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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: La sicurezza

di Libero Venturi - domenica 25 marzo 2018 ore 04:14

Leggo su Wikipedia che «il termine “sicurezza” viene dal latino "sine cura": senza preoccupazione e può essere definita come la conoscenza che l'evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati. In altri termini è l'essere consapevoli che una certa azione non provocherà dei danni futuri. Il presupposto della conoscenza è fondamentale da un punto di vista “epistemologico” -che dal greco vuol dire “discorso sulla conoscenza certa”, tanto per complicare il discorso- poiché un sistema può evolversi senza dar luogo a stati indesiderati, ma non per questo esso può essere ritenuto sicuro. Solo una conoscenza di tipo scientifico, basata quindi su osservazioni ripetibili, può garantire una valutazione sensata della sicurezza. La sicurezza totale si ha in assenza di pericoli. In senso assoluto, si tratta di un concetto difficilmente traducibile nella vita reale anche se l'applicazione delle norme di sicurezza rende più difficile il verificarsi di eventi dannosi e di incidenti e si traduce sempre in una migliore qualità della vita».

Al pari di ogni cosa, ciò che Wikipedia riporta non va preso come oro colato, anzi. Comunque questa definizione di sicurezza è abbastanza esplicativa del sentire diffuso dei tempi. Dunque “un sistema può evolversi senza dar luogo a stati indesiderati, ma non per questo esso può essere ritenuto sicuro”. Specie per i conservatori. Allora la sicurezza si definisce più per la percezione che abbiamo di essa che in sé stessa, per i dati che la riguardano, essendo “un concetto difficilmente traducibile nella vita reale”. Quindi il concetto di sicurezza si spiega piuttosto in relazione alla sua assenza e quindi in contrapposizione al senso diffuso di “insicurezza” che sembra pervadere la popolazione civile italiana. E figuriamoci quella incivile. È un po’ come dire che è una bella giornata quando non è brutta e non ci girano i coglioni. Almeno per i meteoropatici maschi il parallelo è calzante. Per la popolazione femminile si parla più educatamente di “spleen”, che sarebbe riferito alla milza, ma non divaghiamo.

Le forze dell’ordine, un po’ perché è vero e forse un po’ per comodità, si sgolano a dire che i reati nel nostro Paese e nelle nostre città stanno complessivamente diminuendo, secondo i dati del Ministero degli Interni. «Fra il 2007 e il 2015 il numero degli stranieri residenti in Italia è passato da circa 3 milioni a poco più di 5. Nel frattempo, tutti i principali indicatori con cui misuriamo la criminalità sono diminuiti. Il numero delle denunce di delitti – cioè dei reati più gravi – è passato da 2,9 milioni a 2,6. Sono diminuiti gli omicidi, che non sono mai stati così pochi dall’unità d’Italia, ma anche le rapine e le violenze sessuali, passate dalle quasi cinquemila alle quattromila del 2015. Il numero dei furti è rimasto sostanzialmente invariato». Tuttavia la gente si sente insicura lo stesso, anzi di più. Perché, dicono, è un fatto di percezione. Come per il clima, tornando ai meteoropatici: la temperatura reale misurata è un tot, ma la temperatura percepita può essere più alta con l’umidità d’estate o più bassa d’inverno in presenza di venti freddi. I climatologi operano questa distinzione, diffondono e agitano le cause relative al clima reale e ai suoi perniciosi mutamenti, ma della percezione si limitano a dire, semmai come rafforzativo, dispensando semmai qualche consiglio di buon senso. Similmente le forze dell’ordine si curano della nostra sicurezza reale, ma la sua percezione o meglio la percezione del contrario la lasciamo volentieri agli altri, in particolare alla politica, in una sorta di divisione del lavoro. Salvo poi far trapelare che le leggi non aiutano a causa della politica “buonista”. E magari trascurano il fatto che la microcriminalità costituita da reati minori, alcuni dei quali non denunciati, è crescente e diffusa e incide in negativo sulla percezione della sicurezza dei cittadini.

Se, come è successo ad un giovane amico, ti sfilano di tasca un cellulare, anche se l’hai assicurato ti conviene dire che te l’hanno scippato perché l’assicurazione non copre il furto con destrezza. E, se fai la denuncia, qualche rappresentante delle forze dell’ordine, ti può pure dire che con i mezzi tecnologici moderni si potrebbe ritrovare, peccato che noi non abbiamo questi mezzi perché lo Stato non ne fornisce dotazione e copertura e quindi le conviene ricomprarselo. Che, secondo me, non deve essere nemmeno vero, almeno non del tutto, o forse almeno non dovrebbe essere detto, specie ad un giovane, per carità di patria. Vero è che il mio amico se l’è ricomprato, il cellulare: c’era un’offerta speciale per i giovani derubati con destrezza.

Tornando alla sicurezza apprendiamo che è un concetto applicabile e applicato a diversi settori della vita moderna: l’informatica, le comunicazioni, i trasporti, il lavoro, le abitazioni, con ampi riferimenti alla “cultura del rischio” ed al concetto di “prevenzione”. E poi c’è la “sicurezza nazionale” e, alla voce, ho trovato terrorismo, catastrofi e vari campi di applicazione dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile. Nelle specifiche della sicurezza nazionale non ho visto però il termine “immigrazione”. Strano. L’enciclopedia, sia pur informatica, ha evidentemente bisogno di un aggiornamento: un supplemento di informazione dal virtuale al reale. Perché sulla questione della sicurezza collegata all’immigrazione, la Lega, ieri solo Nord e oggi partito della nazione, ha raggiunto il 17,79% nelle recenti elezioni politiche. E, con qualche punto in meno del PD che ha perso, canta vittoria, avendo incrementato molto i propri consensi. In Italia alla politica basta poco: una tendenza, non una vittoria vera e propria, anche in questo caso la sua percezione. Perché, contrariamente a quanto diceva Churchill: il successo è definitivo, il fallimento è fatale e non avremo mai il coraggio di andare avanti. Ovviamente non è così. Dicono che questi miei ragionamenti sono sofismi. Non sono sofista, i sofisti mi stavano sulle palle, semmai scaramantico.

Strano questo nostro amato Paese! Abbiamo Mafia, Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Nuova Corona Unita, Camorra. Registriamo quasi quotidianamente barbari femminicidi. Per non parlare del “bullismo” che riguarda giovani e giovanissimi. Eppure il problema assoluto è l’immigrazione. Che, quando va bene qualche saputello, per attenuare il concetto e autocertificarsi benpensante e non xenofobo, aggiunge “mal gestita”. Tranne poi sparare, da destra e da sinistra, su chi, come Minniti, almeno ha provato a gestirla. Mal gestita da chi non si sa con precisione, ma si dà ad intendere. Dal 1994 ad oggi, in 24 anni di Seconda Repubblica, si sono alternati discontinuamente 14 governi: 4 volte ha governato il centrodestra per 9 anni, 5 volte il centrosinistra per 7 anni, 2 sono stati governi tecnici per 3 anni e 3 governi negli ultimi 5 anni sono stati di grossa o larga coalizione che comunque in Italia si pronuncia “inciucio”. E non mi pare che la questione dell’immigrazione sia stata risolta da qualcuno, forse perché non è facilmente risolvibile.

Saremmo dopotutto una penisola, che sarebbe una terra collegata alla terraferma solo da un lato e per il resto circondata dalle acque. Nei paesi di provenienza dei migranti ci sarebbero persecuzioni e conflitti, alcuni locali, altri d’importazione. E ci sarebbero pure condizioni infami, alcune autoctone, altre indotte dal nostro sviluppo o non risolte da esso, che spingono moltitudini ad emigrare. Nonostante ciò, c’è chi pensa che sia semplice, possibile e giusto ricacciare tutti quanti in mare e sul mare erigere barriere o reticolati come fanno sulle frontiere gli stronzi, xenofobi dell’Est Europa. Sono troppi questi stranieri! Che troppi non sarebbe neanche un’unità di misura. Salvo poi commuoversi per le immagini dei bambini morti, riversi sulla spiaggia o per le parole di Papa Francesco, che a volte mi pare l’unico uomo veramente di sinistra rimasto a questo mondo. E non sono nemmeno credente. Ma la politica, si sa, è un’altra cosa: specialmente oggi si è ritirata nella ridotta dell’utile e diserta gli orizzonti del giusto. È conservatrice, misantropa, misogina, affetta dalla banalità del male e soffre di agorafobia.

Che strano Paese, la nostra cara patria! Siamo stati fino a ieri migranti, “morti de’ fame” come dicono a Roma, in fuga dalla povertà e dalla miseria, che è una sua variante peggiorativa, o in esilio per le persecuzioni del fascismo. E abbiamo popolato mezzo mondo dove abbiamo portato la nostra dignità, il nostro ingegno e il nostro lavoro. L’ingegno di molti giovani continuiamo ad esportarlo, ahimè, mancando loro il lavoro. E, a proposito di sicurezza e legalità, abbiamo purtroppo esportato anche le nostre mafie e camorrie, ciò che ancora un po’ facciamo, e pure un tot di capitali “esentasse”, disponendone. Chi ne dispone, voglio dire. Abbiamo smesso di emigrare quando non c’era più guerra e c’erano, in patria, lavoro e benessere. Non è che sarà questa la soluzione, la pace e il benessere, anche per i paesi da cui provengono i migranti? Di là dal “mare nostrum”, poco più che un lago, dove si affaccia un’Europa impotente e si contendono dittature e terrorismi, si calpestano diritti di popoli e si scontrano pericolosamente e selvaggiamente superpotenze mondiali.

Che strano Paese, questa nostra Italia! A Firenze un uomo disperato e sommerso dai debiti, per andare in galera, una soluzione secondo lui, ha sparato al primo che capita e ha ucciso un cittadino, sul Ponte Vespucci. Un ambulante, più povero di lui. Abitava a Pontedera, era una persona buona, un senegalese, si chiamava Idy Diene. Non c’era un movente razziale, l’omicida era soltanto accecato dalla follia, però, lui bianco, i bianchi li ha scansati, Idy era nero, forse lo vedeva meglio. Forse l’ha visto solo e più sacrificabile. Era anche robusto, dei cinque colpi sparati tre lo hanno centrato, uno mortalmente alla testa. A Firenze un altro uomo, quello sicuramente fascista, aveva ucciso nel 2011 due senegalesi e per motivi sicuramente razziali. Al di là della rabbia iniziale, una grande manifestazione pacifica e unitaria è stata la risposta. Una via crucis interreligiosa a Pontedera e la solidarietà della Regione alla famiglia di Idy colpita, su cui indegnamente cavillano i Cinque Stelle. Nell’animo umano alberga il bene, come il male. Il bene non è difficile a farsi, è lieve, ma più impegnativo e riflessivo. Il male è più difficile e grave, però si diffonde con banalità, più superficialmente. Specie nel nostro inconscio.

Non c’entra il sovranismo nazionale leghista né il protezionismo invocato e subìto, che sono stati, sono e saranno sempre fonte di contrasti e conflitti. Al termine “nazione” preferisco “paese” e il nostro paese sarà sempre il nostro paese, ma siamo cittadini d’Europa e del Mondo. O non siamo.

Certo che la clandestinità è un problema, che occorrono regole, magari nuove, anche in materia di immigrazione, ma la sicurezza è una cosa troppo seria per lasciarla in mano a demagoghi e cacicchi di turno, alla destra estrema e xenofoba. La sicurezza riguarda proprio i più deboli e i più esposti, riguarda noi. Riguarda lo Stato: in mancanza di sicurezza non c’è la “res publica”, ma la difesa privata. La sicurezza prevede l’inclusione e non il suo contrario, l’esclusione che, dove alberga, genera solo odio e violenza. Prevede il riconoscimento, l’affermazione e l’estensione dei diritti a fronte di cui si può e si deve richiedere e imporre il rispetto dei doveri, la legalità. La sicurezza prevede la pace, la giustizia, l’uguaglianza, la più equa distribuzione delle ricchezze e delle risorse, perfino il progresso e la crescita nel rispetto della natura che sennò s’incazza e poi nessuno è più sicuro. La sicurezza è un grande fatto mondiale e sociale che comprende l’ordine pubblico, ma non si riduce ad esso. La sicurezza è di sinistra, se interpretata così. E, fatemi fare un po’ l’assolutista, comunque la pensi la gente, la destra e perfino comunque la pensi la sinistra delle anime belle o degli esagitati dei centri cosiddetti sociali.

Solidarietà e sicurezza, preferibilmente in quest’ordine per me di sinistra, ma anche all’inverso è lo stesso, vanno sempre di pari passo. Con una distinzione. La solidarietà è un valore ideale: l’amore cristiano, la “fraternité” insieme a “liberté, egalité”, il socialismo in Terra fra gli uomini. La sicurezza è una condizione, uno stato. Ma sono due cose entrambe fondamentali: non si afferma pienamente l’una se manca l’altra. Bisognerebbe ricordarselo in seguito, magari pensarci un po’ meglio, prima di affidarci agli agitatori destrorsi di turno. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 25 Marzo 2018 

Libero Venturi

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