Politica domenica 20 marzo 2016 ore 18:30
Unioni e fusioni, parla l'assessore regionale

Nostra intervista a Bugli: "Non è auspicabile che ci sia una frattura ma probabilmente qualcosa da rivedere all’interno dell'unione Valdera c’è"
PONTEDERA — Un riassetto istituzionale da rivedere a tutti i livelli, facilitando anche dal punto di vista normativo i processi di accorpamento sia laddove esistano già contenitori come le unioni, sia in territori intenzionati a intraprendere direttamente la strada delle fusioni. Ecco, dalle parole dell'assessore regionale delegato ai rapporti con gli enti locali Vittorio Bugli, qual è lo scenario attuale e quali gli indirizzi politici e normativi che la Regione sta disegnando al riguardo.
Assessore, attraverso i suoi atti, come si sta muovendo la Regione per razionalizzare gli enti?
Stiamo da tempo attuando, ed è necessario fornirne sempre di più, incentivi
su unioni e fusioni dei Comuni. Sulle prime però occorre fare una
riflessione attenta, trovare la giusta misura, tener di conto di chi si è già
costituito ma anche chi vorrebbe frammentarsi, per forza non si fa nemmeno l’aceto.
Cosa intende?
I singoli comuni devono sentirsi a loro agio nelle unioni.
L’esperienza dimostra che quella realtà funziona se è davvero un’unione, se i
servizi sono davvero gestiti in maniera unita: la polizia municipale, ad
esempio, non può essere a livello di unione ma poi conservare cariche e
funzionamenti doppioni. Certamente l’unione in sé deve essere
considerata – e probabilmente lo sarà anche nella nuova normativa – strumento di
passaggio intermedio verso le fusioni. Per questo i singoli comuni è bene che
si sentano parte dell’unione in cui si trovano.
In senso più pratico, quali politiche metterà in atto la Regione?
La prospettiva, in generale, è di aumentare gli incentivi. Abbiamo ampliato a 5 milioni di euro il fondo dedicato ai Comuni che scelgono di fondersi, ma mentre ora ai territori che intraprendono questa strada
arriva più o meno la stessa cifra di 250mila euro, sarebbe forse auspicabile
che l’incentivo economico venisse ridistribuito in modo più diversificato a
seconda del numero di abitanti o della posizione territoriale.
Inoltre, a mio parere, il meccanismo di incentivazione verso le fusioni
non deve essere solo di tipo economico. Un altro tipo potrebbe essere quello di
assegnare un certo punteggio a chi sceglie questa strada per poter rientrare in
qualche bando legato a lavori pubblici, scuola o altro.
Sempre a livello di riassetto territoriale, cosa si vorrebbe arrivare a ottenere?
Dopo la chiusura delle Province e la ridistribuzione dei suoi ambiti, un obiettivo è quello di avvicinare di più la Regione ai territori, ridefinendo su questi delle
zone con cui interloquire direttamente. Ad ora, queste zone corrispondono a
grandi linee con quelle socio-sanitarie e sono circa 32. Dovremmo invece
scendere a una venticinquina e instaurare con questo minor numero di zone un
confronto costante su politiche di area vasta, prima attraverso revisioni
strutturali (unioni e fusioni), poi sulla pianificazione urbanistica che ha
sempre meno senso fatta ogni singolo comune da solo e su un unico piano
strutturale.
Tornando ai percorsi di fusione, cosa può dirci riguardo la partecipazione dei cittadini? Cambierà qualcosa per i referendum nella nuova normativa?
Abbiamo visto negli anni che laddove gli amministratori hanno coinvolto
la popolazione, il processo è stato compreso e condiviso. Alcune cose legate
all’iniziativa popolare e ai referendum probabilmente cambieranno, sono
argomento di competenza del consiglio regionale e sono oggetto di riflessione
proprio in queste settimane. Occorrerà individuare meccanismi che mettano in
equilibrio la volontà dei cittadini, la salvaguardia dei piccoli comuni, la
spinta verso gli accorpamenti.
In Valdera, dopo mesi di discussioni, quattro Comuni hanno annunciato nei giorni scorsi che usciranno dall'attuale Unione per fondarne un'altra da sola. Cosa ne pensa?
Ottimale per la Regione, come ho detto, sarebbe
dialogare con un’unica zona e quindi non è auspicabile che ci sia una frattura. Prima di andare ad una divisione forse è utile valutare da un lato fino in fondo una possibile modifica dello statuto che possa rafforzare l'unità dei quattro comuni e dall'altro andare a rivedere ciò che non va all'interno dall'attuale unione. E' possibile rafforzare i piccoli comuni
senza per forza annullare tutta l’unione. Se questa minoranza di territori sta arrivando a questo punto, probabilmente
qualcosa da rivedere all’interno dell'Unione Valdera c’è.
Cosa si augura che accada a livello politico nel breve tempo?
In generale su questi argomenti, e quindi anche su questo
particolare caso, è vitale aprire un dibattito, dialogare, confrontarsi. La
Regione stessa, oltre a spingere i comuni verso le fusioni, dovrà essere in
grado lei stessa a guardare in questa direzione che formi una maxi area del
centro Italia sullo stampo delle grandi regioni europee.
Irene Bauci
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