Amleto era già finito in carcere (furto di due galline), in riformatorio e al manicomio, in questo caso volontariamente perché la sua tattica, sia a Pisa che in Brasile, era di fingersi pazzo, o comunque disturbato. Anche se polizia e giudici non ci cascavano sempre. Ma la vera gloria comincia quando emigra in Brasile, dove la sua epopea è così strabiliante da far pensar che ci sia anche qualcosa di inventato, di mitico. Ma anche il mito, come è noto, contribuisce a formare, influenzare e indirizzare, la storia. Però tutto o quasi è documentato. Le fughe acrobatiche o furbe dai carceri ricordano quelle del celebre Papillon, mentre il finale della vicenda presenta anche il colpo di scena di un Gino-Amleto ormai vecchio, aveva allora 92 anni, che su un tram di San Paolo subisce il tentativo di furto da parte di un ladruncolo non alla sua altezza. Tentativo subito fermato e con immediato inchino di reverenza e successiva bevuta al bar quando il 'vecchietto' rivelò chi era al suo giovane collega. "Te, bimbo, non sai chi sono io... io sono il Meneghetti, il re dei ladri"
Mario Mannucci