La festa di Capodanno
di Nicola Belcari - mercoledì 01 gennaio 2025 ore 08:00

Il “can-can” di fine e inizio d’anno è tanto e tale che impone una riflessione sul suo significato. C’è prossimo il Natale ma i festeggiamenti di Capodanno ne sono del tutto indipendenti, pure se per la ricorrenza religiosa fosse stata scelta una data con un significato astronomico e cioè vicina al solstizio. Il Capodanno è festa “profana”.
Qual è il senso? C’è una continuità nell’avvicendarsi dei giorni e degli anni. Da cosa nasce perciò il bisogno di una rottura?
Non era così nel mondo agricolo. Il lavoro della terra era un rito da cui dipendeva la vita, praticato dall’uomo nudo di macchine, in simbiosi con gli elementi e la Natura, nel ciclo cosmico delle stagioni. L’aratura e la semina, il rivolgimento della terra, la nascita prodigiosa nel sottosuolo; il seme sepolto nel regno dei morti che solo così diviene vita per dare vita all’uomo suo sacerdote.
Il frastuono degli spari caccia i demoni, il cattivo passato, le presenze malefiche; la vitalità del vino che erutta spumeggiante è l’augurio di rigenerazione e fecondità con impeto irrefrenabile. È il ricordo di un senso perduto, nascosto come tutto ciò che facciamo senza sapere.
Si festeggia da sempre e ovunque il Capodanno: da Giano bifronte all’Angelus novus, che guarda al passato procedendo verso il futuro.
Tra Natale e l’Epifania ci sono 6 giorni del vecchio anno e 6 del nuovo che sommati prefigurano i 12 mesi dell’anno. Dodici notti avvolte nel mistero.
Il passaggio avviene di notte: morte e rinascita. Il desiderio è cancellare il tempo profano e prosaico della storia trascorsa, per una nuova creazione che segue la distruzione, per l’instaurarsi di un tempo mitico, ideale, sacro, eterno. Nella notte quando le forme sono abolite, nell’indistinto del buio, col favore delle tenebre immergersi nel caos dell’orgia, del disordine da cui nasce il nuovo, la palingenesi. Nella notte da cui più splendente sorgerà la luce.
La folla si accalca in tumulto nel bisogno materiale e terreno (né mistico, né spirituale) degli uomini che aspirano a un Eden qui e ora, non nel mondo di un al di là.
Nicola Belcari