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Cultura venerdì 12 luglio 2024 ore 15:40

Premio Vero 2024, ecco i candidati

La Fondazione Peccioliper, in collaborazione con Il Post, ha definito i candidati finalisti: sono gli autori Furlanetto, Munari, Pecere e Vecchio



PECCIOLI — Definita la shortlist della prima edizione del Premio Vero, premio rivolto ai migliori libri di “non fiction”, giornalistici e divulgativi, pubblicati in Italia nell’arco dell’ultimo anno, con il proposito di valorizzare l’impegno di autori ed editori che si dedicano a “spiegare il mondo”.

Le opere in concorso sono state annunciate nell’ambito del programma del Festival 11 Lune a Peccioli, in Toscana, alla presenza degli autori finalisti: Valentina Furlanetto, Tommaso Munari, Paolo Pecere e Concetto Vecchio.

LA SHORTLIST

Quattro i titoli della shortlist:

“Cento giorni che non torno. Storie di pazzia, di ribellione e di libertà” di Valentina Furlanetto, Laterza

È una storia del lavoro di Franco Basaglia e delle pazienti e dei pazienti ricoverati nelle strutture

riservate alla salute mentale in Italia. Un lavoro di ricerca accurato e commosso insieme.

“L'Italia dei libri. L'editoria in dieci storie” di Tommaso Munari, Einaudi

Dieci storie di editori italiani, ognuna speciale e diversa, ricca di aneddoti e spiegazioni su “chi fa i libri”.

“Il senso della natura. Sette sentieri per la terra” di Paolo Pecere, Sellerio

L’autore cammina e viaggia, esplorando geografie, storie, scienze e filosofie dei luoghi che visita, e costruendo un pensiero articolato della natura.

“Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi” di Concetto Vecchio, Utet

Nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, l’autore del libro si mette nei panni di chi impara la storia mentre la va raccontando.

La selezione è frutto del lavoro di 20 librai indipendenti presenti su tutto il territorio italiano, che sono stati invitati a formare la rosa dei candidati finalisti a partire da una selezione di sedici opere presentate in concorso dalla giuria critica presieduta da Marino Sinibaldi e composta da Ludovica Lugli, Luca Sofri, Fabrizio Franceschini e Giovanni Volpi, e annunciate durante il Salone del Libro di Torino lo scorso maggio.

L’iter del Premio Vero, pensato per mettere in comune le diverse esperienze di lettura di critici, di librai e di lettori, prevede che la shortlist composta dai librai sia sottoposta all’ultimo giudizio di 250 lettori tra gli abbonati del Post che,dal mese di ottobre, saranno chiamati a esprimere la preferenza per uno dei titoli in concorso attraverso un form online.

Il libro che otterrà il maggior numero di voti da parte dei lettori sarà dichiarato vincitore del Premio con un riconoscimento in denaro di 6mila euro. Per gli autori degli altri libri finalisti, è previsto un riconoscimento in denaro di mille euro. In caso di parità di voti tra due o più libri, la vittoria sarà attribuita per decisione del Consiglio direttivo con il voto della maggioranza dei suoi membri.

L’annuncio e la cerimonia di consegna del primo Premio Vero avranno luogo il 7 dicembre, a Peccioli, nell’ambito della manifestazione A Natale libri per te.

Queste le schede dei finaisti

“Il senso della natura. Sette sentieri per la terra” di Paolo Pecere, Sellerio 

Paolo Pecere è nato a Roma (1975), dove vive. Nel 2000 si è laureato in Estetica, nel 2004 ha conseguito il dottorato di ricerca in Logica ed epistemologia (La Sapienza, Roma) e dal 2005 è ricercatore di Storia della filosofia presso l'Università di Cassino. Ha pubblicato volumi e articoli sui rapporti tra filosofia, scienze della natura e psicologia in età moderna e contemporanea.

Il senso della natura. Sette sentieri per la terra
Un viaggio nella storia del pensiero, nel passato e nel futuro della Terra, nei territori dove l’uomo incontra ciò che non è umano e si appresta a un dialogo.

Negli ultimi anni è stato riconosciuto l’impatto distruttivo della civiltà umana sulla natura, reso evidente da catastrofi climatiche, estinzioni di intere specie animali, desertificazione e scomparsa di paesaggi. Eppure, questa consapevolezza non produce alcun reale cambiamento nei nostri modi di vivere, nelle soluzioni adottate dalle società industriali per evitare la calamità. Al tempo stesso, assistiamo al diffondersi di un amore appassionato e di una profonda nostalgia per la natura incontaminata, rifugio dall’assordante disarmonia del mondo. È sicuramente un sentimento genuino, ma del tutto inadeguato a proteggere la Terra.
Da questa scissione paradossale, consapevole che la sola verità scientifica non sembra sufficiente a scuoterci, inizia il percorso di Paolo Pecere. Studiare e attraversare le città, con il loro apparente isolamento dall’ambiente e la loro dipendenza dalle risorse naturali, spostarsi sulle montagne e sotto gli oceani, esplorando il rapporto tra umano e ciò che ci appare profondamente altro, diverso da noi, gli animali, le piante, l’acqua e la pietra, il paesaggio. Qual è oggi, allora, il vero senso della natura, quel sentimento che siamo chiamati a ritrovare o immaginare di nuovo? La scoperta di una cura del mondo, una nuova definizione dell’ecologia, quella «scienza magnifica che è diventata triste», hanno bisogno di una visione del futuro che immagini altri modi di percepire la natura, e di un recupero della nostra memoria biologica che ci faccia avvertire l’unione indissolubile, vivente, organica e inorganica di tutto ciò che esiste sulla Terra.

“Cento giorni che non torno. Storie di pazzia, di ribellione e di libertà” di Valentina Furlanetto, Laterza

Valentina Furlanetto è nata il 14 aprile 1972 a Montebelluna (Tv), vive in Lombardia ed è giornalista. Dopo la laurea in Lettere all’Università Ca’ Foscari di Venezia e una lunga esperienza di studio e lavoro in Gran Bretagna, frequenta l’Ifg di Urbino e, in seguito, inizia a lavorare nella redazione di «Uomini & Business» e per «Affari e Finanza» de «la Repubblica» con Giuseppe Turani. Da oltre dieci anni fa parte della redazione di Radio 24 – Il Sole 24 Ore, occupandosi prevalentemente di economia e temi sociali per i giornali radio. Ha condotto alcune trasmissioni radiofoniche dedicate al non profit come Senza fine di lucro (2003-2006), Ascolto (2006-2008) e Figli di un Dio minore (2008-2010) e ha curato la rubrica Paese sommerso sull’evasione fiscale (2010-2011). È autrice del libro Si fa presto a dire madre (Melampo Editore, 2010), un’inchiesta narrativa sulla maternità in Italia. Nel 2013, ha pubblicato per Chiarelettere ‹L'industria della carità›.

Cento giorni che non torno. Storie di pazzia, di ribellione e di libertà
Questa è la storia di Franco Basaglia, nato nel 1924, figura rivoluzionaria che ha dimostrato che i ‘pazzi’ potevano vivere fuori dagli istituti e che ha lottato per il superamento degli ospedali psichiatrici. Ma è anche la storia di Rosa, coetanea di Basaglia, una giovane donna nata e cresciuta non lontano da lui, che viene investita da un’auto e che da quel momento combatte con le crisi epilettiche e con la malattia mentale. Rosa per tutta la vita affronta il manicomio, l’elettroshock, l’uso massiccio di psicofarmaci, l’assenza di diritti civili, lo stigma. «Cento giorni che non torno», ripete a una delle figlie che la va a trovare in manicomio di nascosto, perché una madre internata è una vergogna. Le due vite di Franco e Rosa corrono parallele in un secolo in cui l’approccio alla malattia mentale cambia profondamente. Con l’approvazione della legge 180 si apre una stagione di speranze, ma l’iniziale entusiasmo lascia spazio presto alla lotta delle famiglie con servizi pubblici sottodimensionati, alla preoccupazione per i Tso violenti, alla diffusione di un ‘manicomio chimico’.

“L'Italia dei libri. L'editoria in dieci storie” di Tommaso Munari, Einaudi

Tommaso Munari ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia e civiltà all'Istituto universitario europeo (Firenze). È autore di saggi sulla storia dell'editoria, dell'università e degli intellettuali in età contemporanea. Per Einaudi ha curato fra l'altro i due volumi dei Verbali del mercoledí (2011, 2013) e la raccolta Centolettori. I pareri di lettura dei consulenti Einaudi (2015); ha inoltre pubblicato il saggio L'Einaudi in Europa (2016) e L'Italia dei libri. L'editoria in dieci storie (2024).

Un'affascinante, insolita storia d'Italia attraverso le vicende di dieci illustri editori. Un viaggio lungo un secolo e mezzo tra libri e autori, cultura e mercato.

La storia dell’editoria è la storia dell’emancipazione di un mestiere da un altro. O meglio da altri due: quello del tipografo e quello del libraio. L’editore non è chi stampa un libro né chi lo vende, scriveva Niccolò Tommaseo, ma chi lo fa stampare per farne commercio. Ne discende che l’editoria non ha una data di nascita. È un’attività che si struttura in modo graduale, definendosi in corso d’opera. La sua affermazione si configura allora come un lento processo che, almeno nel caso italiano, inizia nella prima metà dell’Ottocento, si compie sul finire di quel secolo e perdura nella forma di un’interdipendenza fra i tre mestieri per tutto il Novecento. Questo volume delinea tale parabola, ponendo in rilievo la relazione che intercorre fra libri e società, industria editoriale e storia nazionale. Ripercorrendo le vicende di alcune case editrici – fra cui Zanichelli, Treves, Bemporad, Hoepli, Laterza, Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, Adelphi, Sellerio – e concentrando l’attenzione su alcune questioni trasversali alla loro attività, traccia un quadro non solo dell’editoria italiana, ma anche dell’Italia dei libri dall’età liberale a quella repubblicana.

“Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi” di Concetto Vecchio, Utet

Concetto Vecchio (1970), è giornalista alla redazione politica de La Re­pubblica e scrive sul Venerdì, racconta da molti anni la politica italiana. Vive a Roma. Ha scritto Vietato obbe­dire (2005), un saggio-inchiesta sul Sessantot­to alla facoltà di Sociologia di Trento, con cui ha vinto il Premio Capalbio e il Premio Pan­nunzio; Ali di piombo (2007), sul movimento del Settantasette e il delitto Casalegno; Gio­vani e belli (2009); Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano (Feltrinelli, 2017); Cacciateli! Quando i migranti eravamo noi (Feltrinelli, 2019), Premio Estense 2019, L'ultimo compagno. Emanuele Macaluso, il romanzo di una vita. (Chiarelettere, 2021). Con Iole Mancini ha scritto Un amore partigiano (Feltrinelli, 2022). Nel 2024 pubblica con Utet Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi.

Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi

“Non voglio scrivere un libro di storia, non ne sarei capace e nemmeno una biografia. Mi sono messo in cammino sulle tracce lasciate da Matteotti, all’avventura, e sto cercando di capire dove mi porterà. Mi sono imposto di seguire le mie curiosità, del resto devo scrivere il mio Matteotti, non altro un libro che allunga le già ampie liste della bibliografia”.

Concetto Vecchio scrive di Matteotti come un impopolare antitaliano, ripercorre la vicenda umana e politica del deputato socialista dalla nascita all'omicidio avvenuto in circostanze misteriose il 10 giugno del 1924, a 39 anni.

In questa vera e propria inchiesta giornalistica emerge il ritratto psicologico di un uomo intransigente, risoluto, ma anche inquieto, modernissimo, dalla parte degli ultimi, che affronta Benito Mussolini a viso aperto. Vecchio ripercorre – documenti alla mano, e con interviste ai familiari e agli storici – le tappe del calvario di Matteotti, non solo a livello di cronaca e di documentazione politica, ma anche ricordando l’amore, le preoccupazioni e il dolore della moglie Velia, i suoi sforzi e la sua determinazione per vedere il corpo del marito dopo la scoperta del cadavere alla Quartarella, sulla Flaminia, tra Sacrofano e Riano, e le «visite» – in realtà, vere e proprie indagini pagate da Mussolini – di sedicenti nuovi amici; senza contare i numerosi agenti che sorvegliavano l’appartamento di Matteotti e che fermavano le persone che entravano nel palazzo, scortandole fino alla porta di destinazione, per evitare che andassero a casa della vedova.

Il merito dell’autore è soprattutto quello di essere riuscito a ripercorrere l’attesa di una fine, ormai prevista e accettata, da parte di un leader politico che, oltretutto, sarebbe potuto fuggire all’estero, ma anche l’umano dolore di una famiglia rimasta senza più un padre e destinata a infiniti problemi di ordine economico e psicologico. Basti pensare che a Velia venne proibito di portare il lutto e che il figlio Giancarlo veniva scortato e riaccompagnato a casa prima e dopo aver frequentato il liceo a Roma.

Vecchio definisce il suo libro un’inchiesta sulla dimenticanza, perché Giacomo Matteotti nella sua battaglia a viso aperto contro il fascismo venne lasciato solo e oscurato anche a sinistra.


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