Questo sito contribuisce alla audience di 
QUI quotidiano online.  
Percorso semplificato Aggiornato alle 19:00 METEO:PONTEDERA12°20°  QuiNews.net
Qui News valdera, Cronaca, Sport, Notizie Locali valdera
sabato 05 ottobre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Vento

di Marco Celati - mercoledì 14 agosto 2024 ore 08:00

"Vento sui campi", dipinto dell’autore
"Vento sui campi", dipinto dell’autore

Vento, mi dice un amico, ti piace scrivere? Scrivi del vento. Lui ha installato su una collina, in Valdera, Toscana, un telefono, sul modello di quello realizzato in Giappone dopo lo Tsunami, dove le persone affidano al vento i messaggi per i defunti e alle nuvole i propri pensieri. Non c’è risposta, la risposta vola via. Spesso è porsi la domanda ciò che conta davvero. Come nella ballata di Bob Dylan, the answer, my friend, is blowind in the wind”. Il vento si porta via e diffonde le nostre nostalgie, la risposta alle ansie e alle ingiustizie umane. Così le aspettative di cambiamento si affidano al desiderio, alla speranza di un vento nuovo.

Grazia Deledda, scrisse “Canne al vento”, alludendo alla condizione umana, fragile e arrendevole e ci prese anche il Nobel nel 1926, Che poi, a crederci o no, era già nel Vangelo. Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?”, dice Gesù parlando di Giovanni Battista: non avete visto un uomo avvolto in morbide vesti, come quelli che stanno nel palazzo del re e nemmeno un arbusto piegato tra le dune, ma il Profeta che annuncia il Messia e prepara le vie del Signore! Ancora il vento piega le canne e i poveri cristi, ma c’è chi ne ha tratto positivi auspici, come Pierangelo Bertoli quando cantava Eppure il vento soffia ancora/ spruzza l'acqua alle navi sulla prora/ e sussurra canzoni tra le foglie/ bacia i fiori, li bacia e non li coglie”.

"Le vent nous porterà", cantavano invece i Noir Desir, tutto sparirà, il vento ci porterà. E c’era contestazione in quella canzone e in quel sound e disperazione e morte per chi conosce la storia crudele del leader del gruppo, Bertrand Cantat, femminicida, con le sue colpe, il suo rimorso, la sua vita maledetta.

E Guccini, i Nomadi! Quando canticchiamo la strofa finale di “Auschwitz”, ricordando l’Olocausto, io chiedo quando sarà/ che luomo potrà imparare/ a vivere senza ammazzare/ e il vento si poserà”, preghiamo che il vento si plachi e porti sollievo alle anime perseguitate del mondo. Ma la speranza e la domanda non hanno soluzione in tempi di guerra e di sterminio, di fame, di sete e migrazioni, di desertificazione dei suoli per il clima della Terra, impazzito a causa nostra.

Elenco a caso dalla Rosa dei Venti: il Mistral della Francia, il Grecanico dall’isola di Zante, la Zacinto foscoliana, l’Ostro del Sud, la fredda, nordista Tramontana, lo Scirocco africano che sentimmo sulla terrazza di Termini Imerese, che si portò via la Fiat, e sembrava ci sparassero addosso un getto d’aria calda, il Libeccio impetuoso che agita il mare e percuote le rive, il Levante orientale, il Ponentino romano intrigante e "rugantino", il Burian delle Steppe che è la Bora di Trieste, il Ghibli del deserto, come chiamammo una rivista letteraria, un secolo fa, gli Alisei che spinsero Colombo e Vespucci alla scoperta delle Americhe, del Nuovo Mondo. Quanti nomi ha il vento! Eppure lo sentiamo, ma non lo vediamo, se non per le cose che porta e che solleva. Spalatore di nubi, messaggero di piogge, foriero di tempeste, fomentatore di fuochi, è aria che soffia e spira, che volteggia e rapina. Soffia il vento, urla la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar!

Le sue influenze sul costume sono innumerevoli. Ai più vecchi melomani, deprivati di prostata e dentatura, ma non ancora di memoria, tornerà in mente Arturo Testa che, al Festival di San Remo del 1959, intonava con voce baritonale: Io sono il vento,/ sono la furia che passa e che porta con sé,/ che nella notte ti chiama e che pace non ha,/ son l'amor che non sente pietà”. La canzone arrivò seconda. Arturo Testa nel 2001 si candidò alle elezioni comunali di Milano per la carica di Sindaco con il Partito dei Pensionati. Ottenne lo 0,78%. Non fu eletto. Sparì con il vento che cantava.

"Affida una lacrima al vento/ e fa che la porti da me/ il vento mi ha detto sta attento/ la tua bella non pensa più a te" cantava invece Salvatore Adamo. Si sa, l’amore è volubile e "la donna è mobile, qual piuma al vento, muta daccento e di pensier". Chiedete a Rigoletto. "Quando il vento dell'Est mi porterà…" cantava Gian Pieretti: lei è andata di là, oltre cortina, con i suoi capelli lunghi, più bella che mai, e non resta che piangere e sperare di vederla tornare. Il vento dell’Est portava l’amore, il nuovo e il socialismo: l’amore insomma, il nuovo lasciamo perdere, quel socialismo che disperazione! Del resto i discorsi li porta via il vento, come le biciclette i ponsacchini, e ci sono forti indizi anche a carico dei livornesi.

Il vento è rapinoso, insidioso quando è impetuoso, ma anche quando è lieve e levantino. Secondo il Barbiere di Siviglia, ad esempio, "la calunnia è un venticello/ un'auretta assai gentile/ che insensibile, sottile/ leggermente, dolcemente/ incomincia sussurrar/ Alla fin trabocca e scoppia,/ si propaga, si raddoppia/ e produce un'esplosione,/ come un colpo di cannone…/ Un tremuoto, un temporale, che fa l'aria rimbombar…/ E il meschino calunniato, avvilito, calpestato/ sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar".

Il vento del ‘68, della contestazione, spazzò via tutto. Se fu rivoluzione, illusione o delusione, chi può dirlo? Quanto a me, a volte mi giro indietro e mi pare che la vita sia stata vento, se non fosse per gli affetti che lasciamo, solo vento. A volte ha soffiato nella direzione verso cui volevo andare, a volte contro. Ma non sempre ho saputo dove andare o conoscevo il vento. Né mi piaceva e tantomeno assecondarlo. Come quello che tira adesso. Il tempo è andato. Resta quello che resta. Anche noi contro corrente, con le nostre facce in aria, file di dentiere splendenti al sol dell’avvenir. Alla fine aveva ragione Seneca, il Giovane: non esiste un vento buono per il cattivo marinaio. Duemila anni fa.

Pontremoli, Agosto 2024

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati