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mercoledì 22 gennaio 2025

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Fine anno al ristorante

di Nicola Belcari - giovedì 02 gennaio 2025 ore 09:00

Alla cena di fine anno. Non ricordo: ero del personale del Restaurant o commensale?

Ero maître di sala? Accompagnavo gli avventori al tavolo dopo aver elargito il sorriso più discreto e incoraggiante. Il menu della serata era all’insegna della più salutare tradizione cara al mito egizio e presente nella cucina di Apicio: crostini alle frattaglie, nella loro parte innominabile, di non so quale animale, con salsa di cipolla, soupe à l’oignon, boeuf bourguignon, torta di cipolla, vino di Borgogna e liquore di cipolla.

O ero un commensale? L’alcol annebbia i ricordi. A un certo punto chiesi di sposarmi a una cameriera carina, deliziosa nel porgere le pietanze: chi avrebbe saputo meglio di lei tagliare la torta?

Ebbi un malore durante il brindisi. Allora chi ero? Mi facevo largo nella calca gridando “fatemi passare sono la moglie”.

L’intrattenitrice del locale, “accompagnatrice” all’occasione in caso di bisogno, piangendo mi chiedeva di portarla via da quella vita. Avrebbe potuto imbarcarsi con me sulla nave per l’Argentina? Anche la Provenza con altri mezzi sarebbe andata bene.

Dalla tivvù, come al solito, ci sono giunte notizie di segno opposto: contenti per l’aumento delle spese militari così da non trovarci impreparati per la guerra e il profondo sgomento per la sconfitta della nostra squadra del cuore; o, al contrario, esultanza per il concerto della cantante del momento e una qualunque disgrazia a scelta. Mai che la felicità sia completa! Le solite notizie d’immani catastrofi, a cui non facciamo più caso, capitate a rassicurante chilometrica distanza, ci sollevano.

Non ci interessa come sarà il nuovo anno, vogliamo seppellire quello vecchio: e questo vorrà pur dire qualcosa.

Ormai la cena s’inoltrava nei meandri della confusione di un parossistico cupio dissolvi. Stavo carponi cercando la pipa persa nel bailamme delle danze, tra stelle filanti e coriandoli (già mezzo carnevale), il tappo dello spumante si era conficcato nel lampadario, una signora ubriaca si era storta una caviglia mentre appassionata m’assicurava il suo amore eterno e io alticcio tentavo di evitarle una caduta rovinosa ammonendo: “Fragilità, il tuo nome è donna” (parola di Amleto).

La mise en place era sconvolta. Sono uscito all’aria aperta dove stavano per aprirsi le ostilità a suon di spari, nessuno aveva noleggiato un cannone, la prudenza non è mai troppa. Un cane ululava disperato.

All’interno ormai le palline di mollica di pane s’incrociavano nella sala da est a ovest e viceversa mentre appariva sullo schermo un personaggio eminente della politica del “Ristorante”, che pronunciava il suo discorso for all seasons, capace di mettere d’accordo anche i nemici: il partito del panettone e il partito del pandoro. Ognuno poteva essere scambiato per il suocero o l’avvocato dell’ex-coniuge o chiunque altro: la situazione era degenerata, gli appelli alla pace vani.

Era un andirivieni scomposto alla toilette o verso un luogo che aveva l’aspetto di una ritirata.

I più fortunati vomitavano ai piedi di una pianta del giardino.

Nicola Belcari

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