Il matrimonio, l'amore in pantofole
di Nicola Belcari - domenica 08 maggio 2022 ore 07:00
Il matrimonio, come tutti sanno, è la più piccola associazione tra individui. Forma una famiglia e insieme alle altre costituisce la Società nel suo complesso. È una piccola società giuridica, economica, sentimentale. Con la formula del rito i contraenti s’impegnano a restare uniti nella buona e nella cattiva sorte, ed è un notevole paradosso che, al contrario delle società commerciali, questa fallisca quando le cose vanno bene: infatti i ricchi divorziano quasi sempre mentre i poveri un po’ meno (siccome non possono permetterselo).
L’essere sposati in altri tempi era una condizione di normalità quasi obbligata, tanto che una tassa puniva il celibato, oggi è una scelta azzardata e forse imprevidente. Se prima era l’inizio di una vita propria, autonoma, indipendente, ora è la conclusione, sul declino dell’esistenza. Era il sogno delle fanciulle ai tempi di J. Austen, oggi tramontato anche perché in giro non ci sono mister Darcy.
La moglie doveva sottomissione incondizionata al marito, ma oggi come tutti sanno all’uomo non resta che accontentare la moglie e per essere obbedito comandarle di fare ciò che avrebbe comunque fatto; la moglie, infatti, nel rispetto della forma non s’azzarda a mettere in discussione il ruolo del capofamiglia, facendo ciò che le pare.
Qual è lo scopo? La vita in comune non è uno spasso. Chi si doveva ricordare di salare la minestra? Nemici numerosi ostacolano la convivenza. I calzini, nemici irriducibili, rifiutano di raccogliersi da soli per infilarsi nel cesto della biancheria, uno dei due sparisce in maniera misteriosa non si sa dove, simbolo della separazione della coppia, le maglie e le camicie ribelli non si piegano per essere riposte. È un impegno H 24. Non è facile districarsi e trovare scampo.
Il tema è sentito e flagrante per un intero popolo accomunato dal fato avverso di un’esistenza di stenti coniugali che va dallo sbadiglio sul divano a scontri e imboscate. M’ispira, perciò, con facilità degli aforismi. Non c’è rosa senza spine, ma la rosa appassisce, le spine restano: così è il matrimonio. Per sposarci ci sono dei possibili ragionevoli motivi, se escludiamo l’amore. Il matrimonio è l’amore in pantofole. E da ultimo questo: nel matrimonio sono in due a rimetterci, qualche volta in tre (che non sono sicuro sia del tutto farina del mio sacco).
La mia consorte s’impegna con ammirevole costanza nel dimostrare di non appartenere a una di quelle religioni o forme di pensiero che impongono la subordinazione totale o parziale della moglie al marito, infatti, non trascura nessuna occasione per stabilire con le parole e i fatti la propria indipendenza. Questo sacrosanto diritto di avere un’opinione diversa non manca di esercitarlo al punto che sarebbe utile spiegarle che qualche volta le opinioni potrebbero essere uguali e coincidere.
Per noi all’antica il matrimonio offre una domestica che lava stira e cucina senza stipendio e senza contributi previdenziali. Così, in effetti, non ho necessità di procurarmi una badante: mia moglie svolge in modo più che passabile tale compito.
Una canzonetta o filastrocca popolare metteva in guardia sul matrimonio consigliando una prudente mediocritas: se la pigli troppo bella ti ci vuole la sentinella, se la pigli ricca assai chi comanda non lo sai, in ogni modo e ogni maniera è un guaio la mogliera.
Fin qui s’è scherzato, anche con qualche cliché e stereotipo. Convengono per la conclusione parole diverse che traggo dal Commiato del mio libro Ventotto: “… nel matrimonio uomo e donna uniti dall’affetto non sono avversari ma compagni nelle difficoltà, nel crescere figli, nel soffrire, insieme privilegiati o vittime in questa società.Poi però non si muore insieme e chi resta ha la pena maggiore e un’immedicabile solitudine. Speriamo di trovare la forza di piangere.”
Link per il libro on line (Qui e Book) Ventotto: https://www.quinewsvaldera.it/ventotto.htm.
Nicola Belcari