Addio clima mediterraneo e Medicane
di Adolfo Santoro - sabato 06 luglio 2024 ore 08:00
Nonostante che qualcuno neghi ancora la crisi climatica e che quasi tutti se ne ricordino solo in occasione delle calamità, i dati metereologici dicono che il 2023 è stato l’anno più caldo sulla Terra nell’ultimo secolo e mezzo e che per la prima volta è stata superata la soglia degli 1,5°C di riscaldamento in 12 mesi consecutivi. La temperatura media della superficie degli oceani ha raggiunto nel 2024 nuovi record. E la temperatura media dell’Oceano Atlantico influenza tutto il sistema delle acque del Mediterraneo! Una grande corrente connette tutti gli oceani in uno unico: il grande nastro trasportatore oceanico, innescato dalla formazione di ghiaccio ai poli. Al Polo Nord, il sale dell’acqua marina che gela resta nell’acqua liquida al di sotto del ghiaccio galleggiante. L’elevata salinità e la bassa temperatura rendono quest’acqua densa e la fanno affondare: le acque artiche superficiali, ricche di ossigeno, scendono negli abissi dell’Atlantico e arrivano al Polo Sud, dove altra acqua affonda per la formazione di ghiaccio antartico e si forma una corrente profonda che gira attorno all’Antartide. Un ramo della corrente va verso l’Oceano Indiano, l’altro verso il Pacifico; entrambi risalgono in superficie, si scaldano e tornano verso l’Antartide, e da lì risalgono l’Atlantico, sempre in superficie, arrivando al Polo Nord, chiudendo il grande nastro trasportatore che, innescato dal freddo, condiziona gli ecosistemi planetari. L’ultima parte del grande nastro trasportatore crea la Corrente del Golfo, che dal Golfo del Messico arriva fin in Europa, mitiga il clima del nostro continente. A causa delle temperature sempre più elevate, il ghiaccio artico si sta sciogliendo e si sta aprendo così la rotta siberiana. Lo scioglimento del ghiaccio marino libera acqua dolce molto fredda che va incontro alla Corrente del Golfo, che tende a collassare.
Ne consegue che siccità e alluvioni si affiancano a centinaia o migliaia di chilometri l’una dagli altri. È successo lo scorso anno in Emilia-Romagna, dove accanto alla siccità della provincia occidentale (Piacenza) nelle zone centro-orientali si verificavano disastrose alluvioni. Sta succedendo con la siccità in Sicilia e in alcune zone della Sardegna e con le alluvioni in Svizzera, Valle d’Aosta e Piemonte. Lo studio Constraining the pattern and magnitude of projected extreme precipitation change del Potsdam Institute for Climate Impact Research, sul Journal of Climate conferma che la tendenza peggiorerà, se gli obiettivi della decarbonizzazione mondiale, grazie ad una governace globale del fenomeno, non saranno raggiunti. Lo studio Anthropogenic forcing has increased the risk of longer-traveling and slower-moving large contiguous heatwaves su Science Advances segnala che negli ultimi decenni le ondate di calore sono diventate sempre più lente a spostarsi e perciò insistono più a lungo sulle stesse regioni maggiormente, con impatti più severi. Secondo lo Standard Precipitation Index (SPI), che traccia l’alternanza di periodi secchi e umidi nei vari mesi, aumenta per l’Italia il rischio di elevate e di cronicizzazione del fenomeno.
Qual è la differenza tra uragani, tempeste, cicloni e tornadi? E come si formano?
Per ciclone si intende un violento movimento rotatorio di masse d’aria, combinato con un moto di traslazione, intorno a un centro di bassa pressione: il senso di rotazione è antiorario nell’emisfero nord e orario in quello sud, per effetto della rotazione terrestre. Esso è provocato da un complesso di fenomeni atmosferici determinati dalle alte temperature equatoriali che, in certe zone, creano centri di minima pressione e, quindi, di aspirazione. Verso tali centri convergono i venti, seguendo un moto a spirale che determina un vortice.
I cicloni si distinguono in tropicali, più violenti e di minor durata, e cicloni delle medie latitudini o extra-tropicali.
Uragani e tifoni sono due nomi del ciclone. Hanno un diametro di centinaia di chilometri (l’uragano Tip raggiunse i 2.200 km) e si formano sugli oceani attorno all’equatore. Il nome varia a seconda della zona geografica: uragano (hurricane, negli Usa, da hurican o huracan, voce caraibica che designa il dio del male), willy-willy (in Australia), tifone (typhoon, in Asia), baguyo (nelle Filippine).
I meteorologi hanno convenuto che , finché i venti si mantengono sotto i 119 km/h, si parla di tempeste tropicali; a velocità maggiori, i cicloni vengono definiti uragani e vengono classificati, secondo la Scala Saffir-Simpson in 5 categorie:
- 1 minimo (119-153 Km/h) con danni limitati a barche, alberi, strutture mobili, insegne, tetti e risalita del mare maggiore di un metro e mezzo e piccole inondazioni nelle zone costiere 2-4 ore prima;
- 2 moderato (154-177 Km/h) con danni rilevanti allargati agli immobili e con inondazioni con innalzamento delle acque fino a due metri e mezzo;
- 3 forte (178-208 Km/h) con danni a tetti e muri portanti e con inondazioni con innalzamento delle acque fino a 6 metri;
- 4 fortissimo (209-251 Km/h) con evacuazione dei residenti delle zone costiere, totalmente inondate, e completa distruzione delle strutture;
- 5 disastroso (oltre i 252 Km/h).
Ma gli uragani sono diventati così forti che i metereologi dello studio Proceedings of the National Academy of Sciences propongono di aggiungere una nuova categoria, la 6, con venti superiori a 252 Km/h fino ad oltre 320 km/h. Ma alcuni scienziati ritengono fuorviante la classificazione sulla velocità del vento, perché quello che conta è il moto ondoso.
Secondo Kossin e Wehnercon, le tempeste dell’oceano Pacifico sono più forti rispetto a quelle dell’oceano Atlantico perché c'è meno terra per indebolirle e più spazio in cui possono diventare più intense, ma con l’aumento del riscaldamento globale l’ambiente per una tempesta di questo tipo diventa più favorevole. Secondo Michael Wehner, con l’aumento delle temperature aumenterà il numero di giorni in cui le condizioni sono mature per potenziali tempeste di categoria 6 nel Golfo del Messico: attualmente sono circa dieci i giorni dell’anno in cui l'ambiente potrebbe essere adatto per una tempesta di categoria 6, ma questo periodo potrebbe diventare di un mese se la temperatura della Terra dovesse superare di 3°C i livelli preindustriali.
Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), nel 2024 la stagione degli uragani atlantici nel 2024 sarà superiore alla norma a causa di una confluenza di fattori, tra cui il record delle temperature dell’Oceano Atlantico, lo sviluppo delle condizioni di La Nina nel Pacifico, la riduzione degli alisei atlantici e un minore wind shear (improvvisa variazione della direzione e dell’intensità del vento). L’uragano Alberto ha inaugurato prematuramente la stagione degli uragani 2024, così come prematuro è stato il primo uragano di categoria 5, Beryl, che ha colpito i Caraibi. Le stagioni degli uragani sono periodi annuali in cui è più probabile che si formino tempeste tropicali, alimentate da forti brezze oceaniche, mari caldi e umidità; nell'Oceano Atlantico questo periodo dura in genere da giugno a novembre, con un picco alla fine dell'estate. L'Atlantico ospita anche la Hurricane Alley, o Regione di Sviluppo Principale (MDR), un tratto di acqua più calda che si estende dall'Africa occidentale a gran parte dei Caraibi, all'America Centrale, al Messico e agli Stati Uniti meridionali. In media, una stagione di uragani produce 14 tempeste, di cui 7 diventano uragani e 3 raggiungono una categoria di 4 o 5, ma, a causa dell’aumento della temperatura degli oceani, sono previste per il 2024 17-25 tempeste tropicali, di cui 8-13 uragani e 4-7 uragani maggiori. Se si considera che, perché si organizzino le tempeste occorre che la temperatura dell'acqua dell’oceano sia di almeno 26,5°C, la drammaticità della situazione è mostrata dal fatto che attualmente le temperature delle acque costiere dei Caraibi settentrionali si aggirano intorno ai 29,4°C!
E com’è messo il Mediterraneo? Qui, oltre agli uragani extra-tropicali, è stato trovato l’uragano medicane (MEDIterranean hurriCANE), caratterizzato da un fenomeno particolare: la superficie del mare subisce un sensibile raffreddamento alcuni giorni prima dell'evento estremo. Il medicane si sviluppa, dunque, come i cicloni extratropicali, in seguito a forte instabilità del baroclima, ma poi si intensifica a seguito della forte interazione tra aria e mare, come i cicloni tropicali.
A tutti questi fenomeni metereologici estremi, frutto dell’ebollizione globale, come reagisce la popolazione e come reagisce la politica? In modo ignorante, sciocco o criminale, a seconda della più o meno parziale consapevolezza del fenomeno e delle sue conseguenze. E questo è provato dal calo dei consensi ai Verdi europei, per lo più impegnati ad inviare armi all’Ucraina oppure impegnati nello sviluppo dell’ecologismo di destra che non mira alla giustizia sociale, ma alla limitazione dell’invasione dell’Europa da parte degli emigranti e a buttar fuori dall’Europa gli immigrati. Ne è conseguito l’arretramento delle politiche europee per il raggiungimento degli obiettivi ecologici del 2030.
Come reagisce l’Italia? Razionando l’acqua e raccomandando l’assicurazione contro le catastrofi, che dal 2025 sarà un obbligo per le Aziende aggravando il costo del lavoro.
Di fronte ad un’umanità ignorante, sciocca o criminale, che va verso il suicidio collettivo, non ci resta che accendere i ceri alla Madonna!
Adolfo Santoro